Il nucleo paramilitare di Hezbollah ha giurato vendetta dopo l’esplosione di alcuni cercapersone in possesso dei militanti sciiti a Beirut martedì: 18 persone sono rimaste uccise, mentre altre 4000 hanno subito il ferimento. L’attacco è stato immediatamente condannato dal Ministro dell’informazione Ziad Makary, il quale l’ha definita un’aggressione di matrice israeliana e quindi lo Stato ebraico dovrà aspettarsi una “giusta punizione” per quanto accaduto. Nel frattempo nessun organo israeliano sembra aver smentito la notizia, dalla Knesset in poi sembra che la parola d’ordine sia il silenzio. Il vaso ormai trabocca da molto tempo incessantemente, solo che dall’orcio non esce acqua ma sangue. Il cruore non solo di chi combatte, ma anche agli innocenti che malauguratamente si trovano sul percorso. Fare i conti con le azioni non sembra però essere una priorità diffusa, specialmente dopo il rifiuto dell’IDF nel rispondere ad alcune domande sulle detonazioni. Importante è la testimonianza anonima di un dirigente sciita riportata da Reuters: il soggetto in questione ritiene che questa sia “la più grande violazione di sicurezza” per il nucleo in un anno di conflitto con Israele. Quelli del Mossad non sono sprovveduti, questa è una notizia risaputa, basti pensare al modo in cui sono riusciti a fare fuori il precedente Capo politico di Hamas, Ismail Haniyeh.
Tra le notizie più sconcertanti c’è quella che vede Israele coinvolta nell’inserimento dell’esplosivo nei dispositivi Gold Apollo, utilizzati dai protagonisti rimasti coinvolti nella tragedia. Gli apparecchi erano stati ordinati da una società taiwanese con sede in Ungheria: tutto fa pensare ad una meticolosa operazione di intelligence. L’inchiesta su quanto avvenuto è stata riportata anche dal New York Times. Nel frattempo gli Stati Uniti d’America hanno precisato di non essere a conoscenza dell’operazione e soprattutto di non essere stata coinvolta in quanto accaduto fino a questo momento. L’obiettivo degli USA ora non è più solo quello di stabilire una tregua a Gaza come mediatore, ma anche quello di agire contemporaneamente per frenare eventuali escalation da parte dei paesi arabi ostili ad Israele, ma soprattutto cercare un punto d’accordo per una tregua anche in Libano. Se per Gaza ancora non si è riusciti ad arrivare verso una soluzione comoda per tutti, non c’è da riporre fiducia nel fatto che gli americani possano riuscire a mantenere in stand-by altre situazioni parallelamente gravi come questa. Appoggiare il Governo di Gerusalemme sta diventando un’impresa per tutti gli stati occidentali e non è di certo un’informazione che ci coglie di sorpresa. In molti hanno manifestato preoccupazione per le decisioni prese da Benjamin Netanyahu per arginare Hamas. Tra l’altro queste si sono rivelate fallimentari, visto che non è minimamente riuscito ad ottenere i risultati sperati, sporcandosi le mani di sangue dopo l’incapacità di fermare il conflitto e riportare a casa gli ostaggi nelle mani dei jihadisti.
L’allerta è scattata anche all’interno del nostro continente, sebben fosse già attiva da tempo: Air France ha infatti deciso di interrompere la tratta Parigi-Beirut in seguito agli ultimi eventi. Già da tempo il Ministro della difesa italiano Crosetto, si è preoccupato per le sorti dei soldati italiani presenti sul territorio libanese. Da tempo gli stati europei manifestano preoccupazione per ciò che sta accadendo a Gaza e nell’intero cortile mediorientale, molti di questi però hanno una limitata voce in capitolo.
Ancora troppo difficile sapere se un conflitto a lungo raggio possa verificarsi: il nucleo di Hezbollah ha chiarito che un’escalation non sia nei suoi piani, ma non rinuncerà alla battaglia transfrontaliera fin quando a Gaza non cesserà di sussistere la presenza militare israeliana. Un ampliamento del conflitto su scala mediorientale farebbe sprofondare la regione araba nel caos più totale, da quel momento in poi sarebbe quasi impossibile mediare tra le parti per giungere ad un accordo. Israele è sotto i riflettori del mondo intero da mesi, mentre con il passare del tempo le responsabilità delle sue azioni si fanno sentire sempre di più nella mente di chi le commissiona.