Il Governo, dopo un vertice a Palazzo Chigi presieduto da Giorgia Meloni e in cui hanno partecipato il Vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, il ministro della Difesa Guido Crosetto, il titolare degli Affari europei Tommaso Foti e il sottosegretario Alfredo Mantovano, ha ribadito la propria volontà di proseguire con l’utilizzo dei centri di accoglienza per migranti allestiti in Albania mediante un accordo siglato fra i governi di Roma e di Tirana. Un centinaio di agenti di Polizia italiani stanno vigilando, anche durante le Festività natalizie, presso le strutture italo-albanesi di Shengjin e Gjader, che rimarranno vuote ancora per poco. Da gennaio riprenderanno i trasferimenti dei richiedenti asilo intercettati in mare. Nonostante i sabotaggi anti-italiani di alcuni magistrati politicizzati, che provano a dare una mano alla sinistra parlamentare di opposizione, incapace di infastidire davvero la maggioranza e di indirizzare il dibattito pubblico, il Governo Meloni non si è mai dato per vinto circa la partenza a pieno regime dei centri in Albania. Il protocollo d’intesa sottoscritto dalla premier Meloni e dal primo ministro albanese Edi Rama, è basato sulla ferrea convinzione che sia utile, per un Paese individuato come meta dagli immigrati irregolari e dai trafficanti criminali di esseri umani quale è l’Italia, avere un centro di raccolta situato all’estero dove tutti vengono soccorsi e nessuno rimane a morire fra le onde del Mediterraneo, ma nel quale è possibile svolgere una distinzione tra coloro i quali hanno diritti e requisiti per l’asilo e possono essere condotti, dopo controlli sanitari e verifiche del caso, dall’Albania all’Italia, e chi invece non può che abbandonare i centri di Shengjin e Gjader per fare ritorno al proprio Paese d’origine. I punti di accoglienza italo-albanesi sono un importante filtro che aiuta a mettere fine all’arrivo presso le coste italiane di tutto e di più e alla dispersione incontrollata nel territorio di clandestini. Ma adesso si sono fatti largo due fattori significativi che aumentano ulteriormente la determinazione del Governo Meloni in tal senso. L’Europa nel suo complesso, a partire dalla Commissione e dalla sua presidente Ursula von der Leyen, inizia a prendere coscienza, dopo anni di lassismo, del bisogno di nuove soluzioni nella gestione della immigrazione clandestina e nella lotta alle bande criminali che lucrano sulla disperazione. Una via inedita, ma efficace, così cominciano a ragionare a Bruxelles, può essere quella degli hub delle migrazioni da creare in Paesi terzi. Il vertice di Palazzo Chigi si è richiamato alle conclusioni dell’ultimo Consiglio europeo del 19 dicembre scorso dal quale è emersa la volontà della UE di esplorare soluzioni innovative al fenomeno migratorio insieme ad un approccio diverso della presidente von der Leyen, che pare voglia marciare spedita verso una riformulazione più rigorosa dei rimpatri e la ridefinizione della normativa europea sui Paesi sicuri così che quei Giudici italiani i quali si sostituiscono alle forze parlamentari di opposizione non possano più usarla come pretesto. Il piano Italia-Albania è l’apripista di un cambiamento europeo che deve concretizzarsi quanto prima. La Cassazione ha emesso poi una sentenza che dà ragione al Governo e alla sua fermezza circa i centri in Albania. Viene riconosciuto al Governo il diritto di stabilire un regime differenziato delle domande di asilo per i provenienti da Paesi designati come sicuri. Il Giudice non può sostituirsi al ministro degli Esteri e non può annullare con effetti erga omnes il decreto ministeriale. Il magistrato può valutare se la designazione è legittima e disapplicare solo in via incidentale il decreto sui Paesi sicuri. La Giustizia interviene, quindi, solo caso per caso e non si può più ripetere quanto successo tempo fa con taluni magistrati che hanno disposto il trasferimento in Italia dall’Albania di tutto il gruppo di egiziani presenti perché si sono appropriati del diritto di classificare l’Egitto come Paese non sicuro. La Cassazione ha apportato chiarezza a tal proposito e d’ora in poi le toghe, soprattutto quelle con la tessera di partito, potranno decidere sul caso singolo, ma non su gruppi di persone originari tutti di un dato Paese perché non spetta alla magistratura stabilire quali siano i Paesi sicuri e quali no. Dall’11 gennaio prossimo sarà altresì operativa la disposizione che prevede il passaggio della competenza sui trattenimenti nei centri in Albania dalle sezioni immigrazione dei Tribunali alle Corti d’Appello, e probabilmente assisteremo a decisioni meno manichee. Perciò, si va avanti in Albania, con buona pace delle sinistre, politiche e togate.