Questi giorni che ci avvicinano al 4 novembre – anniversario della Vittoria – dovrebbero essere ricchi di iniziative in memoria dei nostri soldati. Di quei giovani eroi che vincendo la prima guerra mondiale ci fecero diventare una Nazione. Purtroppo però le celebrazioni sono sottotono o quantomeno non sembrano essere nazionali ma frutto dell’impegno, straordinario e meritorio, di singole amministrazioni, associazioni, privati cittadini che con difficoltà – dove sono finiti i bandi per finanziare le attività? – salvaguardano il ricordo di noi stessi. Perché “Patria è il plurale di padre” e noi siamo, se vogliamo essere italiani, figli che dovranno, prima o dopo, diventare padri del futuro. Una storia millenaria che, con tutte le differenze del caso, ci portiamo dentro non come cimelio di un passato lontano ma come parte del nostro essere. Che poi è il motivo del nostro agire.
“E su tutte le cime ci sono le croci. Quelle della nostra gente, quelle degli altri italiani venuti dalle città sul mare. Croci che quand’erano vive non parlavano la stessa lingua, la stessa storia ma che oggi sono così vicine che sembrano la stessa. Sono la stessa. Perché croci fatte con il legno di una storia che non muta col passare del tempo e di radici che non importa quanto siano profonde o dove cerchino nutrimento. Perché trovano sempre la stessa acqua. Quella portata da chi non smette di ricordare e di rispettare la loro storia. La nostra storia. E oggi siamo qui. A cent’anni dalla loro vittoria che è stata – ed è! – la nostra. Quella che ha permesso a questa Nazione di essere unita.”
Il 4 ottobre, dopo queste parole dell’On. Luca de Carlo, fortunatamente il parlamento ha approvato una mozione di Fratelli d’Italia proprio per invitare il Governo a fare tutto il possibile per celebrare la nostra storia. Uno dei principali strumenti è naturalmente la RAI. Proprio per questo, per il rispetto ai nostri predecessori e per rispetto a una decisione presa a grandissima maggioranza all’interno del Parlamento Italiano, quello che è andato in onda martedì scorso su Rai Radio 1 nel programma “Numeri primi” è stato particolarmente vergognoso. La puntata dello scorso martedì di Numeri Primi, programma radiofonico di Rai Radio1, è stata dedicata al calciatore della Juventus Benigno Dalmazzo che all’età di 20 anni decise, come migliaia e migliaia di altri giovani e meno giovani contemporanei, di partire volontario nella Prima Guerra Mondiale. Trovandoci poi la morte andando all’assalto sul Monte Interrotto.
“Gli autori del programma – dichiara la senatrice di FdI, Daniela Santanchè, componente della Commissione parlamentare di vigilanza sulla Rai – hanno deciso di utilizzare un termine ricorrente per raccontare la storia: “folle”. “Folle” la guerra, “folle” il combattere per l’Italia, “folli” le motivazioni. Ad essere folle, piuttosto, è che un programma Rai, a pochi giorni dal 4 novembre e soprattutto dopo la nostra mozione approvata a larga maggioranza possa realizzare una trasmissione che denigra qualunque spirito di italianità, di passione e di eroismo. Una mozione molto chiara – prosegue Daniela Santanchè – con la quale abbiamo chiesto e ottenuto che ci sia un’attenzione particolare e un maggiore coinvolgimento del governo, delle scuole, della Rai affinché tutta la Nazione possa festeggiare degnamente il centesimo anniversario della Vittoria della Grande Guerra, occasione nella quale tutti noi siamo diventati un Popolo e una Nazione. Che la Guerra sia orribile lo sappiamo e va raccontato. Ma ancor più orribile è che il servizio pubblico sia utilizzato per diffondere la tesi che la grandezza dei nostri eroi sia stata “inutile e folle” in una trasmissione scritta da chi, evidentemente, non ha contezza di cosa stesse raccontando né dello spirito che animava la migliore gioventù di questa Nazione a cui, cento anni dopo, ancora dobbiamo dire grazie. Chiediamo perciò al presidente della Rai – conclude Daniela Santanchè – di prendere immediati provvedimenti, proponendo programmi radio-televisivi più corretti ed equilibrati nel raccontare la Grande Guerra. Grande per la strage ma grande perché completò il processo di unificazione dell’Italia.
In attesa di programmi riparatori sulla RAI vogliamo però aggiungere qualcosa alle parole della Sen. Santanchè. Durante il programma viene raccontato che nel gennaio 1922 l’Austria venne a giocare una partita di calcio a San Siro contro l’Italia. Ovviamente le due nazionali erano piene di reduci. Il conduttore si è detto stupito che la nazionale austriaca fosse applaudita da uno stadio intero. Aggiungendo una considerazione su come cambiano facilmente gli umori del popolo. Tralasciando la considerazione, banale, che gli odi a un certo punto dovrebbero pure passare, c’è però qualcosa di ancora più importante da dire e ribadire. Le persone che hanno vissuto davvero la guerra – che fossero andati volontari o ci si siano trovati – l’hanno fatto per l’Italia. E combattere per l’Italia significava sconfiggere il nemico e liberare le proprie terre dalla presenza dello straniero. E dopo aver vinto perché continuare ad odiare? Perché fischiare chi ha vissuto la stessa infernale esperienza anche in pace? La storia che vogliamo sia ricordata è una storia di dolore, tragedia, ma più di tutto d’eroismo e comunità. Non certo una storia d’odio. Noi siamo l’Italia dei poeti, dei santi, dei navigatori e degli Eroi. L’odio lo dobbiamo lasciare a chi non sa di cosa parla ma vuole avere ragione lo stesso. Questo sì che è “folle” non certo la storia di Benigno Dalmazzo. Campione sul campo di calcio, eroe sul campo dell’Onore.