Il murale dei martiri di Primavalle: la memoria torna a parlare ai cuori degli italiani

Meloni: “Nulla si costruisce sull’odio”. La Russa: “Quel fuoco brucia ancora nella coscienza del Paese”. Cinquantadue anni dopo, l’Italia ricorda Virgilio e Stefano Mattei, vittime innocenti dell’odio ideologico.

Roma, 16 aprile 2025. In via Bernardo da Bibbiena, nel quartiere popolare di Primavalle, una parete grigia si è fatta memoria. Sul muro, due volti giovani: Stefano e Virgilio Mattei, i “martiri di Primavalle”, guardano chi passa. Gli occhi sono pieni di vita, i colori vivi, il tricolore sullo sfondo e le calle bianche, simbolo di lutto e purezza, a cingerli come in un abbraccio eterno.

Il murale inaugurato oggi non è solo un’opera d’arte: è una presa di posizione. È lo sguardo del Paese che, cinquantadue anni dopo uno dei più efferati crimini politici del dopoguerra italiano, sceglie di non dimenticare. Non per vendetta, ma per verità. Non per strumentalizzare, ma per ricomporre.

Il rogo: un crimine che brucia ancora

Era la notte tra il 15 e il 16 aprile 1973. Nella Roma lacerata dagli estremismi politici, tre militanti del gruppo extraparlamentare Potere Operaio appiccarono il fuoco alla porta dell’appartamento della famiglia Mattei. Il padre, Mario Mattei, era segretario della sezione del Movimento Sociale Italiano. Dentro casa, oltre a lui, c’erano la moglie, i figli e una verità atroce: le fiamme uccisero Virgilio (22 anni) e Stefano (8 anni), bruciati vivi nella loro casa.

Furono ore di orrore, silenzio e, poi, rabbia. L’attentato fu immediatamente etichettato come atto terroristico di matrice ideologica. Gli esecutori materiali – tra cui Achille Lollo, poi fuggito in Brasile – vennero identificati e condannati, ma la vicenda rimase per decenni schiacciata sotto il peso della retorica e della rimozione.

Giorgia Meloni: “Non dimentichiamo”

Oggi, davanti a quel murale, le istituzioni si sono fatte voce della memoria. La Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, visibilmente commossa, ha pronunciato parole destinate a restare:

“Stefano e Virgilio Mattei furono bruciati vivi nella loro casa. Due ragazzi innocenti, uccisi dalla furia ideologica e dall’odio politico. Ricordarli oggi non è solo un dovere morale: è un atto di giustizia verso la verità e verso la storia. Perché nulla si costruisce sull’odio. E perché certi orrori non devono accadere mai più. Non dimentichiamo.”

Non è retorica, ma una presa di posizione civile e politica, che riporta al centro una verità troppo spesso ignorata da chi ha preferito narrazioni selettive degli anni di piombo. La Premier ha voluto marcare una linea netta: quella che separa la memoria dalla vendetta, e la verità dall’oblio interessato.

Ignazio La Russa: “Memoria come pacificazione nazionale”

Accanto a lei, il Presidente del Senato Ignazio La Russa ha rilanciato con forza il valore simbolico del murale:

“Questo non è solo un tributo artistico. È una testimonianza che parla alle nuove generazioni. I fratelli Mattei non devono restare un ricordo confinato alla destra italiana, ma un patrimonio della coscienza democratica di tutti. La memoria è uno strumento di pacificazione nazionale.”

Con queste parole, La Russa ha tracciato un ponte tra passato e futuro, chiedendo che la memoria dei martiri di Primavalle venga assunta come parte della storia condivisa della Repubblica, al pari di altre tragedie che hanno segnato il Paese.

Il peso della storia: i Mattei come simbolo

Il rogo di Primavalle non fu un “incidente” della Storia. Fu un delitto politico che ha lasciato segni profondi nella cultura della destra italiana. Per decenni, la memoria di Virgilio e Stefano è stata custodita nelle sezioni, nei cortei, nei canti, spesso ignorata o minimizzata da una sinistra che stentava a riconoscere le proprie derive estremiste.

Ma oggi, a 52 anni di distanza, qualcosa è cambiato. Lo Stato c’è. Le istituzioni commemorano. Il racconto è finalmente pubblico.

La riabilitazione non è solo storica: è morale e civile. I fratelli Mattei non sono più soltanto un ricordo di parte, ma un punto fermo nella storia della Repubblica, un monito contro ogni estremismo.

Il murale: arte, identità, memoria

L’autore del murale – un giovane artista romano cresciuto nel quartiere – ha dichiarato di aver voluto “dare volto e colore a chi troppo a lungo è stato raccontato solo in bianco e nero”. Le calle bianche che circondano i volti dei due fratelli sono simbolo di purezza e lutto, ma anche di rinascita. Il tricolore, a fare da sfondo, ribadisce un messaggio potente: non esistono vittime di serie A o B. Esistono solo italiani caduti per colpa dell’odio.

L’opera è stata accolta con commozione da residenti e visitatori. Per molti giovani, che conoscevano la storia solo superficialmente, è stata una riscoperta identitaria e umana.

Una memoria che diventa coscienza

Nell’Italia del 2025, la memoria non può più essere una geografia di parte. Il ricordo dei fratelli Mattei chiede una responsabilità collettiva. Non si tratta di riscrivere la storia, ma di scriverla finalmente tutta, senza omissioni, senza comode semplificazioni.

Ogni anno che passa, l’urgenza di una memoria condivisa cresce. In un’epoca di polarizzazioni e di violenza verbale, ricordare gli orrori del passato è un vaccino contro il ritorno dell’odio.

La giornata di oggi non è stata solo commemorazione. È stata riconciliazione. È stata verità. È stata giustizia. Il murale, le parole di Meloni e La Russa, la presenza dello Stato: tutto parla di una volontà nuova. Un’Italia che, finalmente, guarda avanti portando sulle spalle la sua intera storia, non solo quella comoda.

I fratelli Mattei non sono più “solo” vittime della destra. Sono martiri italiani, caduti perché colpevoli, per i loro assassini, solo di portare un cognome scomodo. E in questo, ci somigliano tutti.

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