Il M5S non c’è più, ma la casta resta

Conte esulta, ma il 30% degli iscritti non sta con lui

Tra boati di gioia e discorsi auto-celebrativi, si è concluso il congresso del fu Movimento Cinque Stelle, che molto probabilmente – parlano i risultati delle votazioni – cambierà nome. L’obiettivo, quello di Giuseppe Conte, era chiaro: battere l’avversario in casa, Beppe Grillo. Il mitico fondatore del Movimento cacciato via dalla maggioranza dei votanti, in un paradosso senza fine: Grillo, con l’inventato e ora eliminato ruolo del garante, era l’unico che sopravviveva alla regola secondo cui i membri del partito dovevano ruotare fra loro, nell’obiettivo di tenere lontana la casta dal partito. Ma lui stesso, da garante che si pappava 300mila euro l’anno, era diventato la casta. Cacciato via, i grillini, anzi ormai e ufficialmente i contiani, hanno buttato via quel briciolo di storia e di continuità che il loro movimento poteva vantare. Ed eliminando anche il vincolo del secondo mandato, hanno chiaramente dichiarato quello che ormai si pensava da tempo: il Movimento Cinque Stelle non è il partito anti-casta. È, piuttosto, il classico partito che ha sposato tale nomenclatura che tanto fa bene nel dibattito pubblico, e ha sposato quantomeno l’idea di essere anti-casta. Ma poi i suoi membri, dopo dieci anni di Parlamento, hanno dovuto fare i conti con la realtà, con la comodità delle poltrone, molto più convenienti di certe parole.

Conte e Grillo non sono buoni strateghi

C’è da aggiungere che Grillo non è stato un buon stratega, ed è contestualmente impossibile negare che avrebbe voluto esserlo, altrimenti non sarebbe mai arrivato allo scontro. Il comico grillino, si può dire che si è bruciato con le sue stesse mani, eliminando i suoi stessi seguaci con il secondo mandato, aprendo a Conte e alla possibilità, per lui, di crearsi dei suoi seguaci. In Parlamento ci sono soprattutto uomini suoi. Grillo si è trovato così fuori da un momento all’altro, commentando: “Da francescani a gesuiti”. Ma forse i grillini si erano davvero stufati di Grillo, altrimenti non si spiega perché, quando viene letto il risultato del quesito che manda a casa il comico, i presenti hanno accolto il 63% a favore con un boato. Conte è al veleno: “Abbiamo pensato questa Costituente per tracciare una nuova rotta, per ascoltare la base, voi iscritti che non ci avete mai lasciato a dispetto delle scissioni e dei tradimenti di qualcuno che aveva contribuito al sogno”.

Oltre all’eliminazione del ruolo del garante e del tetto al secondo mandato, gli iscritti hanno votato anche a favore di possibili alleanze, in virtù però di un contratto politico; sono favorevoli a sposare la linea progressista. Hanno votato a favore anche per un cambio di nome di simbolo. Ma in realtà, oltre a quanto può apparire bello e fresco il cambiamento, al di là di quanta attenzione potrà attirare una tale novità, c’è un dato politico non da poco. I grillini, i seguaci propriamente detti di Grillo, sono in minoranza, ma ci sono. Circa il 30% dei votati era a favore del ruolo del garante. Il 27% ha invece votato affinché il nuovo partito non abbia alcuna posizione politica. Il rischio per Conte, dunque, è che il Movimento, a pezzi da mesi, abbia trovato la fine proprio con alla Costituente che doveva riunirlo. C’è un 30% di iscritti che non è con l’avvocato di Volturara Appula. Chissà quale sarà la loro fine. Così i Cinque Stelle rischiano seriamente di restare sotto il 10% delle europee.

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