I nostalgici del Pd: scappano dal voto contro Stalin

Il Pd ha perso di nuovo un’occasione per esprimere la sua contrarietà a tutti i totalitarismi. Ha riproposto, ieri, nell’assemblea del Parlamento europeo, la contraddizione che si cela dietro chi si definisce antifascista ma ha paura di dirsi anticomunista. Proprio quella che ha imbarazzato Saverio Tommasi, volto di Fanpage, ad Atreju: prima rincorreva La Russa chiedendogli se fosse antifascista, poi incalzato dai ragazzi di Siete dei poveri comunisti non ha voluto rispondere alla domanda se lui fosse anticomunista. Capita.

In questa ambiguità bella e buona, naufraga il Pd, lasciandosi anche dondolare dalle onde. Facciamo chiarezza: la risoluzione su cui si votava, proposta per altro dalla gran parte dei gruppi europei, anche dai Socialisti tra cui militano i dem, era inerente alla guerra in Ucraina e si intitolava “Disinformazione e falsificazione della storia da parte della Russia per giustificare la sua guerra di aggressione contro l’Ucraina”. A mandare in tilt europarlamentari del Partito democratico è stata la richiesta di prendere le distanze dall’utilizzo dei simboli dei totalitarismi del Novecento da quelli usati oggi anche dalla propaganda russa. Dunque, come c’è successo con la famosa risoluzione del 2019 che mise sullo stesso piano nazismo e comunismo, anche in questo caso svastiche e falci e martelli venivano equiparati. In più, la risoluzione prevedeva anche di erigere un monumento a Bruxelles in onore delle vittime di tutti i totalitarismi. Inutile dire che proprio questo ha mandato in escandescenza il Pd, un cortocircuito di quelli classici che si vedono spesso a sinistra: la verità è che quando si parla di Unione sovietica, di Stalin, di Lenin, di Marx e magari anche di Mao Tse Tung, a sinistra provoca ancora un certo effetto, forse nostalgia. Una nostalgia tale che gli europarlamentari dem hanno scelto di lasciare l’Europarlamento. Forse anche per non imbattersi nella figuraccia di votare contro a una risoluzione che chiedeva una condanna anche al nazismo. E, se possibile, gli europarlamentari di Alleanza Verdi e Sinistra e Movimento Cinque Stelle hanno fatto anche peggio: hanno votato contro.

Condannare chi sbaglia, è così difficile?

La scusa utilizzata dagli europarlamentari dem è quella classica: “Rifiutiamo l’idea che una risoluzione sulla condanna della attività di disinformazione dell’attuale regime in Russia, valutazione che condividiamo, diventi uno strumento per promuovere ricostruzioni che dobbiamo lasciare agli storici e non al conflitto politico. Non spetta al Parlamento riscrivere la storia dell’Europa e per questa ragione abbiamo deciso di non partecipare al voto su una iniziativa che è diventata strumentale”. Un alibi che non riesce a coprire totalmente la realtà dei fatti, ovvero quella nostalgia che ancora pervade gli ambienti dem quando ci sono di mezzo i padri politici. E in quanto delegazione per così dire ben assortita, tra i dem c’è spazio anche per chi non è d’accordo con l’atteggiamento generale dei colleghi: “Il contenuto della risoluzione approvata – ha detto Paola Picierno – è, a mio avviso, centrale perché per la prima volta si affronta in modo sistematico il substrato culturale nel quale la propaganda putiniana viene divulgata, tramite una saldatura culturale e politica preoccupante che unisce radici totalitarie e autocrazie. Il mio voto sarebbe stato in linea con quello dei Socialisti”. Un’altra rottura interna, su un argomento che all’apparenza dovrebbe essere facile: condannare chi ha fatto del male.

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