Su una cosa sono assolutamente d’accordo leghisti e grillini: il governo andrà avanti. Magari si scanneranno nelle segrete stanze, si picchieranno e insulteranno, terranno gli occhi fissi sul portafogli preoccupati che l’alleato se lo freghi ma nessuno, proprio nessuno di loro, è intenzionato a mollare la poltrona. Quanto poi questo sia in rapporto con le cose che si desiderano fare per l’Italia e gli italiani, e quanto invece siano ansia di potere, lo sanno soltanto i componenti dell’esecutivo e i loro accoliti nel segreto della loro mente.
Noi, gente comune, possiamo solo ascoltarli, guardarli, al limite giudicarli, ma nemmeno troppo perché dopo parecchi decenni di schifezze varie, mentre si succedevano governi che solo raramente riuscivano a far qualcosina di buono, c’era una così grande voglia di cambiamento che i primi due soggetti che ne hanno parlato sono stati immediatamente insigniti del ruolo di Padri della Patria, Salvatori, Taumaturghi del Futuro, Alieni venuti a recuperarci, e via discorrendo. Che poi questi eccelsi ruoli siano occupati da due ragazzoni come Salvini e Di Maio, beh, è solo una questione di coincidenza. Chiunque altro si fosse trovato al loro posto, nel medesimo momento, e avesse blaterato di grandi cambiamenti e di rivincite su tutto e tutti, di ruspe e della definitiva sconfitta della povertà, oggi starebbero nella stessa posizione. Entrambi, infatti e purtroppo, non sembrano queste eccezionali figure mediatiche come circa il 60% degli italiani, vittime forse di sortilegio o malia, paiono giudicarli. Del resto, sebbene osannati anche per uno starnuto, a voler essere pignoli non è che fino ad ora abbiano fatto di questi miracoli.
Certo, Salvini è riuscito a frenare – ma solo momentaneamente – un’immigrazione selvaggia che probabilmente se avessero avuto meno spocchia e più cervello si sarebbero affrettati a bloccare anche i renziani con Minniti. Purtroppo per loro, si sono accorti troppo tardi del casino che stavano combinando e sono corsi a chiudere la stalla quando ormai i buoi erano tutti fuori, cosa che probabilmente non si perdoneranno mai, e per questo anche a sinistra non c’è da stare allegri: partiti allo sbando, tutti contro tutti, odio tribale che non si potrebbe attenuare nemmeno in un’arena, e il povero, simpatico Giachetti al 30 giorno dello sciopero della fame solo per ottenere un congresso che non arriverà. Altra positività per il governo giallo-verde, il primo esecutivo non completamente di centrosinistra negli ultimi settant’anni che si deve confrontare con la sinistra più debole e confusa di sempre. Una pacchia che permetterebbe un governo sereno anche se lo guidasse il Mago Otelma. E infatti, a creare i problemi e nemmeno pochi e di poco conto, il governo ci pensa da solo.
Facevamo notare in questi giorni che per la prima volta nella storia italica – che pure ne ha viste di tutti i colori – un vicepresidente del Consiglio nonché ministro del Lavoro annunciava di voler denunciare alla Procura della Repubblica… chi? Una “manina” misteriosa all’interno del governo stesso, un sabotatore certo, che avrebbe cambiato il testo di una norma. Però, sempre lì stiamo, il governo che vuole denunciare il governo. Poi, la denuncia è stata accantonata, ma solo perché mentre i due vicepresidenti del Consiglio litigavano come due galletti nel pollaio, il Presidente del Consiglio – quello che spesso ci scordiamo di avere –minacciava di dare le dimissioni e di tornarsene alla sua amata cattedra che, alla luce dei fatti e per il suo bene, forse avrebbe fatto meglio a non lasciare mai.
Ha funzionato. All’idea che Conte mollasse il colpo, e facesse cadere il governo, e la certezza che Mattarella difficilmente avrebbe ridato l’incarico a grillini e leghisti, correndo a ripararsi sotto le ali di un governicchio tecnico che avrebbe fatto brindare tutta l’Europa, i nostri si sono immediatamente ricompattati. Sempre continuando a tirarsi battutine acide e a lanciarsi sguardi di fuoco, hanno precisato entrambi che il governo arriverà a fine mandato e che, in un modo o nell’altro, troveranno i punti d’incontro che servono.