Inutile negare: il Movimento 5stelle non ci ha mai convinto, non ci è mai piaciuto e non perché non siamo favorevoli al cambiamento, perché vedere gente giovane al comando ci possa sconvolgere, o perché pretendiamo che siano sempre gli stessi tromboni a dettare legge. Molto più semplicemente perché, anche a volerli ascoltare, quelli del Movimento dicono sempre tutto e il contrario di tutto, e quindi l’unica cosa che sono capaci di creare senza problemi è la confusione.
Prendiamo una giornata qualunque come oggi, ma potrebbe essere ieri o domani. Le notizie ci sono, anche importanti, ma niente di nuovo o che possa sconvolgere. Sono momenti per l’accordo, per lo studio, per dirimere problematiche lì dove ci sono, per risolvere grandi temi. Da tenere impegnate anche le menti più belle, sottili e sopraffine, figuriamoci qualche mandriano, scrittori compulsivi di social, barricadieri del sabato pomeriggio da quando hanno smesso con la discoteca per sopraggiunti limiti di età. E invece no, non basta. Così il capo supremo del Movimento, colui che – tanto di cappello – primo nella storia d’Italia è riuscito a far pagare il biglietto d’ingresso ai suoi strampalati ma divertenti comizi, Beppe Grillo, si fa fotografare e compare su tutte le testate giornalistiche del paese con la faccia coperta da una maschera di ferro, e sotto la didascalia che più o meno recita così: “Dove stiamo andando? Non sappiamo più chi siamo”, e di seguito un drammatico video messaggio che mette in discussione il futuro dell’umanità destinata a sottomettersi alle macchine, come in un cupo “terminator” alla genovese. Ma non basta, ce n’è pure per la politica, perfino la sua. “Non sappiamo dove andiamo, cosa facciamo e che cosa stiamo pensando. Aspettiamo questo Godot… che non arriverà mai…” Consolante da ascoltare dal capo di un partito che abbiamo appena mandato al governo, e che rivendica l’idea di gettare a mare tutto il pregresso per sostituirlo con “il nuovo”.
A questo punto, lasciamo stare il capo in testa, e andiamo a dare un’occhiata al “capo operativo”, quel Luigi Di Maio così simile a un manichino della Rinascente – detto senza offesa, ma solo per dare l’idea di una persona sempre perfettamente in ordine, magari un po’ troppo – che però, da quando ha scoperto di avere l’uso della parola, non ha mai più trovato un minutino per starsi zitto. Anzi, no, non è vero. C’è stato anche quando ha taciuto, giusto in corrispondenza a un paio di casini commessi dal padre con la società di famiglia, qualche operaio pagato in nero, una specie di “villetta” abusiva, con relativa piscina sempre abusiva ma sia chiaro, niente di faraonico, lussuoso, nemmeno bello.
Lo diciamo chiaro: siamo assolutamente contrari a fare politica massacrando i parenti. E’ una cosa barbara, brutta, che sa di ricattucci, meschinerie e cattiverie. Che ognuno venga chiamato a rispondere dei suoi peccati, non certo di quelli del padre, o del nonno, e nemmeno del figlio. Ma allora, perché accanirsi tanto con la povera Boschi, come ella è corsa a farci notare da ogni pulpito possibile? Perché nessuno ce l’aveva con lei per gli eventuali casini commessi da padre e fratello in Banca Etruria, sempre che mai ci fossero, ma sul fatto che insieme all’allora presidente del consiglio Renzi si erano affannati a volerli scudare, così che non dovessero mai rispondere, sempre che qualcuno li avesse chiamati in causa, per eventuali malefatte.
Per Luigi Di Maio il discorso è diverso, ma diventa quasi uguale quando egli manda il padre a scusarsi in TV per gli eventuali casini commessi. Chi cavolo è questo signor Di Maio di cui nemmeno sappiamo il nome e che legge un foglietto che qualcuno si è affannato a scrivergli dove si cosparge il capo di cenere e scarica responsabilità dal figlio Luigi? Ecco, questo proprio non ci suona bene. Non ne comprendiamo il senso. Ci può interessare quello che fa il vicepresidente del consiglio nonché ministro del Lavoro, ma cosa faccia suo padre saranno affari suoi, e se sbaglia ne risponderà alla legge come qualsiasi altro cittadino italiano, non al popolo, non in TV. Di contro, non possiamo non ascoltare Luigi parlare a Porta a Porta della sua creatura, quel reddito di cittadinanza che proprio non lo vuol capire che è un errore e anche grossolano, e inventarsi la figura del “navigator”, proprio così, Navigator come il titolo del film per bambini di Randal Kleiser (1986). Ma tant’è, non vale la pena nemmeno approfondire, tanto da qui a quando sarà scommettiamo che la figura del “navigator” sarà stata rimpiazzata da qualche altro personaggio onirico di Gigino? Accontentiamoci per ora della tassa ecologica sulle auto spuntata all’improvviso come un funghetto – ma nemmeno troppo “etto” per la verità – dopo un temporale autunnale. Se vogliamo rinnovare il parco auto, dobbiamo mettere mano al portafoglio e più o meno lì dove Macron sta facendo un “macchine ferme”, il Movimento lancia un bel “macchine avanti tutta”, che ci fa venire in mente una qualche sciagura passata, tipo iceberg nella nebbia, o roba così che però scacciamo con fermezza, perché motivi per rovinarci la giornata e il fine settimana già li abbiamo, sono 11, hanno la stessa maglia e vogliamo continuare ad essere concentrati su di loro.
Per concludere, il Movimento 5stelle non ci piace, il governo non sembra fare cose eclatanti a parte non riuscire a trovare la quadra sulla manovra fiscale, il ddl sicurezza è una mezza fregatura, però non possiamo proprio lamentarci, abbiamo il premier più stiloso d’Europa e solo un esecutivo che ha nel suo dna quello di un comico poteva farci ridere tanto…