Sappiamo già che la parola pace sembra essere destinata a scomparire dal vocabolario russo, sebbene i Leader della Federazione in analisi vorrebbero farci credere totalmente il contrario, Parlare di pace e seguire l’unica dottrina della guerra d’aggressione non sembra affatto un modo proficuo per ottenere la quiete. Tuttavia è piuttosto probabile che i negoziati siano solo un’operazione di facciata, magari per dimostrare ai propri adepti che i cattivi sono gli altri mentre non è affatto così.
Oggi una delucidazione arriva dall’editorialista ucraino Yevgeniy Mudzhyri, il quale ha pubblicato una frase di Dzhokar Dudayev, Primo Presidente della Repubblica cecena indipendente Ichkeria, che recita come di seguito: ”La Russia offre sempre negoziati quando è difficile, quando i piani vanno in pezzi, per guadagnare tempo, acquisire forza, correggere gli errori, trovare un punto debole e poi colpire con rinnovato vigore”.
Questa frase ha molteplici interpretazioni ed un significato decisamente importante: il fatto che il Cremlino voglia decidere per una tregua quando si trova in difficoltà, vuol dire che evidentemente le sue risorse non sono a tutti gli effetti infinite e prima o poi dovrà pur intercedere diplomaticamente, appoggiando una soluzione proficua per entrambe le parti. Peraltro, la Frase di Dudayev premonisce un retaggio strategico non innovativo, ma a dir poco ancestrale. Le decisioni in merito alla fine dei conflitti sembrano avere un’origine decisamente remota, forse anche la stessa alleanza tra Russia e Francia durante il periodo zarista-napoleonico deve aver avuto un doppio fondo nella storia tra i due paesi.
Buona parte delle persone si è autoconvinta che la Russia sia un territorio imbattibile, ma la realtà è che ogni singolo stato ha le proprie vulnerabilità: vale per tutte le superfici del suolo terrestre, ognuna con la sua diversità. D’altra parte, com’è ben noto per tutti coloro che hanno deciso di ragionare approfonditamente sulla guerra in corso tra Federazione russa ed Ucraina o tra Israele e Palestina, che l’esistenza dei “Popoli Eletti” non sia reale.
Senza troppi fronzoli buonisti in stile Chaplin, la precedente asserzione sta a significare che gli espropri territoriali nei confronti di un popolo non siano reali, tanto meno la distruzione di un’intera cultura e delle radici che la distinguono: purtroppo la globalizzazione è riuscita in parte a convincere le popolazioni del contrario, ma stando alle notifiche attuali sul cambio di paradigma in Europa e nell’allineamento dei paesi che hanno scelto una riforma Nazional-conservatrice, sembra di vedere uno spiraglio importante verso l’Orizzonte. Sia chiaro, per cambiare ci vorrà del tempo, anche perché gli stessi USA stanno vivendo un periodo imbarazzante con un Joe Biden, il quale sembra aver riportato il paese indietro nel tempo.
Tornando alle parole di Dudayev, la Russia non è decisamente uno Stato con delle infime possibilità, anzi il fatto che venga sovvenzionato dalla Corea del Nord e dall’Iran è una ragione preoccupante: le munizioni non sono infinite, così come ogni genere di risorsa, di conseguenza alcuni dei BRICS potrebbero scegliere di non rinnovare più le proprie sovvenzioni. a lungo andare anche le meno istruite coscienze civili dovranno pur risvegliarsi dal sonno profondo in cui sono cadute. Inoltre, una Terza Guerra mondiale non converrebbe a nessuno, Fukuyama si riferiva al Globalismo come la “Fine della Storia”, ma sappiamo bene che la conclusione dei tempi può avvenire anche attraverso guerre catastrofiche, specialmente se abbinate alla perdita delle identità.
Prendere atto di queste nozioni, grandi nel loro “piccolo”, potrebbe essere un ottimo metodo per tutti coloro che non vogliono veder “Tramontare” ancora le civiltà, le economie e la fisionomia di una realtà che da molto tempo, fino a qualche anno fa, era ridotta tra le macerie. L’Europa dovrebbe ora rammentare l’importanza della persistenza, in una lotta contro chi vuole prevalere tirannicamente ad ogni costo per cancellare ogni frammento di bellezza.