Alzi la mano chi si ricorda di Marco Follini. Beh, un ricordo è stato lasciato da questo ormai ex leader politico anche se si tratta di una reminiscenza non molto allegra e positiva. Prima della stagione ribelle di Gianfranco Fini e del “Che fai, mi cacci?”, fu lui, come segretario del partito centrista UDC e spalleggiato di fatto dal suo superiore Pierferdinando Casini, in apparenza estraneo alle beghe partitiche perché allora Presidente della Camera dei deputati, il principale guastatore dei governi presieduti da Silvio Berlusconi nei primi anni Duemila. Non abbiamo dimenticato i suoi mal di pancia quotidiani che esternava in ogni occasione utile senza però mai spiegare con nettezza le ragioni del malessere politico.
Come un bimbetto capriccioso all’asilo, si lamentava in continuazione di fronte a qualsiasi iniziativa dell’allora premier Berlusconi, anche quando il Cav cercava di andare incontro alle istanze dell’UDC folliniana, per esempio circa la legge elettorale, ma non chiariva fino in fondo le motivazioni del dissenso perpetuo e gli italiani non comprendevano più nulla alla fine. Follini non era schietto perché di fatto non poteva descrivere una opposizione priva in realtà di contenuti veri e concentrata soltanto sull’obiettivo di logorare gli esecutivi di centrodestra e la leadership di Berlusconi, magari per dare una mano a quei poteri sempre impegnati a limitare il riformismo berlusconiano. Infatti, se l’azione riformatrice dei governi di Silvio Berlusconi fu compressa, tutt’oggi dobbiamo ringraziare per questo figure politiche come quella di Marco Follini, oltre alle pesanti persecuzioni giudiziarie delle quali era vittima il Presidente del Consiglio.
La politica italiana della cosiddetta Seconda Repubblica si è rivelata spesso inconcludente e attorcigliata su sé stessa a causa di elementi magari molto bravi a bacchettare i colleghi, anche con ragionamenti in apparenza complessi ed acculturati, ma sostanzialmente buoni a nulla sul piano pratico. Marco Follini faceva parte di tale categoria e non si può dire che sia stato un buon politico perché il buon politico non si fa eleggere in una determinata coalizione, sposandone valori e leadership, per poi sabotarla scientemente dopo qualche tempo, facendo del male, non solo agli alleati, ma alla propria Nazione costretta a subire l’impasse del potere esecutivo. Senza ricavare, fra l’altro, nulla dal punto di vista personale e politico, infatti, la parabola folliniana non è stata delle più esaltanti. Dall’UDC, lasciata dal nostro perché troppo succube di Berlusconi, alla partecipazione alla fondazione del Partito Democratico, abbandonato poi anch’esso nel 2013 in quanto, ma guarda un po’, affetto da eccessi di socialismo. Da allievo di Arnaldo Forlani nella Democrazia Cristiana a sodale degli eredi di Enrico Berlinguer. Da spina nel fianco di Silvio Berlusconi a ex leader ormai quasi del tutto dimenticato.
Eppure, Marco Follini si sentiva più acuto e intelligente di tutti, e anche oggi, nonostante la sua avventura politica sia finita da anni in maniera molto mesta, continua a mostrare una certa supponenza e a fare il maestrino. Adesso, è perlopiù un giornalista-opinionista che scrive pareri e analisi laddove gli vengono richiesti e interviene con una rubrica periodica sul sito dell’agenzia di stampa Adnkronos. Per carità, l’ex leader UDC è liberissimo di scrivere ciò che vuole e dove vuole, ma noi siamo altrettanto liberi di rimandargli indietro le sue raffinate, si fa per dire, elucubrazioni visto che nell’ultimo pezzo scritto per Adnkronos si è occupato della destra, italiana e non. Sorprende che il centrista Follini, con una passione più per la sinistra che per la destra, dedichi il proprio tempo prezioso a quest’ultima, sebbene tratti l’oggetto del suo articolo con i soliti, triti e ritriti preconcetti della vulgata mainstream e di sinistra. Egli si crede evidentemente una spanna sopra alle destre occidentali, senza ombra di dubbio caciarone e populiste, e pensa di poter insegnare loro a stare al mondo, ma non fa altro che rilanciare delle banalità disarmanti già smentite dalla realtà quotidiana.
L’Occidente, secondo Marco Follini, avrebbe già perso il primato nel mondo, addirittura in modo irrimediabile, surclassato dal Sud globale, dai Paesi Brics e dal gigante cinese. Stati Uniti ed Europa non ne sarebbero ancora coscienti e si cullerebbero nell’illusione di una forza che non c’è più. Chi invece inizia a capire il declino inesorabile, sempre a parere del tramontato capo centrista, si affiderebbe, al di là e al di qua dell’Atlantico, alle destre peggiori, da Donald Trump a Giorgia Meloni per intenderci, sperando, attraverso politiche retrive di protezionismi, muri, chiusure delle frontiere e sfruttamento della paura, di salvare così il salvabile. Ma anche l’utilizzo delle destre brutte e cattive non servirebbe a nulla perché l’Occidente è comunque destinato a cedere il passo ad altri. Vi sarebbe, così ci racconta Follini, una piccola via d’uscita capace di permettere alle democrazie occidentali di non soccombere. Dovrebbe giungere una destra riflessiva, pensosa, meno diretta insomma delle attuali, che, a dire dell’opinionista di Adnkronos, fornirebbero soluzioni troppo semplici a problemi complessi. Giorgia Meloni sarebbe ancora in tempo per abbracciare l’idea di destra auspicata da Marco Follini. Andiamo per ordine. Cina, Brics e simili indubbiamente incalzano l’Occidente e non da oggi, ma non è vero che il Nord America e l’Europa non abbiano più i mezzi per fronteggiare la sfida e tutto dipende da quali classi dirigenti vengono scelte sia dagli americani che dagli europei.
L’Occidente ha corso e corre il rischio dell’umiliazione soprattutto con figure di vertice molto simili al Marco Follini politico e poi, diciamo così, pensatore. È ovvio che se ci si muove con eterna arrendevolezza e si pensa di aver perso ancora prima di iniziare, si vada incontro ad una inevitabile debacle. A volte, gli arrendevoli d’Occidente, come Romano Prodi e i suoi sussurri riguardanti la Cina, danno per vincente a priori l’altra parte perché, in fondo, stanno con l’altra parte. Gli Stati Uniti hanno rischiato e rischiano lo smacco con gli schieramenti politici che sono più vicini al centrismo lib-lab di Follini che alla destra di Giorgia Meloni. I democratici USA, soprattutto con Jimmy Carter tanto tempo fa e con Barack Obama in epoca più recente, hanno mostrato incertezze e timidezze al cospetto di potenze regionali pericolosamente anti-occidentali, pensiamo all’Iran. Barack Obama strinse un accordo con Teheran sull’uso del nucleare a fini militari privo di qualsiasi sicurezza per il mondo e di obblighi stringenti per gli Ayatollah.
L’America obamiana si ritirò dall’Iraq, solo per dare un segnale di discontinuità rispetto alle politiche del repubblicano George W. Bush, e la conseguenza fu la diffusione dell’ISIS, il sedicente Stato Islamico. Joe Biden, che almeno circa l’Ucraina non ha mai arretrato, ha scelto poi di fare tornare in patria le truppe americane dislocate in Afghanistan, ma si è trattato di una mossa talmente frettolosa e mal coordinata da aver permesso il ritorno a Kabul dei Talebani, ora aiutati da Russia e Cina. Kamala Harris è l’erede politica di tutto questo e non a caso, Obama si sta spendendo molto nella campagna elettorale della candidata democratica alla Casa Bianca. Il rozzo conservatore, per Follini ovviamente, Donald Trump, durante il suo primo mandato presidenziale, ha anzitutto smontato il masochistico accordo obamiano con l’Iran, per far comprendere che Washington non si lascia prendere in giro dalle barbe fondamentaliste, ha riconosciuto Gerusalemme come capitale di Israele, per ribadire quali sono e dove sono i valori dell’Occidente, e ha subito messo in guardia la Cina per le sue scorrettezze commerciali con dazi e restrizioni. Sono stati proprio quelli che piacciono a Marco Follini a rendere potente la Repubblica popolare cinese, attraverso una globalizzazione squilibrata, non i repubblicani, pre e post-Trump.
Cosa intende Follini per destra riflessiva e pensosa? Giorgia Meloni, Fratelli d’Italia e Donald Trump negli USA, sono forse incapaci di pensare? Abbiamo capito a cosa si riferisce l’opinionista di Adnkronos, e cioè, ad una destra che sia gradita alla sinistra, ad alcuni poteri, alla galassia liberal e radical-chic internazionale. Una destra cacadubbi e addomesticabile per ogni scenario, svuotata di valori e contenuti riconoscibili, sovrapponibile di fatto agli avversari. Qualcuno in Italia ha provato a creare una destra simile, ma è stato punito severamente dagli elettori, i quali non sanno che farsene di una destra che rappresenta solo una sfumatura diversa rispetto alla sinistra. I popoli occidentali, italiani, americani e altri, vogliono risposte concrete, non in modo irrazionale e pieno di paure ingiustificate, come recita il mainstream, ma con ponderazione, sull’aggressività commerciale, per il futuro non escludiamo quella militare, di potenze come la Cina, e sulla gestione delle migrazioni che pongono seri problemi tanto in Europa quanto nelle Americhe. Solo una impostazione di destra conservatrice e patriottica, quella di Giorgia Meloni e di Trump negli Stati Uniti, che Follini giudica estremista ed urlata, può soddisfare determinate domande perché sa che proprio attraverso il riequilibrio della globalizzazione e la difesa dei confini passa la sopravvivenza del primato occidentale. Se la destra assomigliasse alla sinistra circa il commercio internazionale e l’immigrazione clandestina, potremmo già fin d’ora consegnare, per così dire, i libri dell’Occidente in Tribunale o meglio, a Xi Jinping.
Non c’è bisogno, caro Follini, di altro, di ricercare un’altra e fantomatica destra sulle nuvole perché le democrazie sono già dotate di ciò che serve loro, ovvero, del mix di attaccamento a valori irrinunciabili e di pragmatismo quotidiano, messo in pratica da Donald Trump nella sua prima esperienza di presidente degli Stati Uniti e da Giorgia Meloni nei suoi primi due anni di governo in Italia. Le Presidenziali americane sono ormai imminenti e sono in molti, anche non di stretta osservanza trumpiana e repubblicana, a riconoscere la linearità ideale di Trump accompagnata però da un forte senso pratico, utile ad affrontare con efficacia crisi e guerre nel mondo. Occorre senz’altro pensare, ma poi serve l’azione altrimenti si scivola nell’immobilismo democristiano, soprattutto della DC degli ultimi anni antecedenti Tangentopoli, che Marco Follini sicuramente ricorda. Giorgia Meloni, come tutti gli esseri umani, può anche incorrere in errori, ma lo sbaglio più grande sarebbe quello di prendere per buoni i consigli dell’affossatore dei governi di centrodestra.