Sta facendo molto discutere la decisione presa dall’Istituto comprensivo Iqbal Masih di Pioltello, nel milanese, di chiudere per il 10 di aprile, in occasione della fine del Ramadan, nota ricorrenza islamica.
Il preside di questa scuola pubblica, intitolata al bimbo pakistano divenuto un simbolo della lotta alla schiavitù minorile, ha affermato come non vi sia nulla di politico in tale scelta e si è augurato che quanto votato dal consiglio di istituto non vada incontro a polemiche di dimensioni nazionali.
Da Pioltello parlano di una deliberazione improntata semplicemente ad una sorta di pragmatismo perché il 40 per cento degli alunni di quella scuola è di fede islamica, e comunque, le classi sono sempre semi-deserte ad ogni celebrazione della chiusura del Ramadan. Però, con buona pace del preside, il confronto si è fatto subito vivace sui maggiori organi di informazione, e non avrebbe potuto essere altrimenti.
Anzitutto, il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, vuole predisporre delle verifiche a carico dell’Istituto di Pioltello perché spetta all’Ufficio scolastico regionale indicare ulteriori giorni di vacanza per festività, e non, individualmente, alle singole scuole. Oltre al rispetto delle regole, che deve valere anche per la scuola dedicata a Iqbal Masiq, si intravede una forzatura ideologica che in modo inevitabile genera contraddittori, e il preside può cercare di nascondersi fin quanto vuole dietro a ragioni di mera opportunità, ma non si scorge altro che politica. Non da oggi, esistono precisi settori in Occidente i quali vorrebbero cancellare con un colpo di spugna tutto ciò che simboleggia e mantiene vive le radici politiche, culturali e religiose della civiltà europea e anche americana, e se per questo scopo torna utile l’Islam, che non sempre punta alla convivenza, bensì alla sopraffazione sua su tutte le altre religioni del mondo, beh, ben venga il Corano nel Vecchio Continente oppure oltreoceano.
Gli immigrati di religione islamica che mandano i loro figli a scuola sono sicuramente regolari di fronte alla legge, e nessuno ha nulla da ridire, ci mancherebbe, ma non si cerchi di stravolgere il nostro DNA per fare sentire più a loro agio coloro i quali hanno origini diverse da quelle europee e cristiane. Eppure, gli odiatori occidentali della loro stessa casa, i fautori della ideologia woke, cercano di imporre festività islamiche in una Nazione a maggioranza cattolica come l’Italia, e hanno il coraggio di celarsi dietro alla laicità dello Stato quando pretendono di levare i crocifissi dalle pareti delle aule scolastiche. Sono falsi laici perché il vero laicismo, che si può condividere o meno, presuppone semmai l’eliminazione di ogni riferimento religioso dalla scuola pubblica, e non la ghettizzazione del Cristianesimo a favore delle celebrazioni islamiche.
Era inevitabile che su queste pagine si commentasse la gestione islamica della scuola di Pioltello. Mi fa piacere che sia stato tu ad aprire l’argomento.
Personalmente sono per la laicità dello Stato e della Scuola.
Laicità vuol dire rispetto per le confessioni religiose, nella misura in cui rispettano le leggi italiane, e questo per l’islam non accade, ma non trasformazione della scuola in una palestrina dove ogni fede religiosa abbia titolo per essere rappresentata.
Allora faremo anche un giorno di festa per i ragazzi di fede ebraica, perchè no? Sono in Italia da ben maggiore tempo dei musulmani, e sono profondamente integrati nella nostra cultura.
E così via.
Della questione del crocefisso o della festa di Natale è sbagliato farne una questione di parte.
Personalmente, l’ho già detto altre volte, non sono religioso, quindi non ambisco a mettere qualche altra immaginetta nella scuola.
Natale, Pasqua ed altre feste ispirate dalla religione, sono feste religiose in chiesa, ma sono feste civili nazionali in Italia e nella scuola. Piaccia o meno ai musulmani, sono festività nazionali che rispecchiano prima che la religione la nostra cultura e la nostra identità nazionale.
Non facciamone una bandierina di parte.
E così anche per il crocefisso e per altri simboli che in chiesa sono oggetto di culto, nella Scuola e nella società civile sono simboli di valori umani e identità culturale.
Non cadiamo nella polemica woke (adesso sì anch’io trovo giusto chiamarla così).
I valori cristiani e l’identità culturale che nei secoli si è formata in Italia non sono retaggio di parte.
Come non è la stessa cosa la famiglia costruita da un uomo e da una donna (o da una donna ed un uomo, se vogliamo non privilegiare una parte!) rispetto alla convivenza di due persone dello stesso sesso, o di tre o di quattro, che ne so? Queste ultime sono scelte di vita, che nel migliore dei casi hanno a che fare con le libere inclinazioni sessuali ed affettive di ciascuno, ma non sono famiglia, con figli o senza.
Ugualmente sia libero ciascuno di professare la proria religione – ripeto: sempre nel rispetto della legge italiana, ad esempio relativamente alla parità dei sessi, al ruolo della donna, alla formazione dei minori ecc. – ma è un fatto privato, sociale, ma non civile e nazionale.
Con affetto
Alessandro