Germania, ora Scholz chiude anche i confini e cede il passo alla realpolitik

Non c’è tregua per Olaf Scholz, il cancelliere tedesco politicamente più in difficoltà degli ultimi decenni. Si è ritrovato con una delle cariche più importanti d’Europa, il Bundeskanzler, a capo di un partito socialista, nel momento storico in cui l’intero impianto franco-tedesco che ha guidato l’Europa sta cedendo il passo a una nuova visione, a un nuovo approccio alla politica voluto non solo dal voto dei cittadini attraverso il voto, ma richiesto anche dalla realtà dei fatti, dalle problematiche concrete della vita di tutti i giorni, che hanno imposto a chi deteneva lo status quo comunitario più di una semplice riflessione.

La proposta

L’evidenza dei fatti ha costretto Scholz a ripudiare le sue tesi no-border, a ritirare, tacitamente, le sue critiche all’esecutivo italiano e all’approccio di Giorgia Meloni contro gli ingressi illegali esportato anche in Europa e si è dovuto accordare alla sua strategia. Risvegliata, dunque, dagli attentati terroristici di matrice jihadista, pericolo concretizzatosi, per ultimo, a Solingen, il governo federale ora sembra fare sul serio, parlando di “svolta epocale”: dal 16 settembre, infatti, l’esecutivo di Berlino ha previsto controlli lungo tutte le frontiere della Germania. Un modo per tenere al sicuro i confini e mantenere la sicurezza interna, finché, ha spiegato il ministro dell’Interno, “il nuovo sistema di asilo europeo” non garantirà “una forte protezione delle frontiere esterne dell’Ue”. E i richiedenti asilo che rimarranno ai confini? Ancora non è certa la loro collocazione, neppure quella temporanea. In questo modo, si scopre la fallace ipocrisia della sinistra che, fino a ieri, finanziava le Ong a lavorare nel Mediterraneo e a mettere i bastoni fra le ruote al nostro esecutivo, mentre oggi è costretta a fare marcia indietro e a seguire le tesi contro l’immigrazione clandestina che aveva sempre criticato.

Pericolo concreto

Adesso, l’obiettivo per il governo tedesco non è soltanto quello di contrastare gli ingressi irregolari, nei confronti dei quali i precedenti esecutivi (pur sempre a trazione socialista) avevano chiuso un occhio al fine di coprire la carenza di manodopera della Germania. Il nuovo obiettivo, infatti, è anche quello di combattere il terrorismo islamico e il pericolo jihadista, che gli ingenti flussi dal Medio Oriente hanno corroborato. È notizia delle ultime ore che l’Iran abbia in qualche modo cavalcato la pesante ondata migratoria ai danni dell’Europa, cercando di reclutare nuovi soldati che potessero combattere la guerra santa oltre i confini asiatici. Secondo, peraltro, un modello virtuoso, che riduceva al minimo il coinvolgimento di Teheran e potendo contare sulla fedina penale già sporca del singolo reclutato. Ma la nuova posizione del governo tedesco ha comunque provocato delle reazioni tutt’altro che positive al suo interno: se infatti i socialisti hanno trovato una sorta di accordo con i liberali dell’opposizione, i verdi, che fanno parte dell’esecutivo, hanno preso le distanze dalle nuove decisione del cancelliere, continuando dunque a restare in quella posizione di chi non riesce a vedere tutta la realtà dei fatti. Come un cavallo con i paraocchi, che non riesce a vedere al di là di ciò che si pone davanti a lui. C’è un intero mondo intorno, fatto di problematiche concrete e di sicurezza carente: se l’Europa sceglierà di non reagire, potrebbe restare irrimediabilmente offesa dalla sua stessa cocciutaggine. E pensare che la prima realpolitik fu proprio quella di Otto von Bismark.

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