Giorgia Meloni dalla A alla Z

Se dovessi dare un titolo alla vittoria di Giorgia Meloni, sceglierei senza alcun dubbio "la rivoluzione della coerenza"; in questa puntata di Occidente 2024 vi racconterò il Presidente del Consiglio per come la conosco io, dalla A alla Z.

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Se dovessi dare un titolo alla vittoria di Giorgia Meloni, sceglierei senza alcun dubbio la rivoluzione della coerenza. Essere coerenti non è un concetto astratto, quanto piuttosto una forma mentis in ragione della quale produciamo costantemente atti e comportamenti concreti che, giorno dopo giorno, compongono il mosaico della nostra credibilità. In politica, così come nell’imprenditoria, nell’arte o nella sfera privata, la coerenza rappresenta l’elemento che determina la nostra consistenza: più siamo coerenti e minori saranno le contraddizioni con cui dovremo fare i conti.

L’enorme impatto in termini di comunicazione induce molti a compiere un errore madornale, cioè considerare la coerenza alla stregua di una semplice leva di marketing, un accessorio del quale possiamo scegliere di dotarci o disfarci in base alle necessità del momento: gli esempi sono innumerevoli e quasi tutti fallimentari. Il motivo è talmente semplice da sembrare perfino banale, ovvero che la coerenza misura la nostra verità: se produco i miei abiti in Cina farò fatica (eufemismo) ad accreditarmi come brand etico e sostenibile; se continuo a fare politica dopo aver affermato che in caso di sconfitta l’avrei abbandonata sarà un’impresa riguadagnare credibilità.

Questo è un tema che sta certamente alla base dell’attuale fluidità del consenso che, negli ultimi 15 anni, ha determinato l’ascesa e la caduta di leader e partiti come Gianfranco Fini, Matteo Renzi, il Movimento 5 Stelle e Matteo Salvini: tutti accomunati dall’errore di cui parlavo poc’anzi, ovvero derubricare la coerenza a mero affare di comunicazione non comprendendo, invece, che si tratti di una questione di identità.

La leader di Fratelli d’Italia ha dimostrato non di aver compreso questo concetto ma, differenza sostanziale, che il suo agire si basa sulla forma mentis della coerenza praticamente da sempre, forte di un percorso che dimostra tangibilmente due elementi tanto semplici quanto importanti, cioè che lei si presenta per quello che è nella realtà e che mantiene le promesse fatte.

Oltre a Giorgia Meloni e alla sua leadership è opportuno completare il ragionamento allargandolo alla visione politica, che in questo caso specifico sta delineando i contorni di una nuova evoluzione del contesto bipolare internazionale: il crollo delle ideologie e la globalizzazione hanno mutato la dicotomia classica destra-sinistra trasformandola in popolo-élite, che il circuito del mainstream ha tentato di arginare affibbiando a tutte le forze politiche non omologate al pensiero unico il marchio di populiste, una sorta di ghetto immaginario realizzato ad arte per tentare di renderle invotabili dall’elettorato seppur deluso dai radical chic. Per intenderci, una sorta di effetto Le Pen.

In questo senso, l’intuizione della svolta conservatrice impressa da Giorgia Meloni a Fratelli d’Italia ha consentito di allargare la base del consenso e, al tempo stesso, di mettere ulteriormente in evidenza le enormi contraddizioni della sinistra. Anche in questo caso la coerenza si rivela determinante poiché è insita nel concetto stesso di conservatorismo, le cui radici affondano nella difesa – e quindi nella conservazione – dei valori della civiltà occidentale dagli attacchi di chi intende minarne le fondamenta. Giorgia Meloni è quindi coerente come donna, leader e portatrice di valori, a dimostrazione di ciò e con buona pace dei gendarmi del politicamente corretto che l’attaccano, vale un’elementare regola matematica: invertendo l’ordine degli addendi il prodotto non cambia.

I suoi competitor come Elly Schlein costruiscano un percorso altrettanto coerente – quindi credibile – e poi ne riparliamo, magari tra qualche anno. Proprio a causa dell’incapacità di competere con lei sul campo di coerenza e proposta politica, da anni la sinistra tenta (invano) di battere Giorgia Meloni attaccandola non solo in merito alle proposte politiche ma anche sul piano personale.

Una campagna di delegittimazione che quasi sempre sconfina nel grottesco, condita da pseudo-inchieste scritte con l’obiettivo – dichiarato e disperato – di gettare discredito su di una leader che è diventata tale non soltanto per le sue indubbie qualità politiche, ma anche perché è sempre rimasta fedele a sé stessa.

Anche quando farlo era sconveniente. Per questo, dal momento che abbiamo condiviso diversi anni di militanza in Azione Giovani, ritengo giusto raccontarla per come la conosco io, dalla A alla Z.

Brano tratto dal libro “Tu sei il messaggio – Il pensiero conservatore nell’era degli algoritmi

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Alessandro Nardone
Consulente di marketing digitale, docente alla IATH Academy, è autore di 9 libri. È stato inviato di Vanity Fair alle elezioni USA dopo aver fatto il giro del mondo come Alex Anderson, il candidato fake alle presidenziali americane del 2016.