Alessandro Sallusti ha lanciato su Il Giornale, di cui è, come è noto, direttore responsabile, un allarme che inquieta. Siccome il direttore è un giornalista che in tante occasioni ha già dimostrato di comprendere prima di altri e con lungimiranza i fatti prossimi a succedere, c’è da preoccuparsi. Sallusti avverte dell’esistenza di un piano ordito da giornalisti, politici, of course, di sinistra e magistrati con qualche tessera di partito in tasca, per dare avvio anzitutto ad indagini a carico di Arianna Meloni, sorella della premier e compagna di Francesco Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura, e poi, naturalmente, promuovere e gonfiare un caso politico su giornali, televisioni e social. L’ormai ex magistrato Luca Palamara è fuori dai giochi, ma il metodo che porta il suo nome, a quanto pare, continua a prosperare perlomeno in alcune Procure d’Italia.
Il “metodo Palamara”, comunque sovrapponibile al modus operandi di altre fazioni politicizzate della magistratura del passato più o meno lontano, da Tangentopoli agli anni del berlusconismo, presuppone un coordinamento costante fra toghe, settori della politica e addetti alla informazione, non per reprimere veri reati e renderli noti ai cittadini, bensì al fine di tentare di affossare l’immagine di chi è scomodo, agli occhi di determinati poteri e caste, in vari campi, in particolare in politica. Non interessa che la vittima della congiura vada in galera o comunque provveda in qualche modo ad espiare una pena, ma è importante che si raggiunga l’obiettivo di infangarne prestigio ed onorabilità, e di spingere inoltre alla fine anticipata di una carriera o almeno, se il soggetto è testardo e non abbandona la propria postazione, di condizionare e limitare l’azione della parte politica ingombrante presa di mira.
Così fanno, non bisogna avere timore nel sottolinearlo, le dittature e le mafie. L’uso politico della Giustizia è un cancro di questo Paese, che il Governo Meloni sta provvedendo ad arginare con la cura delle riforme in campo giudiziario mirate a fare sì che ogni potere dello Stato rimanga nel proprio ambito di competenza, sia scoraggiato ad alimentare opache commistioni, come quelle disegnate sottobanco fra magistrati, politici e giornalisti, e risponda, quando è necessario, dei propri errori. Il tintinnio di manette a fini politici ha già procurato sin troppi danni all’Italia. Silvio Berlusconi era per le sinistre un avversario, spesso considerato come nemico, complicato da sconfiggere sul piano elettorale, perciò, si ricorreva alle varie macchine del fango funzionanti in alcune redazioni e alla istituzione di innumerevoli inchieste, molte delle quali farlocche e conclusesi in un nulla di fatto o nell’assoluzione dell’imputato. Alla fine, i suoi aguzzini non hanno mai avuto soddisfazione piena perché Berlusconi è stato fermato solo da Dio, come capita, ad un certo punto, a tutti gli esseri umani, ma le varie persecuzioni giudiziarie hanno condizionato pesantemente il dibattito politico della cosiddetta Seconda Repubblica.
Si parlava più del “bunga bunga” che delle necessità della Nazione e si cercava ad arte di costringere il più volte premier Berlusconi e il centrodestra ad investire le loro energie nella guerra politica-magistratura, mettendo in secondo piano riforme e propositi di cambiamento. Dal retroscena di Alessandro Sallusti sembrerebbe che qualcuno, situato nella stessa barricata dei vessatori del Cav, voglia tornare a mestare nel torbido, questa volta per provare a bloccare il cammino di Giorgia Meloni, che governa dal 2022, lo fa nel migliore modo possibile, ottenendo successi dimostrati e dimostrabili, non è ancora andata incontro ad una crisi di popolarità e, caspita, deve essere ostacolata con armi diverse da quelle consentite dal confronto democratico. La premier non ha mai posseduto aziende, non ha mai gestito grandi patrimoni e non è di casa presso il jet set nazionale e internazionale, pertanto, anche a voler cercare il pelo nell’uovo, è impossibile azzardare qualche inchiesta-show sulla sua pelle.
L’idea è allora quella di scagliarsi contro i suoi cari, come sospetta Sallusti il cui allarme è stato giudicato verosimile dalla numero uno di Palazzo Chigi, e la prima che si vorrebbe colpire è la sorella maggiore Arianna. Non si pensi che quest’ultima sia vulnerabile ed attaccabile in qualche modo a livello giudiziario, ma, se si realizzasse davvero ciò che teme il direttore de Il Giornale, i campioni del giustizialismo politico, non potendo sporcare l’immagine di Giorgia Meloni, dovrebbero iniziare da una parte o dall’altra per mettere i bastoni fra le ruote al Governo e magari persuaderlo ad andarci piano con alcune riforme come quella riguardante la Giustizia. Senza dubbio eventuali indagini a carico di Arianna Meloni sarebbero solo uno spreco di soldi pubblici, infatti, l’inquietudine generata dal retroscena di Alessandro Sallusti non è relativa a ciò che potrebbe venire fuori circa ipotetici reati commessi dalla sorella della premier, bensì è legata alle tentazioni sovversive di coloro i quali non cambiano mai nonostante il trascorrere degli anni e continuano a preferire la demolizione dell’avversario scomodo tramite i Tribunali ad una lotta pulita sul ring elettorale.
Arianna Meloni non ha incarichi nel Governo e non è nemmeno parlamentare, bensì è un’impiegata precaria della Regione Lazio, (precaria e la “potente” sorella premier non è stata nemmeno capace di assicurarle un posto fisso). Ricopre sì un ruolo in Fratelli d’Italia, è responsabile per il tesseramento e la segreteria politica del partito, ma esso non le permette, come vorrebbero cercare di dimostrare i possibili mestatori di melma preconizzati da Sallusti, di partecipare alle riunioni e alle decisioni del Governo circa le nomine di amministratori in società pubbliche o a partecipazione statale. L’immagine di Arianna Meloni come figura ombra del Governo, in realtà più influente e decisiva della sorella Giorgia, non sta in piedi e se dovessero mai partire delle indagini, si tratterebbe di un’inchiesta ridicola avente, in maniera palese, il solo obiettivo di creare problemi politici al Presidente del Consiglio.
Ma le sorelle Meloni sono state abituate fin dall’adolescenza a superare tante difficoltà e non si lasceranno senz’altro intimidire dai soliti e già conosciuti maneggioni che spaziano dalle Aule giudiziarie alle segreterie di partito e alle redazioni di giornali. Anzi, come migliore risposta all’utilizzo pernicioso della Giustizia, il Governo Meloni andrà avanti ancora più spedito nel proprio percorso riformatore. In conclusione, sarebbe anche ora di farla finita con gli attacchi politici che pretendono di descrivere Fratelli d’Italia come un partito a gestione familiare. Matteo Renzi, per ora via social e non tramite qualche toga amica, si è lanciato anch’egli in un’aggressione politica nei confronti di Arianna Meloni, ribattezzando FdI come Parenti d’Italia. Il leader di Italia Viva e i suoi genitori qualche grana giudiziaria l’hanno avuta davvero e da destra nessuno si è permesso di cavalcare politicamente i guai della famiglia Renzi, ma l’ex premier abbia almeno la decenza di evitare determinati scivoloni.
I legami familiari a destra, anche se non vi è il bisogno di fornire particolari giustificazioni a Matteo Renzi e ad altri, sono dovuti ad una militanza che ha sempre occupato tutto il tempo libero dei protagonisti di una precisa comunità umana, e tante relazioni, di amicizia e pure d’amore, sono scaturite negli ambienti di partito, da Fratelli d’Italia a Alleanza Nazionale, sino all’antico Movimento Sociale Italiano. Arianna Meloni e Francesco Lollobrigida si sono conosciuti proprio durante incontri giovanili e riunioni politiche. Per esempio, Gianfranco Fini conobbe la prima moglie, Daniela Di Sotto, in una delle sedi del MSI. Per il resto, Fratelli d’Italia ha già dimostrato e sta dimostrando in continuazione di essere composto da tanti nomi e da tante famiglie, da una comunità di giovani e meno giovani, da una classe dirigente che sta governando oggi l’Italia e da una folta e preparata schiera di ragazze e ragazzi che non mancheranno in futuro di prendere in mano le redini della Nazione.