Dopo le parole di Giorgia Meloni che, con la sua consueta ironia, ha messo in silenzio tutta la sinistra che invoca proteste e, anzi, rivolte sociali parlando di un’opposizione “al caviale“, i leader progressisti sono corsi ai ripari e si sono quasi sentiti obbligati di dire che loro, il caviale, non l’hanno mai mangiato. “Io di caviale non ne ho mai mangiato”, ha detto Elly Schlein, la leader del Pd che ama saper abbinare il suo outfit alle giuste occasioni pagando armocromisti a peso d’oro. Nicola Fratoianni, uno dei due che comandano in Avs, ha spiegato di preferire “i prodotti degli agricoltori”, presumibilmente quelli raccolti dagli immigrati delle coop di Soumahoro. L’altra metà della coppia, Angelo Bonelli, pure ha specificato di non aver “mai mangiato caviale in vita mia”.
Ne hanno dette molte altre, sia chiaro. Ripartendo da Bonelli, per lui la premier è “stata folgorata dai salotti internazionali più esclusivi, che vanno ben oltre lo champagne“. A cosa vorrebbe alludere? Andiamo avanti, perché arriva il bello: “Piuttosto – ha detto il verde – dovremmo preoccuparci di un’autocrazia tecnologica come quella di Musk che con le sue piattaforme social e il potere mediatico condiziona le democrazie”. In pratica, secondo Bonelli Musk ha influenzato il voto in America e Trump avrebbe sfruttato il favore. Il che è la solita storia che si ripete quando la sinistra perde un’elezione: o è colpa di un voto non corrispondente alla realtà, oppure è colpa del popolo che non comprende il pericolo a cui va incontro. Di solito è l’unione di entrambe le cose.
Meloni: “Una manovra ispirata al pragmatismo”
E pensare che tutto era partito da una semplice frase, che ha mandato in tilt toalmente il mondo progressista: “Mi dispiace che anche su questo si riesca a fare una polemica inutile e non so cosa intenda Elly Schlein per svilire i diritti sindacali, questo governo li difende molto meglio della sinistra al caviale“. Una frase che segue il già tanto discusso commento del giorno precedente: “Sto male ma non avendo particolari diritti sindacali sono a Budapest per il Consiglio europeo a fare il mio lavoro“. Commento con il quale la sinistra aveva levato prontamente gli scudi: guai a toccare il compagno Landini e i suoi continui e tanto amati scioperi generali. Il prossimo 29 novembre ci sarà il prossimo che immobilizzerà l’Italia, ancora una volta, per protestare contro la manovra finanziaria. Per carità, diritto sacrosanto quello allo sciopero, ma svilito del suo senso più profondo se utilizzato come un mero strumento politico e, ancora peggio, di propaganda. Non è colpa certo di una battuta della Meloni se i continui scioperi vengono visti sotto questa veste dalla maggioranza degli italiani. Anche perché si protesterà contro una manovra che tutela lavoratori, famiglie, imprese per il terzo anno consecutivo. E gli italiani lo sanno bene. “Abbiamo scritto leggi di bilancio ispirate al buonsenso e al pragmatismo, concentrando tutte le risorse a disposizione per sostenere le imprese che assumono e creano posti di lavoro e rafforzare il potere di acquisto delle famiglie. Ciò che non abbiamo fatto e che non intendiamo fare neanche in futuro è fare ciò che abbiamo visto in passato, quando si è preferito adottare provvedimenti più utili a raccogliere consenso nell’immediato che a gettare le basi per una crescita duratura. Misure che oggi gravano come un macigno sui conti pubblici e che ci impediscono di adottare determinate scelte e di finanziarle come avremmo voluto”. Lo spiegato chiaramente Giorgia Meloni e non c’è polemica strumentale che regga.