L’Unione Europea si è spesso rivelata più lenta e farraginosa degli altri grandi blocchi del mondo nel recepire i cambiamenti planetari. In tante circostanze l’UE ha seguito giocoforza gli eventi e non li ha né vissuti come protagonista principale e nemmeno determinati. La congiuntura internazionale attuale è però così impegnativa, con le sfide lanciate dagli Stati Uniti di Donald Trump, la Russia che ha combinato quello che sappiamo in Ucraina e la Cina che non si accontenta più soltanto del facile business commerciale e inizia a mostrare gli artigli militari, da spingere anche la solitamente sbadata Europa ad iniziare a pensare alle cose più importanti che segnano il suo presente e il suo futuro e che non corrispondono di certo alle misure dei legumi o alle modalità di ristrutturazione delle case del Vecchio Continente. La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen pare cominciare a comprendere la gravità del momento, che richiede quell’idea di Europa per la quale si battono Giorgia Meloni, Fratelli d’Italia e i conservatori continentali di ECR, ovvero, una confederazione di Nazioni unita sui grandi temi che davvero contano e fanno la differenza nel confronto con i competitor globali, e libera da meschini dirigismi che tarpano le ali ai Paesi UE nel mondo, siano essi ispirati alle lobbies woke e gender oppure agli interessi falsamente ecologisti. Certo, Ursula non è diventata all’improvviso una portabandiera di Fratelli d’Italia a Bruxelles, però, la presidente della Commissione UE ha assunto in questi giorni almeno due posizioni molto interessanti e degne di attenzione circa altrettante due questioni decisive per il futuro europeo. L’esecutivo della Unione Europea si è deciso a muovere un importante passo a favore delle Case automobilistiche del continente, le quali già arrancano da mesi a causa della lievitazione dei costi di produzione e delle inique restrizioni green. Ursula von der Leyen ha annunciato la presentazione di un emendamento che intende dare, a differenza degli obblighi annuali finora previsti, tre anni di tempo ai produttori per adeguarsi agli standard di conformità circa le emissioni di CO2. Slittano i tempi e con essi le multe che avrebbero dovuto essere applicate quest’anno alle Case. Occorre salutare con favore la nuova flessibilità e una transizione ecologica sostenuta da equilibrio e razionalità, diventate, era ora, di dominio della Commissione, che dà ragione all’Italia e alle sue richieste finalizzate a scongiurare un folle Green Deal pericoloso per la tenuta delle Case automobilistiche europee. L’emendamento proposto da von der Leyen non è la fine di ogni insidia costituita da un ambientalismo corrotto e fasullo, tuttavia, è un buon punto da cui partire per invertire la rotta e andare verso una saggia coesistenza di più soluzioni, (mobilità elettrica, veicoli ibridi e biocarburanti), che saranno regolate dal mercato e non da imposizioni verticistiche sconnesse con la realtà. Nessuno, al di fuori dell’Europa, si sogna di obbligare a produrre solo auto a batteria, né gli USA, dove pure partecipa al governo federale il patron di Tesla, e nemmeno la Cina, nonostante essa sia il principale produttore mondiale di batterie e una dittatura con tutti i mezzi utili per costringere i consumatori a fare scelte anche controvoglia. Oltre alla necessità di difendere il pianeta senza affossarne le industrie, Ursula von der Leyen si è accorta di come l’Unione Europea non possa più fare melina di fronte ad ineludibili e maggiori investimenti dei Paesi membri nella Difesa militare. L’UE non è strutturalmente paragonabile agli USA e un esercito comune continentale rappresenta un obiettivo non raggiungibile in un tempo adatto per rispondere alle presenti sfide, ma, detto in parole semplici, ogni Nazione europea deve spendere di più, in ambito NATO e non. Le minacce alla sicurezza e alla libertà europea sono reali e vanno dalla Russia alla Cina, passando per il terrorismo islamico che è tornato a colpire più volte in Germania, (a Mannheim un ennesimo massacro con un’auto lanciata sulla folla), quindi, l’Europa non può pensare di difendersi con i gessetti colorati o telefonando sempre allo Studio Ovale. La presidente della Commissione UE ha presentato il piano “ReArm Europe”, che, attraverso deroghe al Patto di Stabilità, consentirà agli Stati nazionali di disporre di maggiori fondi per la Difesa. Si tratta di una mossa che avrebbe dovuto essere presa già diverso tempo fa perché la necessità dell’Europa di pensare alla propria protezione, non delegabile sempre agli USA, non si palesa oggi con la presidenza Trump, come raccontano i media mainstream, ma viene da lontano e arriva almeno dagli anni di Barack Obama che in più circostanze si mostrava interessato in modo maggiore alle prerogative americane in Asia e nel Pacifico. Non a caso, Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia parlano dell’Europa come seconda gamba della NATO da prima dell’insediamento a Palazzo Chigi.