Il cambiamento climatico è un fatto, ma la narrativa di sinistra è falsa e ideologizzata

Ancora una volta l’opposizione tenta di screditare FdI, e in particolare il Governo Meloni, con battaglie ideologiche prive di fondamento. Questa volta però, visto la delicatezza del tema, la faccenda assume tinte più fosche del solito. Ovviamente non si può negare che sia in atto un cambiamento climatico vista l’incidenza di catastrofi ambientali che stanno versando sul nostro Paese. Tuttavia, le accuse di “negazionismo climatico” che stanno inondando i media nella bieca speranza di indirizzare la sacrosanta preoccupazione dell’opinione pubblica in direzione di facili consensi, però, sono atte ad alimentare una narrazione falsa e ideologizzata. Falsa perché questi “catastrofisti” lasciano intendere che tutti – dall’opinione pubblica al mondo scientifico – siano in accordo con la loro visione come se non esistesse altro paradigma. Ideologizzata perché i dati che usano sono solo di una parte della Comunità Scientifica, anche qui falsamente raccontata come totalmente unanime alla loro versione.

La posizione di Fratelli d’Italia è più prudente. Muovendo dai dati della diminuzione delle emissioni di CO2 negli ultimi anni che confermano l’Italia come trai i Paesi promotori della transizione verde, è importante notare come in realtà la stessa comunità scientifica sia divisa sul tema. Alla luce di questi due dati non è pensabile, e nemmeno responsabile, dare un valore di giudizio certo sulla questione prendendo una posizione a favore, piuttosto che contro, la colpevolezza delle attività umane nella crisi climatica. Pendere per una o l’altra parte senza dati fondati e fondanti sarebbe rispondere ad un’ideologia con un’altra. Fratelli d’Italia non ritiene possibile operare in funzione del bene comune partendo da pregiudizi e presupposti. L’azione del nostro partito è sempre fondata su dati precisi e un’attenta e critica analisi della realtà. Assecondare, e di conseguenza, governare in funzione di presupposti ideologici è da irresponsabili. Alcuni tra gli illustri esponenti del mondo scientifico affermano chiaramente, richiamando una certa prudenza epistemica, che la complessità del “sistema ambiente e clima” è così elevata che non permette nessun calcolo certo. Basare delle decisioni politiche su dati incerti sarebbe catastrofico. Infatti, le conseguenze politiche di una tale scelleratezza sarebbero devastanti e coinvolgerebbero, danneggiandoli, settori strategici nazionali che metterebbero in pericolo il Paese che resterebbe indietro rispetto a Paesi maggiormente inquinanti come Cina, India e America. Secondo il dogma della nuova ideologia green, che vuole confondere “l’ecologia” con “l’ecologismo”, sarebbero urgenti misure che andrebbero a stravolgere, se non distruggere, il sistema produttivo italiano. Ancora una volta dunque, FDI, consapevole che si può sempre migliorare nella cura dell’ambiente di cui oltretutto vanta una lontana e profonda tradizione, richiama però alla prudenza. Si devono attuare i necessari miglioramenti ecologici e ambientali con piglio realistico e sicuramente non ideologico, mentre costantemente si guarda con attenzione alla Comunità Scientifica in attesa di dati più sicuri su cui fondare le decisioni politiche. Anche perché, ad oggi, non esiste nessuna certa dimostrazione che la crisi climatica dipenda dall’uomo o dal mero cambiamento delle ere geologiche connaturate al nostro pianeta.

In conclusione, la questione del cambiamento climatico è di straordinaria importanza e richiede un approccio serio e basato sulla prudenza. Mentre riconosciamo l’evidenza del cambiamento climatico e l’importanza di agire in modo responsabile nei confronti dell’ambiente, dobbiamo anche considerare l’incertezza e la complessità del sistema climatico. Solo con un approccio scientifico, libero da pregiudizi e ideologie, possiamo prendere decisioni politiche sagge ed efficaci per proteggere il nostro ambiente e il benessere della nostra società. Solo così possiamo garantire un futuro sostenibile per le generazioni a venire.

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Alfonso D'Amodio
Alfonso D'Amodio
Nato a Napoli il 4 Febbraio 1983 consegue il Dottorato di Ricerca in Filosofia Politica alla Pontificia Università Lateranense. Precedentemente laureatosi alla LUMSA in Lettere, completa il suo percorso con una Laurea Magistrale a Tor Vergata. Specializzato in ontologia del pensiero scientifico, etica dei sistemi di Intelligenza Artificiale, dialogo interculturale e interreligioso e Filosofia Politica è attualmente ricercatore presso l'Area di Ricerca IRAFS sui fondamenti della scienza. Membro dell'Ufficio Studi di Fratelli D'Italia.

2 Commenti

  1. Non ci facciamo niente con l’ecologismo moralistico puritano di certi nordici e con l’ambientalismo da un tanto al chilo. Dalla sera alla mattina non si può stravolgere un sistema socio-economico, che altrimenti va in tilt. Per un vero cambiamento ci vuole tempo, purtroppo, ma è così. Diamo tempo al tempo, anche per la transizione energetica. Altrimenti, chi troppo vuole come i moralisti, nullla stringe.

  2. Quando ero bambino c’erano dei moralisti severi che raccomandavano di essere parchi nel mangiare pensando ai bambini che non ne avevano affatto, come se tra le due cose ci fosse qualche nesso. Come se mangiando io un uovo sodo invece di due quell’altro lo mangiasse un bambino senza niente.

    Sembrano i nostri ambientalisti, che fanno agli italiani – ed al Governo – raccomandazioni dello stesso calibro.
    La tassa sulla circolazione delle auto nel centro di Milano non diminuisce di una virgola il riscaldamento globale, è solo un pretesto ideologico per intascare soldi.
    Il divieto di trivellazione nell’Adriatico – che per fortuna sembra debba essere accantonato da questo Governo – non solo non contribuisce al miglioramento del clima, ma anche contribuisce al miglioramento dell’economia della Croazia, che se ne frega di queste bubbole ed estrae per loro e per noi, e così via.

    I maggiori inquinatori del mondo sono ormai i paese emergenti – già emersi parecchio – come India e Cina.
    Il maggiore inquinamento viene – pensa un po’ – non dagli scarichi delle auto ma da quelli di vacche e maiali. In Cina ce n’è circa un miliardo.

    Quindi è inutile al clima che ci vengano richiesti questi “fioretti” ambientalisti.
    Magari sono utili all’industria che produce energia eolica e fotovoltaica, ancora diseconomica rispetto a quella prodotta con combustibili fossili, o all’industria delle auto elettriche, antieconomiche e invendibili senza la propagande ecologista, e così via.

    Cerchiamo di fare evolvere la nostre infrastrutture verso maggiore capacità di resistenza nelle nuove inevitabili condizioni, e pensiamo che la vera unica tutela del pianeta sarà quando gli uomini la smetteranno di “crescere e moltiplicarsi” con ciò distruggendo ogna altra forma di vita e tutto ciò che rende ancora meraviglioso il nostro mondo.

    Tanto è vero che dove arriva il benessere la natalità si ferma. E’ la civiltà, da sempre opposta al pauperismo.

    Con affetto

    Alessandro

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