Due storie diverse ma concluse allo stesso modo. Il mondo radical-chic non ha fatto in tempo a sfornare il mitico Soumahoro che ormai c’è una folla di pretendenti pronta a copiarne le orme. Dopo i vari Letta, Zan, Franceschini e consorte, si aggiunge anche Chiara Ferragni che, tra tutti gli altri personaggi citati, anche se estranea al mondo della politica, è forse l’emblema della cultura radical-chic. Le similitudini con Soumahoro sono tante, dalle scuse che arrivano post facto e solo una volta venuta fuori la notizia, fino ai particolari, come il colore della felpa indossata nei video di scuse: grigio pentimento.
I fatti incriminati alla Ferragni risalgono allo scorso Natale, in occasione del quale Balocco, in collaborazione con la nota influencer, aveva messo sul mercato un pandoro i cui profitti avrebbero contribuito a un’offerta all’ospedale Regina Margherita di Torino. Purtroppo per la Ferragni, l’Antitrust ha scoperto, pochi giorni fa, che in realtà gli incassi non servirono alla donazione, ma contribuirono solo a gonfiare le tasche di Ferragni and Co. e che una donazione, di una cifra molto inferiore a quella incassata, fu fatta nel maggio 2022 (quindi prescindendo dai profitti del pandoro) dalla sola Balocco, senza l’aiuto della Ferragni. Risultato: sanzione da 1 milione di euro alle società riconducibili alla influencer e da 400 mila euro per Balocco.
Il caso, che era passato nel silenzio del mondo radical, è tornato in prima pagina solo dopo che il premier Giorgia Meloni l’ha citato sul palco di Atreju: “Gli infuencer – aveva dichiarato – non sono quelli che fanno soldi a palate mettendo vestiti o borse o promuovendo carissimi panettoni facendo credere che si farà beneficenza, ma il cui prezzo servirà solo a pagare cachet milionari”. Un attacco che non è passato in sordina e che, solo a questo punto, ha portato alla reazione della famiglia Lucia, nelle persone di Federico Leonardo, in arte Fedez, e della stessa Chiara Ferragni che, nel video di cui sopra, si scusa per l’accaduto e annuncia la donazione di un milione di euro all’ospedale Regina Margherita. Quello che in gergo si dice “mettere una toppa”, insomma: perché, ammesso sia vero che Ferragni non sapeva che grazie al pandoro aveva guadagnato e non aveva fatto donazioni, pare strano che il video di scuse e la notizia della prossima reale donazione arrivino solo dopo l’attacco di Meloni, e non dopo la sanzione dell’Antitrust.
Ed ecco che torniamo a Soumahoro, che in video con le mani conserte pregava, piangendo, di accettare le sue scuse. Scuse che arrivavano ovviamente solo dopo le indagini sulla coop di famiglia, e non dopo aver visto borse firmate girare per casa. Insomma, anche Ferragni si conferma parte di quel mondo radical-chic che, pur di difendere il proprio “diritto alla moda”, opera con pubblicità ingannevoli e conflitti d’interesse. Esempi da non seguire.