Il ddl sulla Autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario prosegue il proprio cammino in Parlamento. Il Senato ha già dato il via libera alla riforma delle autonomie regionali, ed ora, è il turno della Camera dei Deputati, nella quale la Commissione Affari Costituzionali ha espresso un primo ok e si sta affrontando in Aula il disegno di legge firmato da Roberto Calderoli, ministro per gli Affari regionali e le Autonomie. In merito alla questione, il Partito Democratico e il Movimento 5 Stelle hanno alzato da mesi le barricate perché, secondo loro, l’Autonomia differenziata spaccherebbe l’Italia e creerebbe enormi divari, in termini di servizi e prestazioni erogati dagli Enti locali, fra Regioni ricche e meno ricche, accentuando ancora di più quel gap che già separa il Nord dal Sud della Nazione.
Elly Schlein e Giuseppe Conte ritengono che l’Autonomia costituisca il risultato di una specie di baratto intercorso fra Giorgia Meloni e Matteo Salvini. I “centralisti” di Fratelli d’Italia ingoiano il rospo di un nuovo autonomismo locale, e in cambio, i “federalisti” della Lega non fanno mancare i loro voti in Parlamento per il premierato, caro alla destra. PD e M5S hanno in mente di organizzare anche delle manifestazioni di piazza contro il ddl Calderoli, e l’altro giorno alla Camera, così come
avevano già fatto a Palazzo Madama i senatori delle sinistre, i deputati dem e pentastellati, durante la discussione in Aula sulla Autonomia, hanno sventolato il Tricolore a difesa, così tentano di farci credere, di una Nazione che rischia la scomparsa. Le opposizioni sono senz’altro legittimate a contrastare questo ed altri provvedimenti del Governo Meloni, ma farebbero bene a non distorcere la realtà e ad evitare le bugie, che hanno immancabilmente le gambe corte. Se c’è in Italia una classe dirigente che è sensibile all’annoso tema del divario Nord-Sud, quella è rappresentata da Fratelli d’Italia e dal resto del centrodestra, infatti, la riforma della Autonomia differenziata punta ad una gestione migliore e più responsabile dei soldi da parte delle Regioni, di tutte le Regioni d’Italia, ma non elimina il finanziamento dedicato ai Lep, i Livelli essenziali delle prestazioni, che fanno sì che nessun territorio del Paese, anche il più povero e depresso, possa scendere sotto il livello di guardia nella erogazione dei servizi pubblici. Non si è verificato alcuno scambio più o meno inconfessabile fra Meloni e Salvini, ma siamo davanti ad una sintesi classica del centrodestra italiano, che, oggi con Giorgia Meloni, e ieri con Silvio Berlusconi, ha sempre creduto nella bontà di un federalismo bilanciato da un potere esecutivo centrale stabile e autorevole, Presidente della Repubblica o Presidente del Consiglio nel quadro, appunto, del premierato, perché eletto direttamente dai cittadini e non soggetto a ricatti di partiti, partitini e conventicole.
Premierato e Autonomia devono camminare insieme, nel quadro di una riforma complessiva delle Istituzioni repubblicane. Possibile che a sinistra non ricordino più il centrodestra a trazione berlusconiana, animato dal riformismo liberale di Forza Italia, dalle battaglie per il presidenzialismo di Alleanza Nazionale e dalle idee federaliste della Lega Nord di Umberto Bossi? La memoria del PD deve essere un po’ corta anche perché è stato dimenticato persino quanto fatto in passato dai governi di centrosinistra. Il secondo Governo di Giuliano Amato, appoggiato dall’Ulivo, promosse nel 2001 la riforma del titolo V della Costituzione, che ha modificato in maniera radicale il rapporto fra le Istituzioni centrali e quelle periferiche. Se Elly Schlein crede che oggi siamo allo “spacca Italia”, dovrebbe rinnegare anche la riforma del titolo V quale fattore di rischio per la tenuta della unità nazionale. A sinistra rammentano solo ciò che fa comodo, infatti, riscoprono adesso, assai tardivamente, il Tricolore, ma, durante tutti gli ormai quasi 78 anni di vita della Repubblica italiana, comunisti e post comunisti hanno sempre associato l’attaccamento alla Bandiera al fascismo o al neofascismo e a posizioni di destra nazionalista comunque da censurare. La bandiera rossa con la falce e il martello veniva in ogni caso prima di quella italiana. Il successivo europeismo di maniera, che ha ammaliato ulivisti e piddini, ha suggerito di non esagerare con il Tricolore, magari a scapito della bandiera UE, per dimostrare il giusto spirito comunitario. Il patriottismo di sinistra ha condotto a tifare contro l’Italia durante governi scomodi, come quelli di centrodestra, e per affossare o tentare di farlo personaggi sgraditi e ingombranti, da Bettino Craxi passando per Silvio Berlusconi e giungendo a Salvini e Meloni. In Italia, abbiamo patrioti e patrioti. Vi sono quelli seri, con la tessera di Fratelli d’Italia, che hanno costantemente difeso la Nazione, la sua unità e la sua dignità nel mondo, alla opposizione e al governo del Paese, anche a costo di essere accusati di nazionalismo becero. Poi, c’è il PD e il patriottismo da operetta.