Giorgia Meloni e Javier Milei: i conservatori d’Occidente più uniti che mai!

La sintonia che unisce la nostra premier Giorgia Meloni al presidente dell’Argentina Javier Milei è pressoché completa. L’intesa è anzitutto umana, e nelle relazioni politiche ed istituzionali un istintivo rapporto di reciproca simpatia aiuta sempre a realizzare qualche progresso in più rispetto ad una comunanza di idee non sorretta però dall’affinità personale. Può capitare benissimo che due leader la pensino allo stesso modo su tutto o quasi, ma non si sopportino a vicenda epperò questo non è proprio il caso di Meloni e Milei. Poi c’è, ovviamente, una forte assonanza ideale, politica e geopolitica che rende attualissimi gli antichi legami fra Italia e Argentina, quest’ultima, meta nel passato di  numerosi migranti italiani.

L’Argentina è stata fatta anche dagli italiani ed è anche Tricolore. Giorgia Meloni e Javier Milei hanno la medesima concezione di Occidente, ossia, di un mondo delle democrazie che non deve mai arretrare nella difesa dei propri valori di libertà e identitari, (culturali e religiosi), e mai si può permettere distrazioni, anche nelle fasi storiche in apparenza più stabili, fra le quali non appartiene purtroppo l’attuale nella quale stiamo vivendo, di fronte alle minacce esterne, autocrazie e terrorismi, e alle insidie interne rappresentate dai guastatori woke, gender e green. La premier italiana e il presidente argentino si sono incontrati molte volte fino ad ora, anche in contesti esterni ai confini delle loro rispettive Nazioni. La prima occasione di faccia a faccia diretto si è concretizzata a Roma, poi sono avvenuti incontri a margine sia del G7 in Puglia che del G20 a Rio de Janeiro.

Il Presidente del Consiglio ha svolto una visita ufficiale a Buenos Aires e in questi giorni Javier Milei è tornato nella nostra Capitale con un programma denso di appuntamenti significativi, per l’Italia e per l’Argentina. Milei ha avuto un colloquio con Giorgia Meloni a Palazzo Chigi durato più di un’ora e prima ha ricevuto, presso la sede del quotidiano Il Tempo, il premio intitolato a Milton Friedman, celebre economista statunitense liberale e liberista. Nelle stesse ore il numero uno della Casa Rosada ha avuto conferma della conclusione positiva del conferimento della cittadinanza italiana offertogli dal Governo per suggellare un’amicizia fra Italia, Argentina e rispettive classi dirigenti, che diviene ogni giorno più profonda. Javier Milei è, quindi, anche un nostro connazionale perché, come tanti altri argentini, ha anch’egli origini tricolori derivanti dai suoi nonni, immigrati italiani nel Paese del tango. Il presidente argentino, su richiesta dell’amica Giorgia Meloni, non ha mancato di presenziare e di tenere un discorso ricco di incisività all’interno della cornice di Atreju, la grande festa annuale della destra italiana, arricchita da numerosi momenti di approfondimento e confronto, svoltasi quest’anno presso il Circo Massimo di Roma.

La consonanza fra Roma e Buenos Aires, fra Meloni e Milei, è importante, non solo per il comune conservatorismo e l’identica visione dell’Occidente, ma anche da un punto di vista strategico. L’Argentina è un potenziale fornitore di materie prime come gas e litio, e la premier Meloni, durante la sua visita di novembre presso la Casa Rosada, si è riferita non a caso alla Nazione presieduta da Javier Milei come al punto di riferimento principale dell’Italia in America Latina. Le relazioni bilaterali si stanno rafforzando in maniera crescente ed è stato avviato un piano di azione congiunto Italia-Argentina per il quinquennio 2025-2030 su politica, economia e lotta alla criminalità organizzata. Il 13 dicembre scorso il nostro Alessandro Nardone ha scritto su La Voce del Patriota un bellissimo articolo dedicato a “La squadra dell’anno”, composta da Giorgia Meloni, che sta salvando l’Italia e l’Europa, da Donald Trump, il quale salverà l’America, e da Elon Musk, che ha salvato la libertà d’opinione. Insieme rifaranno grande l’Occidente! E l’immagine ritraente la premier italiana insieme al presidente eletto degli Stati Uniti e al patron di X, Tesla ed altro, legata al pezzo citato, è sempre rimasta esposta a favore di pubblico e passanti presso lo stand de La Voce del Patriota, all’interno del villaggio di Atreju.

L’amico Nardone ha individuato alla perfezione coloro i quali sono e saranno sempre più i protagonisti dell’Occidente e della sua rinascita, ma al magnifico trio si aggancia inevitabilmente anche Javier Milei, che porta avanti idee e soluzioni in gran parte sovrapponibili a quelle di Giorgia Meloni, Donald Trump e Elon Musk. Come è noto, il presidente argentino sta attuando nel suo Paese un’ampia serie di riforme liberali e liberiste, che, comunque la si pensi sul peso che occorre dare alla libertà di mercato e sui limiti più o meno stringenti che bisogna applicare alla presenza dello Stato in economia, hanno già traghettato l’Argentina fuori da un lunghissimo periodo di ripetute crisi valutarie e finanziarie, di iperinflazione, di disoccupazione e povertà alle stelle, di spreco scellerato del denaro pubblico. Parentesi interminabile dovuta alla altrettanto lunga permanenza al potere dei peronisti di sinistra, a cominciare da Nestor Kirchner e dalla sua consorte Cristina Fernandez. Milei è stato l’economista, docente e conduttore radiofonico controcorrente che al grido di “Viva la libertad, carajo!” e con il ricorso simbolico alla motosega, utile per recidere le ramificazioni dei vecchi potentati statalisti e corrotti, ha saputo conquistare la maggioranza degli argentini, esausti di passare da una emergenza economica all’altra.

A Buenos Aires circolano statuette raffiguranti il presidente con una motosega fra le mani e uno di questi, per così dire, gadget è stato donato proprio dallo stesso Milei a Giorgia Meloni durante la sua visita ufficiale in Argentina dello scorso novembre. Anche in Italia serve la motosega? Il Paese di Javier Milei ha subìto per tanto tempo i peronisti socialisti e la nostra Nazione, dal canto suo, dopo l’elefantiaco paternalismo assistenziale di una Democrazia Cristiana purtroppo apertasi negli ultimi vent’anni della propria esistenza al consociativismo con i comunisti, ha pagato e ancora paga il “tassa e spendi” irresponsabile degli eredi della falce e del martello, il Partito Democratico insomma, e degli ultimi arrivati del Movimento 5 Stelle. Quindi, la premier Meloni e il resto del Governo sanno perfettamente che anche in Italia non si possa più vivere di status-quo e servano riforme incisive. D’altra parte, come ripete sempre, Giorgia Meloni non ritiene di essere stata inviata a Palazzo Chigi dagli italiani solo per scaldare la sedia, e qui su La Voce del Patriota raccontiamo ogni giorno le tante cose già fatte e quelle messe in cantiere.

Certo, ogni Paese del mondo fa Storia a sé e l’Italia non è l’Argentina. Oltre al pesante fardello ricevuto dai predecessori, il Governo Meloni, a differenza della presidenza argentina di Javier Milei, deve muoversi all’interno dei vincoli europei che obbligano ad una certa gradualità dell’azione politica. Inoltre, la destra italiana, per Storia e DNA, è senz’altro meno tranchant di Milei quando si parla di Stato, che non può essere affatto polverizzato e rimane insostituibile in molti ambiti. Tuttavia, anche per i conservatori di Giorgia Meloni e la destra di Fratelli d’Italia la mano pubblica deve mollare la presa laddove si rivela improduttiva e dannosa, (il Governo Meloni non fa mistero di volere procedere ad alcune privatizzazioni), per fare meno cose e farle meglio. È comunque sicuro che il sodalizio, umano e politico, creatosi fra la premier italiana e il presidente argentino sia capace di fare del bene tanto a Roma quanto a Buenos Aires. 

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Roberto Penna
Roberto Penna
Roberto Penna nasce a Bra, Cn, il 13 gennaio 1975. Vive e lavora tuttora in Piemonte. Per passione ama analizzare i fatti di politica nazionale e internazionale da un punto di vista conservatore.

2 Commenti

  1. Caro Roberto, anche noi abbiamo bisogno della motosega, per tagliare rami tronchi alberi della foresta della spesa pubblica, principale disgrazia a danno del progresso economico civile e culturale dell’Italia, e causa della persecuzione fiscale su chi lavora.

    Con affetto

    Alessandro

    PS: ho letto in occasione delle dimissioni di Ruffini dalla direzione dell’Agenzia delle Entrate, gli elogi di tal personaggio, con i soliti richiami alla lotta all’evasione fiscale, agli evasori che vivono la bella vita mentre altri pagano per loro, alla necessaria obbedienza alle regole fiscali ecc.
    Ci sono stati e ci sono dei regimi che hanno prodotto leggi palesemente ingiuste. Basta pensare alle leggi razziali, alle leggi che sanciscono discriminazioni di sesso, religione, opinione, ecc.
    Di fronte alla legge ingiusta è giusto ribellarsi, questa è la nostra cultura di libertà.
    A parte quindi che in Italia le imposte dirette gravano solo su di una minoranza, in quanto sono addebitate solo ad aziende e lavoratori autonomi, mentre i dipendenti non pagano un euro (le imposte dei dipendenti sono pagate dalle aziende), ti sembra una legge giusta quella che prevede di tassare redditi non prodotti (accertamenti “presunti”, acconti di imposte su annualità non trascorse), su redditi inesistenti (imposte su immobili non utilizzati e sfitti), e in generale su ogni atto della vita umana? I condoni non danno il risultato sperato non, come dicono imbecilli opinionisti, perchè il contribuente evasore di fronte a un condono ne aspetta un altro, ma perchè i soldi che il fisco chiede, per intero o diminuiti dal condono, non ci sono, la gente non li ha. Sono crediti fasulli ed inesigibili.
    Il Sig. Ruffini quindi non si lamenti di essere vittima del favore agli evasori. Se avesse un briciolo di dignità umana si sarebbe rifiutato di fare da boia dei contribuenti applicando queste leggi fiscali.
    Motosega, Roberto, motosega….

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