In Italia vi è un dibattito antico circa i sussidi statali devoluti al capitalismo privato, che risale almeno agli anni della Fiat guidata da Gianni Agnelli, “l’Avvocato”. In più fasi la Casa automobilistica torinese ha chiesto l’aiuto dello Stato per scongiurare chiusure di stabilimenti o linee produttive e tagli di personale, ed è stata spesso accontentata. Con il trascorrere delle primavere, sono però emersi tanti dubbi più che giustificati in merito al continuo battere cassa della Fiat perché tante promesse fatte in cambio del denaro pubblico non sono mai state mantenute, e il Gruppo dell’Avvocato, quando lo ha ritenuto, ha chiesto comunque la cassa integrazione, nonostante l’ottenimento di fondi statali. Laddove la sua presenza non è determinante e può anche risultare dannosa, lo Stato deve lasciare fare ai privati, ma, dinanzi ad una crisi sistemica, (è successo in America, dove il liberismo è più diffuso che in Italia, dopo l’esplosione della bolla dei mutui subprime), e in settori cruciali per l’interesse nazionale, chi governa non può voltarsi dall’altra parte.
Tuttavia, i soldi dello Stato, quindi, del contribuente, devono essere resi disponibili con oculatezza e razionalità, in base ad un piano rigoroso che consenta di capire dove essi vadano a finire e quale criticità riescano poi a risolvere. Tale severità non è stata granché applicata con la Fiat di Gianni Agnelli, e se manca la giusta serietà si finisce per aiutare, anche se è tutto da vedere, un certo numero di persone impiegate in una eventuale realtà produttiva in crisi, a scapito però di milioni di altri cittadini. In ogni caso, si può dire che la Fiat dell’Avvocato fosse quantomeno una storica azienda italiana, con il merito di aver motorizzato la Nazione. Oggi, i siti produttivi Fiat ubicati in Italia, (Mirafiori, Pomigliano d’Arco, Cassino e Melfi), non dipendono più da una società interamente nazionale, bensì, com’è risaputo, dal gruppo multinazionale Stellantis con sede legale e fiscale nei Paesi Bassi, che comprende, oltre a FCA, Opel e i francesi di PSA. La famiglia Agnelli-Elkann è ancora ben presente nella holding, della quale John Elkann è presidente, ma è evidente come gli interessi di Stellantis siano rivolti sempre più all’esterno della Penisola. Determinati vezzi sembrano però non essere cambiati più di tanto dall’era dell’uomo con l’orologio sul polsino della camicia. Nonostante i profondi cambiamenti avvenuti, nel 2024 vengono di nuovo richiesti aiuti allo Stato italiano per garantire il mantenimento della attuale produttività in particolare negli stabilimenti di Mirafiori e Pomigliano.
L’amministratore delegato di Stellantis, Carlos Tavares, si è lamentato per un sopraggiunto calo delle vendite e ha ricordato come la produzione della Fiat 500 elettrica nel sito di Mirafiori sia a rischio senza nuovi sussidi pubblici e incentivi per la mobilità a batteria. A queste sollecitazioni ha risposto, nell’unico modo appropriato, il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso. Innanzitutto, questa è la sostanza della replica del ministro Urso, se le vendite rallentano, ciò è un problema di Stellantis e non deve essere un dilemma per il Governo italiano. Come abbiamo già detto, l’intervento statale trova giustificazione solo in alcuni momenti perché, in caso contrario, non si potrebbe più parlare di capitalismo privato, bensì di capitalismo assistito e libero mercato drogato. Negli scorsi anni, ha ricordato Urso, il 40 per cento degli incentivi per l’automotive sono andati a Stellantis, ma la metà di questi sono finiti a modelli prodotti all’estero e importati in Italia. Non può continuare così e infatti il Governo, ha ulteriormente precisato il ministro delle Imprese, pensa di rivedere per il 2025 i criteri di assegnazione degli incentivi, che non dovranno più essere legati allo stimolo verso il consumo, ma alla produzione di nuovi veicoli in territorio italiano e al mantenimento, quindi, dei livelli occupazionali in Italia. Dice bene Adolfo Urso, gli incentivi sono risorse pubbliche e non regalie, perciò, se lo Stato deve sborsare quattrini, è giusto avere la certezza che essi vadano a favorire siti produttivi collocati in Italia. Troppo comodo, per Carlos Tavares o chiunque altro al suo posto, usare i soldi ricevuti da Roma per recarsi a produrre, per dire, a Parigi o in Polonia.
Ricorda infine Urso, gli incentivi già percepiti devono essere restituiti se si sceglie di trasferire la produzione all’estero. A dicembre Volkswagen ha superato Stellantis nelle vendite in Italia. Non è di sicuro colpa del Governo Meloni ed esiste un problema di marketing, come ha affermato sempre il ministro Urso, ma c’è anche qualcos’altro. In buona sostanza, Tavares ha chiesto aiuto principalmente per lo storico stabilimento torinese di Mirafiori, i cui numeri di auto prodotte sono scesi parecchio negli ultimi anni. A Torino viene costruita la Fiat 500 elettrica ed inoltre viene assemblata la Maserati GranTurismo. Fino a poco tempo fa, a Mirafiori venivano prodotti anche altri modelli del marchio Maserati, ma via via essi hanno abbandonato la città della Mole, incluso il suv Levante, ultimo, in ordine di tempo, a lasciare Torino. La verità va detta fino in fondo, anche se può non fare piacere a coloro i quali spingono quasi ideologicamente per certe soluzioni. Le automobili solo elettriche, la 500 e tutti gli altri veicoli simili, non stanno convincendo la maggioranza degli utenti, in tutto il mondo, a causa dei prezzi elevati e della scarsa praticità, ancora irrisolta. Molte case automobilistiche, dopo una certa corsa all’elettrico, stanno frenando gli investimenti in questo settore, e Akio Toyoda, numero uno di Toyota, ha assicurato che le auto elettriche non domineranno mai il mercato, giungendo a coprirne al massimo il 30 per cento anche nei prossimi anni. Incentivi o meno, non ci si può aspettare grandi numeri per questo tipo di veicoli, e il rifiuto del cliente avviene anche in presenza di eventuali stimoli statali. Maserati invece, fa venire in mente lusso, prestigio, qualità e sportività, ma non si può senz’altro dire che le vetture marchiate con il Tridente siano oggetti di massa. L’ad di Stellantis, se ha a cuore, come si spera, il futuro di Mirafiori, anziché scaricare ingiustamente delle responsabilità sul Governo Meloni, si adoperi per lanciare, vicino a quanto già c’è, nuovi prodotti più vendibili e alla portata di una vasta clientela.