I fatti li conosciamo un po’ tutti: pandoro griffato, beneficienza, falsa beneficienza, multa dell’antitrust, indignazione, follower che se ne vanno, scuse, lacrime, finte lacrime… Queste, in una sintesi quasi stenografica guardando le cose dall’altro, a volo di drone come si dovrebbe dire oggi, le immagini che in un certo senso sono disseminate sul percorso della storia Ferragni-Balocco.
E queste anche le parole più trend, per dirla nel linguaggio buono e giusto degli influencer, che rimangono di una vicenda sufficientemente meschina, in cui i buoni non sono poi così buoni come sembrano e le belle azioni, al pari, si rivelano essere tutt’altro.
Ci sono però un paio di cose che, forse, non sono note a tutti. Cose che magari potrebbero contribuire a rendere più chiara tutta la vicenda, per chi si fosse fermato ai titoli e alla grancassa mediatica che la sinistra ha voluto mettere in piedi in questi giorni.
La prima cosa, banalmente, è la motivazione con cui l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, Antitrust in una parola, ha sanzionato Balocco e la Ferragni. L’Autorità ha sanzionato la Balocco per 420mila euro e due società in capo alla Ferragni, la Fenice e la Tbs Crew, rispettivamente per 400mila e 675mila euro. Somme consistenti, derivanti dalla pratica commerciale scorretta attuata, che ha lasciato intendere ai consumatori che, comprando il pandoro griffato Ferragni, avrebbero contribuito a una donazione all’Ospedale Regina Margherita di Torino per acquistare un nuovo macchinario per le cure terapeutiche dei bambini affetti da Osteosarcoma e Sarcoma di Ewing. Le società della Ferragni, sottolinea inoltre l’Antitrust, “hanno incassato oltre 1 milione di euro a titolo di corrispettivo per la licenza dei marchi della signora Ferragni e per la realizzazione dei contenuti pubblicitari senza versare nulla all’ospedale Regina Margherita di Torino”.
Non male, un duro colpo anche per i tanti follower dei Ferragnez. La cosa sorprendente è che, a fronte di tutto ciò, la reazione dell’icona social sia stata un post su Instagram in cui si dice “dispiaciuta se qualcuno possa aver frainteso la mia comunicazione e messo in dubbio la mia buona fede”. Mica siamo stati noi, è stata l’Antitrust! Che, infatti, spiega bene come la pratica commerciale scorretta si sia articolata in diverse condotte, una delle quali risulta essere “aver pubblicato post e stories sui canali social della signora Ferragni in cui si lasciava intendere che comprando il “Pandoro Pink Christmas” si poteva contribuire alla donazione e che la Signora Ferragni partecipava direttamente alla donazione, circostanze risultate non rispondenti al vero, nonostante le sue società avessero incassato oltre 1 milione di euro”.
Senza alcun segno di pentimento, con un minimo sindacale di dispiacere a beneficio dei milioni di follower pronti a perdonarle questa incomprensione, la Ferragni avrebbe voluto cavarsela parlando di equivoco e di errore di comunicazione. Ricorso per la sanzione e poi si vedrà.
Poi, però, è accaduta una cosa (l’altra che avevamo detto di voler puntualizzare) che ha scombinato i piani della povera Chiara. È accaduta domenica, nella giornata conclusiva di Atreju, nel corso dell’intervento di chiusura del Presidente Giorgia Meloni. Nel rivolgersi ai giovani, ai loro sguardi proiettati al futuro, al loro impegno nella società, Giorgia Meloni ha ricordato come “il vero modello da seguire non sono gli influencer che fanno soldi a palate indossando degli abiti o mostrando delle borse o addirittura promuovendo carissimi panettoni con i quali si fa credere che si farà beneficenza ma il cui prezzo serve solo a pagare cachet milionari. Il vero modello da seguire è il modello di chi quella eccellenza italiana la inventa, la disegna, la produce”. Immaginiamo, con non poca difficoltà ad entrare nel personaggio, cosa avrà pensato a quel punto la povera Chiara: sta cosa è andata oltre i social, ci è sfuggita di mano, ci sta facendo fare veramente una brutta figura. E allora come rimediare? Anche in questo caso proviamo a immaginare la scena. Lei e il marito sospesi sul divano da milemila euro, pc smartphone e tablet connessi ai loro canali social, il contatore dei follower che ogni tanto segna un meno, le facce che virano al grigio tenebra, il contatore che scende ancora, le imprecazioni contro la Meloni che dispensa consigli ai giovani, un sorso d’acqua di fonte per ossigenare la pelle, il contatore che scende ancora… basta, bisogna fermare questa emorragia! Forse la scena non sarà stata proprio questa, ma siamo convinti che senza l’intervento di Giorgia Meloni non sarebbe accaduto nulla e tutto sarebbe transitato nel dimenticatoio. E così ieri la Ferragni ha deciso di correre ai ripari, diffondendo un video in cui appare la controfigura dimessa di sé stessa, annunciando di voler donare un milione di euro all’ospedale Regina Margherita di Torino.
Bene. Ma sarebbe accaduto lo stesso senza l’intervento di Giorgia Meloni? Abbiamo qualche ragionevole dubbio. Anche perché, proprio grazie ai riflettori accesi su questa triste vicenda, sta spuntando fuori un’altra storia molto simile che la Ferragni ha vissuto da protagonista nei passati due anni. Si tratta di due iniziative molto simili a questa del pandoro, fatte però con le uova di Pasqua. Sembrerebbe che, a fronte di compensi di 500mila e 700mila euro, rispettivamente nel 2021 e nel 2022, la Ferragni abbia legato il suo nome e il suo volto alle uova di Pasqua di Dolci Preziosi per sostenere il progetto benefico dell’associazione “I bambini delle fate”. Anche in questo caso non mancano le uscite social dell’influencer, come quella in cui spiegava di tenere molto “a questo progetto perché sostiene i bambini delle fate”. Anche in questo caso non mancano i cachet da centinaia di migliaia di euro. Anche in questo caso non manca il farsi bella. Quello che manca, anche in questo caso, è la beneficienza. Come testimonia il responsabile dell’associazione benefica, che afferma di aver ricevuto 12mila euro il primo anno e 24mila il secondo da Dolci Preziosi. Zero euro sia il primo che il secondo anno dalla Ferragni, con la quale non è mai riuscito a mettersi in contatto. Ma non era un progetto a cui teneva particolarmente? Sì, vabbè, ma senza esagerare, mica così tanto da sospendere una seduta detox per liberarsi dalle tossine che si accumulano sui set fotografici…
Una storia, due storie, di una tristezza infinita. Che sarebbero cadute nell’oblio se la Meloni non avesse incitato i giovani a seguire altri modelli. Che si sarebbero chiuse con delle scuse di facciata, finte almeno quanto le lacrime di ieri ma senza nemmeno la dote del milione di euro. Che avrebbero consegnato ai suoi follower l’immagine redenta di una benefattrice. Purtroppo, gli inciampi ogni tanto accadono. E alla Ferragni è accaduto ad Atreju, proprio nel posto che non avrebbe (e non ha) mai frequentato per la numerosa presenza di persone vere, che si possono toccare e non semplicemente guadare dalla torre d’avorio.
Una storia, due storie, di una mestizia senza eguali. Sfruttare la beneficienza, il buon cuore e le buone intenzioni delle persone, per trarre un profitto personale. Con buona pace di chi, magari con sacrificio, ha comprato quei prodotti con nobile intento. Pandori e uova comprati al supermercato sotto casa, non sulla torre d’avorio dove, accetta il consiglio cara Chiara, ti consigliamo di restare.