Donna, studentessa ma anche lavoratrice per portare i soldi a casa, militante, leader del partito a cui lei stessa ha dato vita, presidente del Consiglio scelta dagli elettori e non con giochi di palazzo, determinata, coerente, priva di scheletri nell’armadio e perfino mamma: Giorgia Meloni è la dannazione della sinistra woke, la cui vocazione all’odio è messa a nudo dalla frustrazione derivante dalla consapevolezza di non essere – nei fatti – un’alternativa credibile.
Un vero e proprio shock in virtù del quale la sinistra, anziché evolversi assimilando principi diversi dai propri, uno su tutti la meritocrazia, ha scelto la strada più congeniale alle sue radici, quella verso il passato, che porta dritto allo spirito di Piazzale Loreto. Sono loro ad essersi intrappolati in quella spirale d’odio, prima come mero espediente elettorale e poi, mese dopo mese, canalizzando quel fiume di cattiveria per riempire il vuoto pneumatico della loro identità politica.
I fantocci appesi a testa in giù, i commenti che grondano livore scritti non da anonimi utenti del web ma vergati da coloro che si autoproclamano come i rappresentanti dell’informazione libera e autorevole, l’escalation di una sinistra che a furia di gettare benzina sul fuoco ha ormai un lessico proprio dell’extraparlametarismo, sono sintomatici della spirale tossica a cui mi riferivo poc’anzi, che induce chi ne fa parte a sentirsi autorizzato a dire e scrivere qualsiasi cosa pur di contrastare i fascisti.
Perfino ridicolizzare con spregio la presenza della piccola Ginevra al fianco di sua madre in un viaggio istituzionale in Cina.
Il problema è il principio dell’intersezionalità che sta alla base dell’ideologia woke, secondo cui in buona sostanza la complessità è azzerata e tutto viene diviso tra bene e male: va da sé che il bene sia la sinistra e che, in quest’ottica, chiunque non sottostia ai suoi folli dettami venga immediatamente etichettato come fascista, razzista, omofobo e così via.
Peccato, però, che i fatti dicano che Giorgia è coerente e loro sono la quint’essenza dell’ipocrisia; Giorgia è una donna che ha costruito i propri successi sul principio di meritocrazia, mentre la sinistra continua ad essere focalizzata solo sulle etichette; Giorgia trova la sua forza nelle umili origini e nei grandi ideali, invece la sinistra incarna gli interessi dell’establishment e dei poteri forti; Giorgia è mamma e cristiana, al contrario la sinistra promuove barbarie come il cambio di sesso per i bambini, l’utero in affitto e la demolizione di qualsiasi identità a partire dalla cellula fondante della nostra società: la famiglia.
Differenze che emergono nitidamente anche dagli archetipi che la sinistra sceglie per rappresentare sé stessa, di cui Ilaria Salis e Patrik Zaki non sono che gli ultimi esempi di una lunghissima lista di personaggi tutt’altro che encomiabili.
Ma c’è un aspetto ancora più importante di cui la sinistra si ostina a non rendersi conto: i valori incarnati da Giorgia Meloni sono quelli in cui si riconoscono la stragrande maggioranza delle persone che non hanno paura di definirsi normali e che, come dimostrano le sacrosante reazioni alle imposizioni woke provenienti anche dall’estero, ne hanno le tasche piene di subire questo folle razzismo al contrario figlio dell’odio seminato dalla sinistra non – come dice – per difendere diritti (per i quali, guarda caso, quando è stata al governo non ha fatto alcunché) ma per dividere le persone e creare il bisogno di questa sinistra che, in mancanza dell’odio, non avrebbe davvero più niente da dire.