I dem non demordono e riportano il salario minimo in Aula

Il PD ci riprova col salario minimo. Un tormentone tornato in voga a sinistra dopo ben dieci anni di silenzio, dieci anni in cui la sinistra e il PD sono stati al governo ma nulla hanno fatto sul tema. E una volta perse le elezioni e salito il centrodestra a Palazzo Chigi, si è pensato di riproporre l’argomento, gettandolo in pasto a giornali d’area e responsabili all’informazione per creare la narrazione del governo avverso ai poveri, da legare all’eliminazione del Reddito di Cittadinanza. Il PD ci riprova anche sul tema della precarietà, battaglia sacrosanta se non fosse che: in dieci anni la sinistra ha pensato a mantenere chi non lavorava piuttosto che tutelare chi aveva un lavoro; il governo Meloni sta ottenendo ottimi risultati in questo senso; la lotta alla precarietà può subire degli effetti avversi proprio dal salario minimo.

“La mozione – fa sapere il gruppo parlamentare alla Camera del PD, spiegando il contenuto della mozione “Primo maggio” – impegna il governo a un tempestivo confronto con le parti sociali per definire una nuova strategia in materia di lavoro nel nostro Paese, che metta al centro la buona e stabile occupazione, il contrasto a ogni forma di precarietà e l’incremento della partecipazione al lavoro, con particolare riguardo per le donne e i giovani”.

Non è bastato, a quanto pare, il fermo no al salario minimo arrivato già nei mesi scorsi da parte della maggioranza, che aveva fatto notare l’ipocrisia di una sinistra che, non solo negli anni passati è rimasta inerte sul tema, ma era addirittura contraria, con vari sindacati che oppugnavano la proposta. Sindacati che ora propongono mobilitazioni generali per il salario minimo quando, però, continuano a chiudere contratti a 5 euro l’ora.

Insomma, la classica ipocrisia della sinistra che neppure riconosce gli ottimi risultati del governo in fatto di lavoro. Risultati che, almeno su carta, sarebbero dovuti essere propri di coalizioni di sinistra, che storicamente si pongono a favore dei lavoratori. Nel solo 2023, i posti di lavoro sono aumentati di 552 mila unità, i redditi sono aumentati grazie alla riforma fiscale e di conseguenza anche il potere d’acquisto delle famiglie. Inoltre, il rischio di povertà è calato di due punti percentuale, la redistribuzione dei salari è più equa e la povertà assoluta è stabile nonostante la forte crescita dell’inflazione. In questo momento particolarmente favorevole per la Nazionale, specialmente in relazione alla stagnazione che stanno vivendo le altre potenze europee e mondiali, l’introduzione del salario minimo potrebbe, sì, garantire un reddito di base ai lavoratori, ma potrebbe comportare un impoverimento di quelli che, invece, sono già sopra la soglia minima. Si tratterebbe, insomma, dell’ennesima misura statalista sulla scia del Reddito di Cittadinanza: garantire poco a qualcuno e impoverire tutti gli altri.

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