L’ISTAT ci aggiorna con report periodici sull’andamento del mercato del lavoro in Italia, fornendo dati mensili o trimestrali e comparati con i numeri del medesimo periodo dell’anno prima. L’Istituto Nazionale di Statistica studia e presenta la situazione per gradi, e, da quando è in carica il Governo Meloni, certifica solo progressi positivi. Si tratta di un trend in costante miglioramento in cui l’occupazione cresce in quantità e qualità e diminuiscono disoccupati e inattivi. Oltre alle informazioni provenienti con cadenza regolare dall’ISTAT, possiamo constatare in modo ulteriore il buono stato di salute del lavoro in Italia attraverso un recente studio pubblicato dalla Cgia, la Confederazione Generale Italiana dell’Artigianato, che disegna un quadro con tantissime luci e poche ombre.
L’analisi della Cgia ha preso in esame tutto il biennio 2022-2024, quello dell’attuale esecutivo per intenderci, e ha elencato una serie di numeri complessivi molto interessanti. Nei primi due anni di Governo Meloni l’occupazione è cresciuta di 847mila unità, pari ad un incremento del 3,6 per cento. Di questi nuovi posti di lavoro, 672mila sono lavoratori dipendenti e 175mila sono autonomi. Cgia evidenzia, per quanto riguarda il lavoro dipendente, come i contratti a tempo indeterminato in quest’ultimo biennio siano aumentati di 937mila unità e i rapporti a termine siano diminuiti di 266mila unità. L’incidenza della precarietà è quindi scesa al 14,4%. In merito ai tassi di disoccupazione la Cgia rileva che i soggetti senza lavoro sono diminuiti a 1.473.000, con un ribasso di 496mila unità mentre gli inattivi sono scesi a 12.538.000 e il ribasso è stato di 198mila unità. I nuovi posti di lavoro creati sono stati ricoperti per il 49,6 per cento da donne e per il 50,4% da uomini.
Una sostanziale parità che testimonia l’efficacia delle politiche di inserimento femminile nel lavoro adottate dal Governo Meloni. Nel biennio 2022-2024 si è verificata una forte contrazione della disoccupazione giovanile, (fascia d’età dai 15 ai 24 anni), che è stata di 5 punti rispetto al passato. Anche l’occupazione degli over 50 è in miglioramento e la Cgia si riferisce ad una svolta significativa per una categoria di persone in precedenza piuttosto penalizzata nelle assunzioni. Degli 847mila nuovi occupati ben 710mila appartengono a tale fascia. Seguono i lavoratori ricompresi fra i 25 e i 34 anni di età, cresciuti di 184mila unità e i giovani dai 15 ai 24 anni saliti di 18mila unità. I disoccupati e inattivi fra gli over 50 sono calati del 28,6 per cento. Merita infine di essere menzionata l’analisi geografica dei dati svolta dalla Cgia, che vede un incremento occupazionale maggiore nel Mezzogiorno che nel resto d’Italia grazie al buon andamento delle esportazioni, delle costruzioni e degli investimenti pubblici legati al PNRR.
Le cose sono andate bene in questi ultimi due anni anche se rimane, come sappiamo tutti, ancora molto da fare. La Cgia, oltre a tante rilevazioni incoraggianti, nota come gli stipendi, almeno nel settore dei servizi e del terziario, necessitino di essere incrementati e serva ridiscutere molti contratti collettivi nazionali di lavoro in scadenza, oltreché ridurre la pressione fiscale in busta paga. Sull’ultimo punto il Governo, con gli interventi riguardanti il cuneo, ha fatto e farà sempre di più la propria parte affinché determinati alleggerimenti diventino strutturali, ma circa i non pochi CCNL da migliorare senza dubbio si impegnino anche i sindacati, inclusi quelli che blaterano di rivolte sociali. Come fa a livello periodico l’ISTAT, anche la Cgia, attraverso lo studio del calo dei contratti a termine, dell’occupazione femminile e del risveglio del mercato del lavoro nel Mezzogiorno, ci fa notare come questo non sia il Governo della precarietà diffusa, del patriarcato e del maschilismo, dell’egoismo delle Regioni ricche d’Italia a scapito di quelle più povere. Con buona pace di Elly Schlein e di Maurizio Landini.