Gli ultimi rantoli di una parte malata dell’Italia 

Per spiegare lo stato dell’arte del conflitto politico in Italia non serve produrre analisi chilometriche perché è tutto abbastanza chiaro e rapido da descrivere. Da un lato, piaccia o meno ad alcuni, c’è una coalizione di centrodestra, trainata dai conservatori e patrioti di Giorgia Meloni, che sta governando la Nazione, dopo aver vinto in modo limpido alle elezioni politiche del 2022, e lo sta facendo con unità ed efficacia. Dall’altro, vi è una serie di forze di opposizione, di centrosinistra e di sinistra-sinistra, che mancano di leadership accattivanti, non riescono ad incidere e a spostare voti, fanno parecchia fatica ad unirsi e, insomma, per una evidente debolezza strutturale sono destinate a rimanere minoranza nel Paese e a non potere così creare particolari grattacapi al Governo Meloni e alla maggioranza che lo sostiene.

Tuttavia, queste opposizioni, in particolare il Partito Democratico che è un nipote del Partito Comunista Italiano, pur essendo diventati deboli, godono ancora di agganci presso alcuni poteri deviati dello Stato come quella fetta di magistratura politicizzata e l’ANM, (Associazione nazionale magistrati), la quale, invece di attenersi al ruolo che le è proprio, ossia, quello del sindacato della categoria, fa politica sic et simpliciter. Quando gli iscritti alla ANM abbandonano l’aula dove sta parlando il ministro della Giustizia in occasione della inaugurazione dell’Anno Giudiziario, e compiono un palese gesto di sfida verso un rappresentante delle Istituzioni repubblicane, cosa fanno se non politica? La scassata sinistra cerca di trarre vantaggio dalla perversa commistione con determinate toghe che interpretano la legge a fini di parte e non la applicano nella sua interezza come dovrebbero.

Questo intreccio cancerogeno, come si sa, arriva da molto lontano, dalla Prima Repubblica della spartizione del potere consociativo fra la Democrazia Cristiana e il PCI, (ai democristiani il governo quasi eterno e ai comunisti la cultura, il mondo dello spettacolo e, appunto, la Giustizia). Tutt’oggi, i compagni di Elly Schlein provano ad avvalersi delle amicizie delle quali dispongono in certe Procure per frenare e danneggiare il cammino politico di Giorgia Meloni, il cui consenso popolare, già consistente dal 2022, è in ulteriore crescita, quindi, appare difficile per le sinistre minare il Governo con le armi convenzionali della democrazia. Come dicevamo all’inizio, il quadro politico dell’Italia del 2025 è tutto sommato ben decifrabile ed è il seguente: la destra, legittimata dal voto, lavora a Palazzo Chigi mentre la sinistra dei buoni a nulla si rivela incapace di svolgere il proprio mestiere e chiede aiuto ai suoi amici magistrati, i quali prontamente accorrono sia per dare una mano ai loro riferimenti in Parlamento che per non smettere di promuovere un loro preciso disegno politico di conservazione dei privilegi di casta, davanti al Governo Meloni che deve essere intimidito in qualche modo perché osa riformare la Giustizia.

Peccato, per tutto questo mondo, che non sia facile mettere i bastoni fra le ruote di questo Governo per via giudiziaria. Giorgia Meloni non è ricattabile in alcun modo e questo è vero non solo perché lo afferma la diretta interessata, bensì si tratta di un dato di fatto che tutti, chi ci lavora da vicino e chi osserva la premier da una maggiore distanza, hanno potuto constatare fino ad oggi. La premier Meloni non possiede aziende, non dispone di grandi patrimoni da gestire, non è milionaria e non partecipa a cene e feste esclusive. La sua vita, se vogliamo giudicarla da un certo punto di vista che contempla il dovere, ma anche il meritato piacere, appare perlopiù stancante e finanche un poco noiosa, divisa com’è fra Palazzo Chigi e i frequenti viaggi all’estero svolti per ragioni istituzionali, non certo per fare il bagno al mare a Dubai o in Florida.

Il pochissimo tempo libero viene dedicato, come è naturale che sia, alla figlia Ginevra. In ogni caso, la macchina politico-giudiziaria non demorde e si inventa assurdi procedimenti per tentare di impaurire il Presidente del Consiglio e comprimere l’azione del Governo. Abbiamo assistito al tentativo, delle solite toghe rosse e dei fautori della immigrazione senza regole, di far desistere il Governo dall’utilizzo dei centri per migranti in Albania con le arbitrarie decisioni di alcune Procure circa l’immediato ingresso in Italia di persone condotte nelle strutture di accoglienza italo-albanesi. Ma, come è successo ai processi a carico di Matteo Salvini, finiti con l’assoluzione piena dell’imputato, anche tali furbate dei Giudici si sono rivelate un flop. L’Europa, a cominciare da Ursula von der Leyen, ritiene che sia da seguire l’esempio italiano degli hub dedicati ai migranti irregolari e i centri in Albania sono tornati ad essere pienamente operativi.

Visto che però al peggio e alla irresponsabilità di un certo mondo politico-giudiziario non c’è limite, adesso siamo agli avvisi di garanzia e alle indagini a carico del Governo Meloni per la scarcerazione e il ritorno in Libia del malfamato carceriere Almasri, il quale è peraltro rientrato in Patria grazie ad una decisione della stessa magistratura mentre la premier Giorgia Meloni e i ministri indagati non hanno davvero toccato palla in questa storia. Comunque, come ha detto il ministro Matteo Piantedosi, Almasri è stato rimpatriato in quanto soggetto pericoloso. Vengono accusati di favoreggiamento e peculato nella vicenda Almasri la premier Giorgia Meloni, il ministro della Giustizia Carlo Nordio, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, il sottosegretario Alfredo Mantovano. La Procura mittente è quella di Roma e il procuratore è Francesco Lo Voi, guarda caso lo stesso che ha messo Salvini sotto processo con la risibile accusa di sequestro di persona. La Procura di Roma si sarebbe mossa in base ad una denuncia presentata dall’avvocato Luigi Li Gotti, noto ex politico di sinistra molto vicino a Romano Prodi e conosciuto per avere difeso celebri pentiti di Cosa Nostra come Buscetta e Brusca, oltre ad altri mafiosi.

L’Associazione nazionale magistrati, con vomitevole ipocrisia, minimizza, parla di atto dovuto e non ravvisa neppure gli estremi di veri e propri avvisi di garanzia. Balle! Già soltanto i nomi di Lo Voi e Li Gotti dicono tutto e raccontano di un ennesimo tentativo di uso politico della Giustizia, per non dire l’ennesima porcata frutto della commistione sinistra-magistratura. Siamo davanti ad un atto voluto e non dovuto finalizzato in maniera palese ad avvelenare il clima politico e a minacciare il Governo durante la discussione al Senato inerente, guarda un po’, proprio la riforma della Giustizia e la separazione delle carriere dei magistrati. Per fortuna, Giorgia Meloni non è ricattabile e non si lascia intimidire facilmente, e lo stesso vale per gli altri ministri del Governo. Anzi, questi avvisi di garanzia saranno uno stimolo a proseguire con maggiore velocità verso il completamento della riforma della Giustizia, condivisa dagli italiani e avversata solo da una parte malata della Nazione, un mondo che vede scomparire i propri iniqui privilegi e sta avendo gli ultimi rantoli.

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Roberto Penna
Roberto Penna
Roberto Penna nasce a Bra, Cn, il 13 gennaio 1975. Vive e lavora tuttora in Piemonte. Per passione ama analizzare i fatti di politica nazionale e internazionale da un punto di vista conservatore.

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