Come Re Salomone, ieri mattina Beppe Grillo ha inforcato l’anello magico e, in mezzo ad un cespuglio a far non si sa cosa, ha parlato con gli animali; con gli insetti in particolare. Pare che il sublime cicalio gli abbia suggerito di sopravvivere ma, dalla lettura delle -confuse- righe sul suo blog, parrebbe che le cicale, più che altro, gli abbiano duramente aperto gli occhi sul pericolo di vertiginoso crollo del M5S a cui dover porre rimedio con qualunque soluzione possibile, anche la più scomoda. Ha quindi buttato via l’anello magico -proprio come quando (pare) a Re Salomone l’usignolo svelò che una delle sue novecentonovantanove mogli s’era innamorata di un uomo più giovane- e si è lanciato nella stesura di un testo quasi indecifrabile con lo sfoggio di metafore, animali, ambiente, battute riciclate, per dire che il M5S deve rimanere a galla e, per farlo, dev’essere disposto a tutto. Dove quel “tutto”, in questo momento, corrisponde esclusivamente ad un’alleanza con il Pd, quel partito bocciato alle urne a livello nazionale e sui territori. E sai che novità: che il M5S fosse disposto a questo, era chiaro prima ancora che governasse; non si può mica dimenticare che, pur di prendere il giocattolo tra le mani i Cinquestelle si sono seduti al tavolo col Pd dopo le politiche di marzo 2018. Ormai snaturati e pronti all’inciucio, cercarono il confronto con tutti e alla fine trovarono la quadra con Matteo Salvini, di cui accettarono l’odore (rimanendo in ambito etologico) e con cui hanno condiviso l’esperienza di governo finché questi non ha deciso di interrompere la loro esperienza.
Un Beppe Grillo in grande difficoltà comunicativa, oltre che politica, non si era ancora visto: sembra ieri quando, nel 2014, si sedette di fronte a Renzi (allora Premier incaricato) e a chiare lettere e con toni spediti lo insultò e gli impedì di parlare, tra rigurgiti di totale indignazione per quello che rappresentava e autoproclami del tipo “Noi siamo coerenti, tu sei un potere marcio, non sei credibile”. E da voler eliminare quel sistema, Grillo si trova oggi invece a doverci arredare casa. Gli fa sponda lo stesso Renzi, anch’egli annaspando, come se stesse realizzando l’ultimo desiderio prima di morire: malgrado l’opposizione tutta interna al Pd all’ipotesi di voto voluta da Zingaretti, non va sottovalutato questo tentativo di Renzi di farci un governo insieme, finire di distruggerli -come ha fatto l’omonimo- e riprendersi lo spazio, seppur di conclamata opposizione. E’ stato già detto: i Cinquestelle sono serviti a far tornare il bipolarismo, hanno ridato ossigeno al Pd nonostante gli insulti, dal caso Etruria al più recente caso Bibbiano. La destra adesso potrebbe tirare fuori ed esporre i vecchi cartelli del M5S contro Renzi, quelli sull’ “ONESTA’” e su “RENZI STA CON LE LOBBY”, esibiti all’epoca nell’Aula della Camera di Deputati durante il dibattito sulla Legge di stabilità.
Nel tentativo di Grillo di salvare la faccia al M5S si è superato anche il concetto di “partito del popolo”: biodegradatosi con l’esperienza di governo, impegnato nella costruzione interna di una deroga per il salvataggio delle poltrone, oggi fa del taglio del numero dei parlamentari la bandiera di partito con cui togliere proprio a quel popolo il diritto di avere un governo di chiara linea programmatica e non vincolato da contratti, accordi o beceri inciuci gestiti non da politici ma da -ormai- qualificati mercenari. Pare che gli unici a non aver compreso quanto sta accadendo -forse perché ancora illusi che il M5S non sia un partito e non sia diventato quello che loro stessi schifavano, o forse perché non politicamente preparati- sono gli attivisti, la base grillina che invade in queste ore internet con commenti pieni d’odio verso chi vota a destra e verso chi li avverte (sopperendo alle mancanze dei loro portavoce) di quanto sta succedendo ai vertici del loro partito politico. Beppe Grillo spieghi loro che ha scelto la linea del “si muore un po’ per poter vivere”, però lo faccia pubblicamente, a chiare lettere e uscendo dal cespuglio.