Il caso Almasri e gli strani tic della “sinistra giudiziaria”

Ormai non ci sono dubbi. L’obiettivo del cosiddetto caso Almasri è quello di “processare la “politica” del governo. Non è una novità, assolutamente. Già ai tempi della Balena Bianca scudocrociata per i giornaloni radical chic dell’epoca veniva chiamata dai giornali come la “scorciatoia della via giudiziaria al potere”. 

Insomma, un tic e una deriva, che non sono affatto nuove o inedite nella storia democratica del nostro Paese. Agitata ad ogni piè sospinto fin dai tempi della Democrazia Cristiana. Una prassi riconducibile esclusivamente al campo della sinistra italiana seppur nelle sue multiformi espressioni ma che su questo punto ha sempre registrato una straordinaria convergenza. 
Non a caso si parla pubblicamente, e da molto tempo, anche di “sinistra giudiziaria”. Sì, una denuncia che risale ai tempi della Dc. Basti pensare al cosiddetto progetto politico “dell’alternativa morale” patrocinato all’inizio degli anni ‘80 dall’allora glorioso Partito Comunista Italiano. Un progetto che, è inutile nasconderlo, prevedeva non solo la delegittimazione morale e politica dell’avversario che ai tempi, come oggi, era solo e soltanto un nemico da annientare ma non scartava affatto l’ipotesi di una collaterale operazione giudiziaria per abbattere definitivamente ed irreversibilmente il “potere democristiano”.

Mutatis mutandis questo tic si è trascinato a lungo, come sanno anche i sassi, nella cosiddetta Seconda repubblica con la presenza di Berlusconi – seppur con altre motivazioni e altri protagonisti – e, purtroppo, si riaffaccia anche nella stagione politica contemporanea. Ora, è appena sufficiente scrutare le reazioni dei principali esponenti della sinistra italiana per rendersi conto di questo persistente tic.

Purtroppo, facendo parte di un patrimonio e di un comportamento che ormai si sono consolidati nel tempo, è del tutto naturale che questa – cioè la “scorciatoia giudiziaria” – diventa il grimaldello decisivo per cercare eventualmente di scardinare un assetto politico, liberamente e democraticamente scelto dagli elettori, a vantaggio di un altro schema politico. 
E le polemiche violente di questi ultimi giorni tra le varie parti in causa non è che la conferma di questo teorema e di questo assunto.

Ecco perché, se vogliamo parlare credibilmente di un autentico rinnovamento e cambiamento della politica italiana, non possiamo aggirare questo argomento. Perché, questo, appunto, non è una variabile indipendente ai fini della conquista del potere politico nel nostro Paese. 

Sin quando non si interrompe questo intreccio difficilmente ci potrà essere un confronto politico libero, trasparente e autenticamente democratico. Anche perché, come emerge in modo persino troppo palese dalla sinistra editoriale, dalla sinistra televisiva, dalla sinistra politica e culturale c’è la volontà concreta di delegittimare il potere politico degli avversari/nemici anche e soprattutto attraverso la cosiddetta “spallata giudiziaria”.

E sin quando questa deriva non viene spezzata non si può parlare di una vera e propria democrazia italiana matura ed adulta. Anche perché qui non è in discussione il ruolo dei poteri dello Stato che devono restare rigorosamente separati ed indipendenti, ma della precisa volontà di delegittimare la controparte politica ricorrendo a tutti gli strumenti possibili. E questo, alla fine, indebolisce e rischia di gettare una pietra tombale su quella “qualità della democrazia” che resta l’unico antidoto alla inciviltà democratica e allo stesso tradimento dei valori costituzionali.

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Giovanni Curzio
Giovanni Curzio
Giovanni Curzio, 21 anni, napoletano, studente alla facoltà di Giurisprudenza della Università degli Studi Suor Orsola Benincasa. Da sempre è appassionato di giornalismo sia di cronaca che sportivo. Collabora anche con agenzie di stampa ed emittenti radiofoniche e televisive della Campania.

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