Mezza Europa (anzi, molto di più) sta facendo marcia indietro sulle politiche green. Il motivo? Hanno un peso schiacciante sull’industria e sull’economia dei singoli Stati e, ovviamente di conseguenza, su quelle del continente intero. Continente che era già indietro in troppi settori (tutti quelli che oggi contano, in realtà) rispetto a nostri diretti competitors, come la Cina, ma anche rispetto ai nostri alleati d’oltreoceano, negli Stati Uniti. A complicare una situazione già complessa, dunque, le vessatorie clausole di un Green Deal “spinto”, secondo le indiscrezioni lanciate dal De Telegraaf, da lobby finanziate proprio dalla passate Commissioni europee. Associazioni milionarie che così avrebbero portato politici e opinione pubblica dalla loro parte. Soltanto che, dopo anni di fallimenti e di un calo pesante di produttività, la realpolitik inizia a tornare e persino i più grandi sostenitori di quelle politiche, come i governi di Francia e Germania, hanno fatto più di un passo indietro, chiedendo ufficialmente all’esecutivo Ue di rallentare per permettere alle rispettive industrie di respirare.
Un controsenso che solo la sinistra poteva regalarci
Anni di follie green, sotto i governi verdi e rossi che hanno avuto il potere in questi ultimi lustri. E se può sembrare un paradosso che Paesi guidati dalle sinistra abbiano fatto dei passi indietro (in questo caso, è più corretto dire che solo gli stolti non cambiano idea), il vero paradosso sta in chi, ancora difendendo quelle politiche a spada tratta, vorrebbe ergersi ugualmente a difensore di quell’industria e degli operai che ne sono usciti martoriati. Questa è l’ipocrisia della sinistra, di Partito democratico, Movimento Cinque Stelle, Alleanza Verdi e Sinistra, i cui eurodeputati hanno partecipato a una manifestazione a Bruxelles in difesa della classe operaia. In pratica, puntavano il dito contro il palazzo che hanno occupato per anni. Un’ipocrisia fatta notare da Carlo Fidanza, vicepresidente dei Conservatori europei di Ecr e capodelegazione di Fratelli d’Italia al Parlamento europeo: “La presenza degli eurodeputati del Pd oggi in piazza a Bruxelles al fianco dei lavoratori dell’industria – ha fatto sapere l’eurodeputato in una nota – è una vera e propria presa in giro. A manifestare c’erano i lavoratori dell’automotive, della siderurgia, della chimica e di altri settori il cui tratto comune è di essere stati massacrati dalle eurofollie green votate con entusiasmo dall’allegra brigata Timmermans nella scorsa legislatura”. Dunque è chiaro: pensavano di fare cosa gradita, ma per difendere davvero i lavoratori dovrebbero protestare contro loro stessi, contro le politiche che loro stessi hanno attuato. Un controsenso enorme che solo la sinistra poteva regalarci. “È incredibile – ha aggiunto per l’appunto Fidanza – la faccia tosta di chi ha sostenuto tutte le politiche suicide, che rischiano di portare l’Europa alla desertificazione industriale e alla perdita di un’enorme quantità di posti di lavoro, e oggi si lava la coscienza rivendicando misure compensative per l’industria e per i lavoratori che ha sacrificato sull’altare dell’ideologia ultra-ambientalista. I lavoratori europei non si faranno ingannare”.
In realtà Fidanza, e con lui il co-presidente di Ecr, Nicola Procaccini, avevano già chiarito come stanno le cose sul perché l’Europa fa fatica a essere competitiva: “La verità è che, se oggi l’Europa è disgregata, marginale, indecisa e impaurita di fronte all’America di Trump, è proprio a causa delle ricette ideologiche che i Socialisti europei hanno imposto nell’agenda europea negli scorsi anni, a partire dal fallimentare Green Deal di Timmermans”. Per una ripresa dell’industria, poi, la proposta della sinistra è sempre la stessa: lo sperpero di fondi pubblici: “La risposta alla crisi del settore – hanno risposto gli eurodeputati di Fratelli d’Italia – non è stanziare risorse pubbliche per pagare la cassa integrazione ai futuri disoccupati della transizione elettrica, ma garantire quella neutralità tecnologica che consentirebbe ai produttori di continuare a investire su tutte le tecnologie utili a decarbonizzare e alla filiera del motore termico di continuare a funzionare senza ricadute sociali”.