Follie antifasciste: accusano il governo della strage di Bologna. Ma i familiari delle vittime stanno con la Meloni

“La strage di Bologna è uno degli eventi più drammatici della storia nazionale. Il 2 agosto del 1980 il terrorismo, che le sentenze attribuiscono a esponenti di organizzazioni neofasciste, ha colpito con tutta la sua ferocia la Nazione e 44 anni dopo quel terribile attentato l’Italia intera si stringe ancora una volta alla città di Bologna e ai famigliari delle vittime”. Con queste parole il presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha ricordato la strage di Bologna. Parole inequivocabili in merito a una strage che ha segnato la storia di una città e della Nazione, lasciando una ferita indelebile nei familiari delle vittime. Parole inequivocabili di condanna e di biasimo: parole inequivocabili che, come spesso accade quando la premier si esprime su fatti storici, sono state facilmente equivocate da chi non aspettava altro che stravolgere il senso di una dichiarazione per contestare l’intero operato politico dell’esecutivo.

Tra una pastasciutta e un’altra

Tra una pastasciutta e un’altra, infatti, la segretaria del PD Elly Schlein, nella sua tenuta antifascista permanente, ha suonato ai suoi l’allarme: eccola la fascista, ecco la fascista di Palazzo Chigi che, per il solo fatto di appartenere a un partito di destra, va ritenuta una pericolosa totalitaria e irrispettosa delle regole democratiche. Per Schlein, “è incredibile e grave che Giorgia Meloni faccia la vittima coi familiari delle vittime delle strage, è una cosa deplorevole, chi guida una comunità non deve dividere, ma ricucire le ferite e le fratture. Abbiamo delle sentenze che in modo inequivocabile riconoscono le responsabilità è stata una strage di matrice neofascista con intento eversivo”. Ma mai nessuno, in realtà, ha sostenuto il contrario. Ma ad andarci giù pesante con le parole è Paolo Bolognesi, presidente dell’Associazione dei famigliari delle vittime della strage, il quale ha ricollegato, con un salto temporale enorme e una grandissima forzatura politica, i colpevoli dell’attentato all’attuale classe governativa: “Le radici di quell’attentato, come stanno confermando anche le ultime due sentenze d’appello nei processi verso Gilberto Cavallini e Paolo Bellini, affondano nella storia del postfascismo italiano, in quelle organizzazioni nate dal Movimento Sociale Italiano negli anni ’50: Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale, oggi figurano a pieno titolo nella destra italiana di governo“. Un’accusa molto dura, nonché pericolosa: colpevolizzare in questo modo la destra di governo è una provocazione che non fa bene al dibattito politico. Altro che “ricucire le ferite”, a cui si riferisce la segretaria del Schlein: è ormai evidente che in Italia, da mesi, è in corso quel processo di demonizzazione dell’avversario politico, che diventa un nemico da abbattere e non qualcuno con cui confrontarsi, dialogare e magari anche scontrarsi, nel rispetto dei principi democratici. È un dogma: chi è di destra è un fascista (e non crediamo che la metà degli italiani rivogliano la dittatura), e se lo metti in dubbio sei doppiamente fascista. Un fascista dal quale difendersi anche “con i corpi“, come dichiarò Schlein annunciando l’opposizione dem alle riforme costituzionali della maggioranza: se non è demonizzazione questa…

Qualcuno l’ha già sperimentato

Tuttavia, Roberto Della Rocca, presidente Aiviter (Associazione Italiana delle Vittime Terroristiche), si è detto “costretto” a prendere le distanze dalle parole di Bolognesi, sottolineando che si tratta “di un governo legittimamente democratico eletto dal popolo italiano, la cui guida ha più volte rimarcato una di per sé evidente discontinuità con presunti antecedenti politici”. La risposta della premier non si è fatta attendere: “Sostenere che le radici di quell’attentato – ha detto Giorgia Meloni – oggi figurano a pieno titolo nella destra di governo, o che la riforma della giustizia varata da questo governo sia ispirata dai progetti della loggia massonica P2 – e questo perché Bolognesi, di male in peggio, ha definito la separazione delle carriere come un progetto della P2 -, è molto grave. Ed è pericoloso, anche per l’incolumità personale di chi, democraticamente eletto dai cittadini, cerca solo di fare del suo meglio per il bene di questa nazione“. È il pericolo della demonizzazione che, qualcuno, dall’altra parte dell’oceano, ha sperimentato sulla propria pelle. Abbassare i toni è necessità. E anche Della Rocca concorda con la premier, evidenziando “l’invito di ristabilire il confronto politico all’interno di una cornice di normale e civile dialettica in quella che, grazie ai sacrifici di tanti, è ormai una democrazia solida e matura”.

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