Fitto in Ue, così Giorgia Meloni ha ricostruito l’immagine italiana

L’Italia torna forte. È quello che viene fuori, in maniera chiara, dalla nomina di Raffaele Fitto a vicepresidente della Commissione europea. Il commissario italiano designato da Giorgia Meloni ha ricevuto ieri sera, in serata, il placet della commissione Affari regionali del Parlamento europeo, ottenendo il quorum dei due terzi.

È un ruolo di peso. Fitto ha ottenuto le deleghe in Riforme (si legga Pnrr) e Coesione e gestirà un portafoglio valutabile in circa mille miliardi di euro. Provvederà alla rimodulazione dei Fondi di Coesione, alla loro prossima programmazione. Da vicepresidente esecutivo coadiuverà il lavoro di altri commissari con altre deleghe fondamentali: tra queste spiccano l’agricoltura, la pesca, l’economia del mare, i trasporti e il turismo. Per questo l’appello del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ha invitato tutte le forze politiche italiane all’unità sotto il nome di Fitto al di là delle distanze ideologiche, pur essendo quasi un atto dovuto, ha un significato imprescindibile, che solo chi non lavora per gli interessi degli italiani, ma soltanto per i propri o del proprio gruppo, può ignorare. Il Capo dello Stato ha definito “così importante” il ruolo che Fitto ricoprirà, un’opportunità che l’Italia non poteva farsi scappare.

È una vittoria per l’Italia. È una vittoria dell’Italia, terza economia del continente, terza per popolazione, Paese fondatore della comunità, pezzo imprescindibile dell’Europa per storia, cultura, peso politico ed economico. Ma quello che va detto è che la vicepresidenza italiana è una vittoria di Giorgia Meloni e del suo governo. L’Italia è tornata forte, è riuscita a sradicare quell’asset franco-tedesco (anche per demeriti di Francia e Germania) che ha dominato per anni, ha saputo farsi valere anche e soprattutto dal punto di vista politico. Si è elevata a leader e apripista in tanti settori, dall’immigrazione all’agroalimentare. Ha proposto una nuova immagine di sé: un’immagine fatta di serietà, di risultati, di lavoro, di rispetto delle scadenze. Combattendo l’atavico stereotipo che ci vuole fannulloni e ritardatari.

Quando i leader italiani venivano sbeffeggiati…

Tutto ciò era impensabile fino a qualche anno fa, quando i nostri premier venivano derisi dagli altri leader nelle televisioni nazionali (il presidente del Parlamento europeo Schulz che rideva di Renzi e del suo ritardo e diceva: “Italiani, sono abituati”) o quando chiedevano consigli agli altri premier per capire come sconfiggere l’alleato di governo (Conte che domandava alla Merkel come fare per battere la Lega). Altri tempi, che per fortuna oggi sembrano lontani. L’Italia ora è amata e apprezzata. Ursula von der Leyen ha seguito Giorgia Meloni a Lampedusa per firmare un piano anti-immigrazione clandestina, a Tunisi per siglare con il premier nord-africano Kais Saied il Memorandum d’intesa che ha bloccato gli affari degli scafisti nel Mediterraneo, in Emilia-Romagna, dopo la tragica alluvione del 2023, e ancora per la firma dell’Accordo di Coesione a inizio 2024, mettendo a disposizione fondi europei per la ricostruzione.

Una differenza netta rispetto al nostro recente passato. Al di là dei grandi proclami della sinistra. Giuseppe Conte ha sempre vantato il suo presunto successo, da Presidente del Consiglio, nell’accaparrarsi i 194 miliardi dei fondi del Pnrr. Diceva di aver sbattuto i pugni in Consiglio europeo e di aver lasciato alla Meloni “una Ferrari” che la leader di Fratelli d’Italia stava lentamente distruggendo. Salvo poi venire smentito, pesantemente, dallo stesso commissario italiano dell’epoca, Paolo Gentiloni, il quale spiegò chiaramente che le quote di finanziamento assegnate ai diversi Paesi furono decise in base a un mero algoritmo, e non sono state negoziate dai capi di Governo. Il cambio passo è anche in questo: Gentiloni ottenne la delega all’Economia, ma non una vicepresidenza, a favore del lettone Dombrovskis, che ora, dopo cinque anni, dovrà invece sottostare a Fitto.

Insomma, Fitto in Ue è una risorsa per l’Italia. È una vittoria per l’Italia e dell’Italia. È una vittoria, l’ennesima, di Giorgia Meloni.

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