Il campo arido: Marattin lascia Italia Viva. Schlein tenta il tutto per tutto sull’unità, ma c’è chi dice no

Luigi Marattin, deputato che fino all’anno 2019 si trovava nella divisione politica del PD, salvo aderire successivamente ad Italia Viva, ha deciso di lasciare ieri anche l’ultimo partito per aderire al Gruppo Misto insieme ad altri 4 dirigenti locali. Stando alle sue ragioni: ”Il campo largo ha tesi antitetiche al renzismo. È una scelta che posso capire ma non condivido” attestando di essere arrivato a questa conclusione insieme agli altri esponenti con grande dispiacere. Ennesima sconfitta per una sinistra italiana che proprio non vuole arrendersi ad abbandonare un progetto elettorale che si è rivelato inutile nella maggioranza dei casi. Per quanto riguarda la Sardegna, si è trattato di una fortunata casualità, ma nulla di più. Pensare addirittura di poter coinvolgere la totalità dei centristi in una coalizione unica e che questi possano accettare buona parte delle decisioni non è poi un piano così astuto. Di questo passo, vista la portata della strategia, tanti altri potrebbero scegliere di seguire lo stesso percorso di Marattin, lontani dalle logiche del PD e di quelli che a fatica possono definirsi come suoi alleati. Tra M5S e rossoverdi, sembra quasi che le confederazioni siano valide soltanto nel momento in cui c’è bisogno di togliere capoluoghi e regioni alla destra. Per combattere il proprio avversario politicamente, bisogna dimostrare di essere migliori, un sabotaggio alla lontana può rivelarsi proficuo soltanto all’inizio per guadagnare tempo.

Nonostante tutto, Elly Schlein tenta di riunire l’opposizione al Governo Meloni, sebbene le perplessità siano piuttosto evidenti anche per alcuni dei suoi vicini, come nel caso precedente. Quella che dovrebbe essere una contromanovra nei confronti della destra non trova l’appoggio da tutti i rappresentanti: lo stesso Antonio Misiani, deputato in quota PD, ritiene che il nome giusto debba essere “agenda alternativa di politica economica e sociale”. Se la scelta del nome già rischia di essere divisiva, figuriamoci stilare una lista di propositi per battere la maggioranza di governo. Tuttavia, almeno dal punto di vista generale, i dem sembrerebbero aver trovato la quadra: ”Difesa della sanità pubblica, istruzione, lavoro e stipendi, politiche industriali, diritti sociali e civili: questa è la tavolozza su cui costruire, nel Paese e in Parlamento, lo schieramento alternativo con il Pd a fare da perno” queste le parole di Francesco Boccia, nonché capogruppo del PD al Senato. In sintesi un’ottima lista della spesa, ma chi paga? Non potevano mancare ovviamente i diritti civili. Già possibile intuire dove andranno a parare, ce lo indica l’ultimo Gay Pride in cui Elly si è divertita a ballare sul carro, mentre il carrozzone continua a traballare e non poco. Nel frattempo c’è chi, come Alfiero Spinelli, responsabile delle riforme nel Partito Democratico, ha chiesto alla maggioranza di portare in aula il PSB per discuterne, ancor prima che questo arrivi al Consiglio dei Ministri. Così il brodo magari si allunga e si rischia persino di consegnare tutto in ritardo. Forse avranno già intenzione di modificarlo a modo loro. Per quello c’è tempo, forse qualcuno non lo sa, ma oltre a durare 4 o 5 anni con un massimo di 7, questo potrà cambiare con l’arrivo di una nuova compagine di governo. Per loro non dovrebbe essere un problema, qualche mese fa erano già certi di poter stravincere dopo aver conquistato non si sa bene che cosa. 

Nel frattempo i 5 stelle non vogliono sentir parlare in nessun modo di Renzi, nemici ormai giurati da tempi reconditi: questa è una delle ragioni per cui il campo largo rischia l’inaridimento, ma già lo sappiamo. Un’ulteriore dimostrazione, però ci serve per sapere quanto seriamente la destra possa preoccuparsi della sinistra in questo paese. Così Calenda ha deciso di aprire le porte al PD, certi amori non finiscono, ma a volte rischiano di scontentare chi si è iscritto ad Azione proprio per evitare di essere associato alla sinistra. Anche per quanto riguarda l’M5S, non è che ci sia mai stato un grande idillio con la compagine centrista di cui sopra. Raffaella Paita, coordinatrice nazionale di Italia Viva ha chiarito un dato allarmante per quanto riguarda le componenti del partito: ”Appena Renzi ha accettato la richiesta di fare un altro congresso, alcuni degli amici guidati da Marattin hanno preferito lasciare”. Dati che sicuramente non possono incoraggiare, con la volontà di accontentare tutti, come sopra, si rischia di scontentare i propri seguaci. Matteo Renzi si troverà ancora una volta a fare i conti con le discordanze, ma alla fine sembra essere più che abituato a questi eventi. Il problema è che prima o poi bisognerà fare i conti con la coerenza, questa spesso sconosciuta da tanti. Bonelli per Avs sembra essere d’accordo con la Schlein sull’unità, dopo la candidatura della Salis un po’ di “spirito mastelliano” ci vuole.

Più che campo largo, sembra un territorio incolto ed infestato dall’erbaccia della diffidenza. A furia dei cambiamenti di clima, paragonabili ad aperture e chiusure politiche, il rischio è quello di rendere il territorio sterile. Le conseguenze porterebbero ad un allontanamento accentuato, con spaccature frequenti ed impossibilità di coltivare. Non che prima crescesse nulla di buono, ma così sarà anche peggio: per la sinistra, ovviamente.

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Gabriele Caramelli
Gabriele Caramelli
Studente universitario di scienze storiche, interessato alla politica già dall’adolescenza. Precedentemente, ha collaborato con alcuni Think Tank italiani online. Fermamente convinto che “La bellezza salverà il mondo”.

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