Tranquilli, amici, è passata. Certo, per qualche giorno ancora ne dovremo subire i pesanti strascichi su quotidiani, telegiornali, trasmissioni di approfondimento ma, come Dio vuole, le agognate “Primarie del PD” si sono tenute in tutta Italia e come previsto le ha vinte Zingaretti.
E’ stata durissima, lo sappiamo. Non poter sfogliare un quotidiano o accendere una tv senza ritrovarsi davanti il viso inquietante di Martina, l’espressione patibolare del “povero” Giachetti – che in realtà non è che sia realmente povero, ma “lo dipingono così” – il faccione paffuto e sorridente del fratello di Montalbano, era diventata una vera e propria maledizione. Fermo restando il fatto che il Partito Democratico non sta vivendo uno dei suoi momenti migliori, e perciò ogni cosa è buona per fargli guadagnare un po’ di visibilità mediatica, quando è troppo è troppo! Per queste primarie che qualcuno ha tentato si spacciare come assolutamente necessarie per l’Italia tutta, mentre al limite possono fare comodo a chi si vuole spartire quel po’ di potere che ancora il PD detiene, si sono schierati in campo aperto tutti i più noti “giornalisti” italiani, vecchi e giovani. Tra di essi hanno spiccato quelli che sono da sempre abbondantemente aggiogati alla causa della sinistra o comunque del centrosinitra, o i parvenu che più di altri spintonano per emergere e farsi notare. Anche le redazioni dei TG, locali o nazionali, non sono state da meno, pretendendo la presenza di un inviato surgelato h24 davanti la sede del PD o nei pressi dei gazebo più trafficati. Esilaranti spesso le risposte degli elettori date ai giornalisti che domandavano per chi avessero votato. Così la signorina bene simil-clone della Boschi si è affrettata a dire che lei il suo voto lo dava a Giachetti, tanto, tanto vicino alle istanze di Renzi mentre la vecchietta di turno, sempre molto “antica militanza nonché staffetta partigiana ecc ecc” ci teneva a precisare che lei avrebbe votato quello tanto bravo, ma sì quello lì un po’ cicciobello, che non le sovveniva il nome, ma era facile, quello famoso perché suo fratello era Montalbano”…
In effetti questo improvviso innamoramento della sinistra/centro nei confronti di Zigaretti, qualche dubbio lo lascia. Non è che fosse poi questo mito all’interno del partito fino a un paio di anni fa, e oltre aver vinto le regionali in un momento in cui chiunque del PD le avrebbe vinte, non sembra poi potersi vantare di successi particolari. Anzi, di successi e basta. Dal suo apparire, la regione Lazio si trova esattamente come se non peggio di prima e perciò, di che stiamo parlando? Che ci crediate o no, essere il fratello di Luca Zingare (appunto il commissario Montalbano), uno degli attori più amati della tv generalista, e che da anni tiene banco con un personaggio che sembra scritto per lui e per piacere al pubblico, non ha pesato a sfavore sulla bilancia dello Zingaretti politico, cioè Nicola.
Così non meraviglia nemmeno un po’ che ora Zingaretti sia il nuovo segretario del Partito Democratico con un robusto 67% di un milione e mezzo di voti e che abbia mandato a casa gli altri due senza passare per il via. E con questo una cosa è certa: dopo la Raggi e l’Appendino, chiunque può fare l’amministratore pubblico, anche senza mai alzare la penna dal tavolo, l’importante è che risulti simpatico e non lo becchino proprio subito a rubare. Per il resto la gente si accontenta.
Così ecco qui il nuovo capo in testa del Partito democratico, pronto alle sue prime, pregnanti parole: “Voglio essere leader di una comunità, non capo, il Pd sia unito”. E ancora: “Viva la democrazia italiana che dà lezioni ogni volta che può, sono contento per l’Italia”. Poi di seguito, quasi si sentisse novello unto dal popolo, Zingaretti ha ripreso: “Io non mi intendo capo, ma leader di una comunità in campo per cambiare la storia della democrazia italiana. Il Pd sarà unità e ancora unità, cambiamento e ancora cambiamento – ha quindi aggiunto il neo segretario -. Grazie all’Italia che non si piega e che vuole arginare un governo illiberale e pericoloso”.
Ah ecco… adesso ci pensa lui. Ci riformerà lo Stato come nel Lazio ha riformato la sanità? Ai posteri…