Sul Green Deal, l’Europa si sta lentamente svegliando. O meglio, i Paesi europei, sotto la spinta italiana e del Governo Meloni che, fin dal suo insediamento, ha espresso la chiara e netta contrarietà alle politiche green imposte da Bruxelles, dallo stop della produzione di motori termici a partire dal 2035 (da dopodomani, insomma) alle enormi sanzioni per gli sforamenti di Co2 delle aziende e per le vendite di vetture elettriche, che hanno al momento numeri molto bassi. “Mantenere competitiva l’Europa nei settori produttivi chiave, sostenere il percorso delle industrie energivore verso la transizione green, raggiungere l’autonomia strategica del Continente e fermare la delocalizzazione delle industrie. Con questi obiettivi – ha fatto sapere il Ministero delle Imprese e del Made in Italy a fine anno – l’Italia, con Austria, Bulgaria e Polonia, ha presentato alle istituzioni europee il non-paper relativo alla revisione del Meccanismo di Adeguamento del Carbonio alle Frontiere (CBAM), che prevede la tassazione delle importazioni da Paesi extra-UE con regolamentazioni climatiche meno rigorose, calcolata in base alla quantità di CO2 incorporata o emessa per la produzione dei beni”. Una revisione, secondo il titolare del Mimit, Adolfo Urso, “necessaria per non compromettere la competitività dell’industria europea e tutelare il lavoro. Anche questa volta, come per il non paper auto, l’Italia è in prima linea”.
Anche Scholz protesta contro l’Ue
L’Italia è in prima linea e gli altri Stati membri la seguono. A unirsi ai governi che chiedono una svolta all’Europa, c’è nientemeno che la Germania, con herr Olaf Scholz in persona. Persino il cancelliere socialista, alle prese con una crisi industriale senza precedenti per la Germania che colpisce soprattutto il settore dell’automotive, non ne può dell’incertezza data dalle politiche europee. Scholz ha rivolto una lettere alla Commissione europea per chiedere proprio maggiore chiarezza, contro l’incertezza creata “tra i produttori automobilistici e i consumatori. Questa incertezza – ha scritto il cancelliere – sta causando una riduzione degli acquisti, danneggiando i produttori e la crescita della mobilità elettrica nel suo complesso. È quindi necessario fornire rapidamente chiarezza sul futuro orientamento dell’Unione europea riguardo alla mobilità elettrica”. Per Scholz, “non è accettabile che proprio le aziende che investono massicciamente in tecnologie di propulsione pulite siano indebolite da sanzioni finanziarie durante la trasformazione. Invece, sono necessari maggiori investimenti nella mobilità elettrica anche a livello europeo e un’offensiva paneuropea per sviluppare l’infrastruttura di ricarica in tutti gli Stati membri”.
Il calo dell’automotive in Europa e la concorrenza cinese
Rinsavite dalla realtà dei fatti, anche le sinistre europee pian piano si stanno accorgendo che qualcosa non va. La protesta negli stabilimenti della Volkswagen è scoppiata già mesi fa, dopo i tagli a personale e stipendi previsti dalla casa automobilistica tedesca, perno indiscusso dell’industria della Germania. In Italia la situazione non è tanto migliore, Stellantis è in crisi da tempo, anche se l’addio di Carlos Tavares ha probabilmente aperto una nuova era di responsabilità, con la nuova organizzazione che, stilando il “piano Italia”, ha promesso “un comportamento e un’attenzione più responsabile” nei confronti del nostro Paese. Anche i sindacati, dopo un primo periodo di latitanza, sembrano intenzionati a fare sul serio e a portare la loro protesta a Bruxelles: “La produzione italiana è stata in continuo peggioramento da inizio 2024, raggiungendo cali nelle auto dal 21% al 70%. Per non parlare dell’aumento dell’utilizzo di ammortizzatori sociali e delle chiusure anticipate a fine anno” ha dichiarato Ferdinando Uliano, leader di Fim Cisl. Numeri che le industrie non possono più permettersi, specialmente nel confronto con chi sfrutta la forza di un’industria più avanzata sull’elettrico, costi inferiori per ragioni – per così dire – storiche e mancanza di vincoli superiori. La Cina e la sua concorrenza sleale sta ammazzando la nostra industria e finalmente qualcuno se ne sta accorgendo.