Deborah Vanini è una giovane madre di Como scomparsa pochi giorni fa a soli 38 anni. Il 22 settembre scorso, Deborah aveva condiviso sui social un post in cui raccontava il momento nel quale la sua vita era per sempre cambiata. Il giorno in cui aveva scoperto di essere incinta, aveva appreso di avere un tumore al quarto stadio. “Dalla notizia più bella alla più brutta in 25 secondi netti. Dalla gioia più grande alla disperazione più assoluta” scrisse Deborah in quel post.
Immaginare la sofferenza e la paura di questa giovane madre è impossibile, perché credo che si possa comprendere davvero un dolore solo se lo si è provato, soprattutto davanti una scelta così difficile: salvare la propria vita o quella della sua bambina, che qualcuno definirebbe solo un feto perché di fatto non ancora nato.
Sacrificando la sua stessa possibilità di guarire Deborah sceglie la vita di sua figlia Megan, descrivendo la sua nascita come un miracolo avvenuto il 18 settembre 2024. Come ha scritto lei stessa: «Forse tu non lo sai ancora, ma mi hai letteralmente salvato la vita.»
Quanti pensieri, ragionamenti e riflessioni saranno passate per la testa di Deborah prima di giungere a questa decisione. Sembra ovvio che per prima cosa Deborah credesse che ciò che c’era dentro di lei era già una vita, e per di più la vita di sua figlia, altrimenti sarebbe stato facile decidere di abortire salvando la propria.
Ma è davvero già vita quella che cresce dentro il grembo materno? Una diatriba tra Medicina e Religione che non avrà mai fine ma proprio in nome del libero arbitrio, che chi è credente sa essere stato il dono di Dio a noi essere umani, per fortuna viviamo in un paese dove la donna è libera di scegliere se portare avanti o no una gravidanza, e non vi è alcuna volontà in chi scrive di giudicare nessuna decisione.
Eppure sapevate che proprio nel momento del concepimento accade qualcosa che sa un po’ di magico? Un gruppo di ricercatori della Northwestern University notò nel 2014 un’evidenza eclatante studiando in laboratorio gli embrioni dei topi: le uova, non appena fecondate, emettevano guizzi di luce. Erano piccoli e ripetuti fuochi artificiali. Approfondendo l’indagine risultò che quei bagliori indentificavano proprio l’attimo del concepimento e più erano intensi più significavano il buon innesto di una vita nuova. il responsabile dei bagliori è lo zinco: questo minerale è fondamentale per la fecondazione al punto che se ne trovano venti miliardi di atomi quando l’uovo è pronto a ricevere lo spermatozoo, ma immediatamente dopo il concepimento l’eccesso di zinco deve essere smaltito; ecco allora l’emissione di luce, una piccola esplosione disperde ed elimina lo zinco in eccesso. Nel corso degli ultimi 6 anni questo team di studiosi ha dimostrato che lo zinco controlla l’avvio del cambiamento e dello sviluppo in un organismo geneticamente nuovo. (da Northwestern University))[i].
Per la medicina si tratta dunque di una stupefacente esplosione di zinco che accade quando un uovo viene attivato dall’enzima dello sperma, e la dimensione di questi bagliori è una misura diretta della qualità dell’uovo fecondato e della sua capacità di svilupparsi in un embrione. Per chi ha un pizzico di romanticismo e soprattutto di Fede, quello rappresenta il momento in cui nasce la vita, e chissà se quello splendore è la luce della nostra anima. Molto probabilmente Deborah doveva proprio pensarla così se ha deciso di sacrificare la sua vita per la figlia Megan che definiva un Miracolo.
In un mondo dove ci sono madri che uccidono i propri figli, addirittura partorendoli in casa e sotterandoli vivi in giardino senza alcun rimorso. In un mondo dove ci siamo dimenticati che mettere al mondo un figlio è un gesto d’amore e l’amore è altruismo, come ci insegna appunto Deborah Vanini, e non egoismo, l’egoismo di volere un figlio a tutti i costi, come se fosse un oggetto che si ordina affittando un utero a pagamento, certamente la storia e la coraggiosa scelta di questa donna ci lascia tutti commossi e sorpresi da una bontà d’animo che sempre più raramente incontriamo.
Deborah scriverà il giorno della sua nascita in un post: «Forse tu non lo sai ancora, ma mi hai letteralmente salvato la vita.» Questa frase mi ha talmente colpito che ho cercato di analizzarla per capirne il significato più profondo.Sicuramente si sarà trovata di fronte ad un bivio: la propria salvezza in una vita senza Megan e donare la vita alla figlia anche se sarebbe cresciuta senza una madre.
Ma una madre come sappiamo non può tornare ad una vita normale dopo la morte di un figlio, perché per Deborah non era un feto ma la vita di sua figlia. Se avesse scelto se stessa che vita sarebbe stata? Credo che invece abbia pensato che sua figlia con l’amore del padre e di tutta la sua famiglia, anche se avrebbe certamente sofferto, comunque ce l’avrebbe fatta, con la consapevolezza che sua madre le sarebbe sempre rimasta accanto e avrebbe vegliato su di lei.
«Forse tu non lo sai ancora, ma mi hai letteralmente salvato la vita» eppure mi rimanda a qualcosa di ancora più profondo: il senso della vita. Deborah ha sentito che l’intera sua esistenza era salva, perché in questo breve viaggio dove siamo solo di passaggio non importa la quantità del tempo che ci verrà dato, ma la qualità, il modo in cui faremo uso di questo tempo e cosa avremo imparato. Sta in questo la salvezza di Deborah, l’aver compreso il valore della vita, che non è fatto di ricchezze e cose futili e che nemmeno la salute è la cosa più importante. Che ce ne faremmo infatti di una vita piena di salute e lunga ma vissuta in solitudine? Non sarebbe meglio una vita più breve ma piena d’amore? Non so voi ma io sceglierei la seconda, ed è proprio questa che ha scelto Deborah, perché il senso della nostra vita è l’Amore, e purtroppo spesso sono i grandi dolori a farcelo capire. Se è vero che l’amore chiama amore, la storia e il sacrificio di Deborah Vanini trasmette inoltre nei cuori di chi ha perso speranza nell’umanità che ogni giorno ci delude con le sue guerre e le storie di delitti e crimini crudeli, storie di uomini e donne che fanno del male, un male per di più spesso ingiustificato, premesso che in fondo il male lo è sempre, di un male che ritroviamo in piccolo anche nella nostra quotidianità, la sua storia ci dà la speranza che se esistono persone pronte a dare la propria vita per amore, forse ancora il mondo non è perduto.
[i] Guarda, ecco il lampo di luce che illumina l’attimo del concepimento