«…e Francesco che è volato sull’asfalto di un cortile con le chiavi strette in mano, strano modo per morire…»
Francesco Mancinelli – Generazione ’78
Nella primavera del 1979, a Roma, come a Milano e un pò ovunque in Italia, vigeva ancora un clima d’odio e di violenza politica che sembrava prolungare all’infinito i cosiddetti “anni di piombo”. Francesco Cecchin, militante del Fronte della Gioventù della sezione Trieste-Salario, nella notte tra il 28 e 29 maggio 1979, dopo essere stato inseguito da due persone arrivate in zona a bordo di una Fiat 850, fu trovato gravemente ferito in un cortile condominiale del quartiere Trieste di Roma, dopo essere stato percosso e scaraventato, tramortito, oltre un parapetto. Cecchin morì il 16 giugno 1979 dopo diciannove giorni di coma.
In precedenza era stato minacciato da militanti comunisti dopo un episodio di tensione con i militanti del Fronte durante un’affissione di manifesti. Quello di Cecchini è sicuramente l’ennesimo omicidio politico senza colpevoli: la Corte di Giustizia scrisse nelle motivazioni che Francesco non si gettò nel vuoto per fuggire, poiché tra l’altro conosceva benissimo quel cortile, ma fu picchiato e poi buttato esanime di sotto, e quella caduta di oltre quattro metri ne decretò la fine dopo 17 giorni di agonia.
Francesco era primavera
Francesco era libertà
Adesso porti in mano una rosa
e nell’altra la verità(Sera di Giugno)