Ferrovie, paradossali critiche al Governo: i disagi causati da anni di immobilismo

Ritengo paradossali le critiche sul Governo e sulla gestione delle Ferrovie dello Stato.

La rete infrastrutturale è oggetto di importanti interventi di ammodernamento necessari a causa di un immobilismo pluriennale. Ed escludo il “momento favorevole” dovuto alla disponibilità dei fondi PNRR.

Il tema è ben altro. Chi decide di “fare” andrà necessariamente in contro a criticità operative (i cd “imprevisti”), ritardi nei lavori di esecuzione, cronoprogrammi slittati e SAL posticipati. È naturale e fisiologico.

Bene ha detto l’ex Ministro Lunardi (“I disagi sono colpa della casualità”) e se così non fosse è pronto un esposto denuncia di FS a far luce su “un elenco di circostanze altamente sospette”, per come dichiarato dalla holding.

La realtà dei fatti è un’altra, come sottolinea l’ex ministro alle infrastrutture in una dichiarazione a Il Giornale: “dal 2002, con la Legge-Obiettivo, abbiamo varato e realizzato in dodici anni 240 miliardi di Euro di opere. Dal 2012, cioè da quando è arrivato Monti, al 2022, in 10 anni, avranno fatto sì e no 10 miliardi di opere”.

Chi pianifica, programma, progetta e realizza è soggetto all’andamento dei lavori, che per la maggior parte dei casi è affidato a ditte esterne.

“Forse servirebbero meno manager e comunicatori, più ingegneri e operai” scrive il CorSera. Anche su questo devo evidenziare l’errore di fondo (e di valutazione). Ferrovie dello Stato ha in essere una campagna di recruiting a cui difficilmente si è assistito negli anni precedenti, frutto di un piano industriale di lungo periodo (2022 – 2033) sostenuto da un piano di investimenti da oltre 190 miliardi di euro ed un programma di assunzione di 40 mila nuovi posti di lavoro.

Il servizio ferroviario offerto lungo la rete nazionale, dati FS Research Centre, ogni giorno sviluppa oltre 9.700 treni (più di 400 treni/ora tra AV, intercity, regionali e merci), pari ad una percorrenza annua di circa 376,2 milioni di km. Numeri impressionanti se raffrontati alla dimensione della rete ferroviaria nazionale (RFI) con poco meno di 17 mila km di linee e oltre 2 mila stazioni.

È utopistico poter pensare di superare criticità che sono rimaste tali (ferme) per decenni nello spazio di qualche anno (durata dei cantieri PNRR ed altri investimenti tecnologici come ERMTS e via dicendo, tenendo conto che le nostre tecnologie sono le più avanzate in Europa, soprattutto per quanto riguarda i sistemi di sicurezza). Come suggerito da più parti, tecnici e non (alcuni dei quali lo scorso anno elevavano l’attenzione alla privatizzazione di FS ed oggi propongono soluzioni a più scenari), occorre intervenire nel breve termine “lavorando” sul programma di esercizio della rete complessiva (dall’AV ai servizi regionali), concentrando l’attenzione sulla domanda di mobilità strutturale (pendolaristica) e ponendo estrema attenzione ai picchi di domanda turistica nei nodi strategici nazionali. La dorsale dell’AV ha un compito ben specifico, questo è noto; occorre invece ragionare sui servizi accessori e sulle linee di adduzione in modo da liberare “volumi” nei nodi urbani.

La rete ferroviaria ereditata è questa e secondo i dati del Gruppo FS citati dal ministro dei Rapporti con il Parlamento durante un Question time alla Camera “i ritardi che si registrano sulle diverse tipologie di collegamento ferroviario si attestano su percentuali in linea con quelle degli ultimi anni. Il tasso di puntualità è, infatti, del 74% sulle Frecce, dell’82,6% sugli Intercity e dell’88,9% sui Regionali. Le ragioni dei ritardi sono riferite per circa il 34% all’affidabilità dell’infrastruttura e per circa il 25% al materiale rotabile. La restante quota trova origine in cause esterne al sistema ferroviario”.

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Marco Foti
Marco Foti
Marco Carmine Foti Dirigente Nazionale Dipartimento Trasporti Fratelli d’Italia

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