I conservatori britannici hanno una nuova leader. Nera e anti-woke

Il Partito Conservatore di Sua Maestà, i Tories del Regno Unito, si è dovuto dare un nuovo corso e una rinnovata leadership dopo la batosta elettorale subita il 4 luglio scorso, che ha riportato dopo 14 anni i laburisti, ora guidati dal premier Keir Starmer, al governo. Le democrazie anglosassoni sono caratterizzate da un certo rigore che non concede sconti e troppe proroghe a chi viene bocciato dal corpo elettorale, e gli sconfitti devono farsi da parte, almeno per un periodo o anche a tempo indeterminato. Perciò, è stato inevitabile che colui il quale si trovava al timone dei conservatori al momento della loro piuttosto seria debacle, l’ex primo ministro e capo Tory Rishi Sunak, abbia poi dovuto pagare pegno e fare un passo indietro o quantomeno di lato. Il Partito Conservatore ha eletto alla propria guida la 44enne Kemi Badenoch, ex ministro dell’Industria nell’esecutivo Sunak, la quale incarna una figura politica molto interessante che pare possedere tutti i requisiti per lasciare il segno nelle vicende d’Oltremanica e finanche globali, sebbene sia stata appena nominata. Nata a Wimbledon da una coppia di medici nigeriani, la neo-leader Tory è naturalmente di pelle nera, è afro-britannica insomma, ma, oltre ad essere una conservatrice a 360 gradi che intende attualizzare gli insegnamenti di Margaret Thatcher, dare battaglia alla teoria del gender e lavorare affinché il Regno Unito rimanga nel solco della scelta compiuta con la Brexit, condivisa da Kemi Badenoch sin dall’inizio, rifiuta in modo netto la pseudo-cultura woke, la cancel culture diffusasi in Occidente tramite i maneggi di alcune elite che hanno cavalcato e strumentalizzato la morte di George Floyd, l’afroamericano ucciso nel 2020 a Minneapolis, Minnesota, da un agente di polizia bianco durante un arresto. Il poliziotto riconosciuto responsabile del decesso di Floyd si trova in carcere, condannato a 22 anni di reclusione, e sarebbe stato normale e sensato fermarsi alla evidentemente necessaria imposizione di una pena detentiva a carico dell’ormai ex agente colpevole. Invece, dalla drammatica vicenda è partito un processo sommario e ideologico a tutta la società occidentale, nordamericana ed europea, bianca e cristiana. Un singolo dipendente della polizia di Minneapolis ha sbagliato, ma, secondo i teorici della moda woke, che hanno dato vita ad una sorta di inquisizione dopo la fine di George Floyd, dobbiamo sentirci tutti colpevoli e vergognarci di ciò che siamo. Ricordiamo gli stucchevoli inginocchiamenti mediatici di calciatori, conduttori televisivi e parlamentari di sinistra, molti dei quali, ahinoi, italiani. Quei settori dell’Occidente che dai tempi di Papa Benedetto XVI, il quale denunciava l’avanzare del relativismo, agiscono quasi come infiltrati nel mondo cristiano per conto di altre civiltà, visto che pretendono l’annullamento delle radici e della identità sia del Vecchio che del Nuovo Continente, ma si guardano bene dall’esortare, per esempio, le società islamiche a farla un po’ finita con le loro vetuste tradizioni, hanno preso la palla al balzo, il caso di George Floyd appunto, per minare ancora e sempre di più le fondamenta storiche, culturali e religiose della civiltà giudaico-cristiana. I popoli occidentali, soprattutto quelli di carnagione chiara che hanno l’ardire, pensate un po’, di richiamarsi tuttora al Cristianesimo, devono iniziare a disconoscere i loro Padri e la loro Storia per raggiungere una caratterizzazione grigia e ibrida, poi facilmente manipolabile da chi invece, nel mondo, non arretra di un millimetro rispetto ai propri dogmi. Tutto deve essere fluido e acquisire una certa banalità, inclusi, non dimentichiamocene, il ruolo della famiglia tradizionale e la sessualità degli individui. Grazie a Dio, l’Occidente non è soltanto composto da questi poteri, più o meno forti, che ne perseguono in maniera sistematica l’annacquamento, bensì viene difeso da leadership come quella americana di Donald Trump e dai conservatori europei, guidati da Giorgia Meloni e da Fratelli d’Italia, che si battono contro le degenerazioni della pseudo-cultura woke con tutte le energie a loro disposizione. E l’azione di contrasto verso la cancel culture della nuova leader dei Tories Kemi Badenoch assume un significato importantissimo che spiazza le fandonie della propaganda liberal e radical-chic. Intanto, viene meno la divisione manichea operata dal mainstream, ovvero, da una parte vi sarebbero il mondo “normale” e tutti i neri del pianeta al seguito del movimento “Black Lives Matter”, e dall’altra, nemmeno i conservatori, ma pochi reazionari bianchi, di fatto razzisti, anche se non dichiarati, e magari nostalgici dell’apartheid sudafricana e del colonialismo d’antan. Kemi Badenoch è un’anti-woke che può essere tutto tranne che razzista, anche perché giungerebbe a praticare una sorta di xenofobia su sé stessa essendo più nera e “afro” di Martin Luther King. La numero uno del Partito Conservatore britannico dimostra come sia stata fatta finora solo una becera e interessata propaganda sulle spalle di George Floyd, ormai defunto e impossibilitato a dire la propria, e che non tutti gli afro-americani, afro-britannici e neri in generale, credono che l’Occidente e la sua popolazione bianca debbano autoliquidarsi per combattere le discriminazioni. La leader conservatrice è altresì un esempio di eccellente integrazione e costituisce proprio quanto vogliono da sempre i conservatori occidentali. Siano essi trumpiani o meloniani, i conservatori non nutrono affatto alcuna diffidenza verso le diversità, come racconta invece la vulgata radical-chic, ma chiedono che coloro i quali arrivano, per così dire, da fuori rispettino l’identità dell’ospitante, non pretendano di trasformarla a loro piacimento e se ne sentano anche parte. Kemi Badenoch ha amato così tanto la Nazione che ha accolto i suoi genitori provenienti dalla Nigeria da essersi spesa addirittura nella cosa pubblica e potrebbe diventare la prima premier nera della Storia del Regno Unito. Giorgia Meloni ha avuto un buon rapporto con l’ex primo ministro conservatore Rishi Sunak, ma troverà altrettante ed ulteriori convergenze con la caparbia Kemi. 

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Roberto Penna
Roberto Penna
Roberto Penna nasce a Bra, Cn, il 13 gennaio 1975. Vive e lavora tuttora in Piemonte. Per passione ama analizzare i fatti di politica nazionale e internazionale da un punto di vista conservatore.

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