Giorgia Meloni è stata l’unico leader ad essere invitato alla cerimonia di insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca. Un segno di riconoscimento non da poco, con il quale si riafferma quello che la sinistra nostrana, immersa in quel sentimento anti-italiano, forse retaggio di un partito che aveva nel suo simbolo la bandiera di un Paese straniero, fa fatica ormai a minimizzare e a nascondere: l’Italia è tornata tra i grandi del mondo e siede con orgoglio, quasi di diritto, nei tavoli che contano. È indubbio che la nostra Nazione è espressione di un popolo, di una cultura, di una potenza globalmente riconosciuti. Ma ciò non basta per essere grandi: serve invece che chi ci rappresenta sappia portare in alto la nostra bandiera, sappia rivendicare le nostre istanze. Altrimenti, non si spiegherebbe perché la nostra Italia, con l’economia tra le più grandi, l’industria manufatturiera tra le più importanti, la popolazione tra le più numerose d’Europa, sia finita in secondo piano nei consessi comunitari nel giro di poco più di un decennio. Serviva dunque un leader forte, capace di far valere la sua voce e quella dei circa 60 milioni di abitanti che rappresenta: questo leader, oggi, è Giorgia Meloni.
Dopo aver “conquistato” l’Europa (lo hanno riconosciuto anche oltreoceano), Meloni è a suo agio tra i grandi del mondo. Forse una delle sue più grandi capacità è stata quella di farsi valere soprattutto con leader che, vuoi per distanza politica, vuoi per barriere costruite su ideologie superate e fake news, nutrivano pregiudizi nei confronti della leader di Fratelli d’Italia. Barriere abbattute con la forza della coerenza, dell’istituzionalità, del dialogo e della capacità di non svendersi, di non scendere a compromessi quando questi sarebbero stati un peso per l’Italia. Anche la dote di non essere corruttibile e di premere con tenacia e positiva insistenza fino all’obiettivo finale, hanno giovato alla premier e, di riflesso, all’Italia intera, che ora può splendere di luce nuova.
Meloni è il collante tra Usa e Ue
“Penso sia molto, molto importante per una nazione come l’Italia, che ha rapporti estremamente solidi con gli Stati Uniti, dare una testimonianza della volontà di continuare e rafforzare quella relazione, in un tempo in cui le sfide sono globali e interconnesse” ha commentato la premier da Washington, consapevole che rinsaldare i rapporti con i nostri più forti e migliori alleati è una notizia positiva per tutta la Nazione. Cambierà qualcosa con la nuova amministrazione Trump? Se cambierà qualcosa, cambierà soltanto in meglio: Italia e Stati Uniti hanno avuto da sempre buoni rapporti e anche Biden e Meloni, pur non condividendo area politica di appartenenza, hanno confermato questa storica tradizione. Ma ora – è anche inutile sottolinearlo – avere due leader che possono dire di appartenere alle stesse correnti, di avere la stessa visione politica, gli stessi intenti, non può che essere una buona notizia per l’Italia.
Ma Meloni è anche europea, è ora la personalità più influente di un’Unione che rischia di restare, ancora una volta, indietro e in ritardo di fronte a un mondo che fa, si muove e decide in modo molto più veloce. C’è da costruire, anzi da ricostruire, un continente che merita di essere un pilastro fondamentale dell’Occidente. Anche perché immaginare un Occidente senza Europa sarebbe soltanto un favore per l’Oriente, per il quale rischieremmo di diventare soltanto carne da macello. Il che pare essere già il pensiero di chi, dall’Est, invia le sue truppe sperando di assoggettarci. Meloni negli Usa è anche ribadire agli alleati, in un’Europa ancora troppo dormiente, che non può esserci Occidente senza la storia, la cultura e la potenza dei popoli tra l’Atlantico e gli Urali.