Il negazionismo ai giorni nostri: resoconto degli ultimi atti di mistificazione della sinistra

L’odio rosso è ancora vivo in quella sinistra che non è stata ancora in grado di storicizzare i tragici eventi della Seconda Guerra Mondiale. Oltre al pur colpevole silenzio dei leader di PD e M5S Elly Schlein e Giuseppe Conte in linea con quell’atteggiamento negazionista che ha caratterizzato la Repubblica fino ai primi anni Duemila, alcuni atti di diniego del Giorno de Ricordo si sono avuti in varie parti d’Italia, a dimostrazione del fatto che una maggiore consapevolezza generale sugli eccidi delle Foibe non viene accettata di buon grado dagli estremisti di sinistra (e non solo) che per anni hanno nascosto la verità. Proprio nel Giorno del Ricordo, due episodi di oltraggio alla memoria delle vittime a cui, però, non è seguito alcun messaggio di indignazione se non da destra: il primo a Firenze, dove la targa di “Largo Martiri delle Foibe” è stata nuovamente spaccata dopo altri recenti nonché ripetuti atti di vandalismo; il secondo a Torino, dove alcuni centri sociali hanno sfilato per la città al suono di “Dai partigiani jugoslavi alla resistenza palestinese: dalla parte giusta della storia”.

Il silenzio della sinistra che non ricorda le vittime né condanna o prende le distanze dai fatti citati, è certamente complice del clima d’odio che ancora si respira dopo 80 anni. Un clima d’odio che viene cavalcato e avallato, forse perché semplicemente è un “odio amico”. Un odio che non si placa neppure dopo la ricorrenza del Ricordo e si trascina nei giorni a seguire tramite altri due atti di misconoscimento. Il primo, passato anche in sordina nei quotidiani nazionali, è stato denunciato dal senatore di Fratelli d’Italia Raffaele Speranzon: il fatto è avvenuto a Venezia in occasione del passaggio del Treno del Ricordo, un museo itinerante che attraverserà le maggiori città italiane per commemorare quell’ultimo viaggio che divise per sempre gli esuli istriani e giuliano-dalmati dalle loro terre natie, sotto la condotta turpemente razziale dei comunisti jugoslavi. L’istituzione del Treno era arrivata – secondo l’intento dichiarato dal presidente del Consiglio Giorgia Meloni presso il monumento commemorativo di Basovizza – “non per riaprire le ferite del passato, non per dividere ancora ma per chiudere un cerchio, per sanare quella vergogna e ricucire quel sentimento di solidarietà su cui ogni Nazione si fonda”: un treno, insomma, per l’Unità nazionale. Quasi un monito per il futuro emerge dalle parole di Giorgia Meloni, subito disatteso dalla condotta della sinistra più militante: secondo il racconto di Speranzon, alla fermata veneziana del Treno del Ricordo era assente la CGIL, indignata a quanto pare dalla proposta del senatore di “non finanziare più con soldi pubblici le associazioni negazioniste delle Foibe”. “Con la scusa di attaccare il sottoscritto – ha fatto sapere Speranzon – la Cgil di Venezia compie di fatto un atto di giustificazionismo per quanto accadde negli anni tragici dell’esodo e delle foibe”. Speranzon ha ricordato la “vigliacca e vergogna aggressione” dei “comunisti della CGIL” al treno (quello vero) degli esuli italiani a Bologna: “I comunisti – ha detto ancora – se lo ricordano bene, e ancora oggi non se ne vergognano”. Un secondo atto di violenza, questa volta direttamente rivolto al Presidente del Consiglio, è avvenuto via social: protagonista il direttore del museo di Ostuni Luca Dell’Atti che, già candidato alle comunali in una civica di sinistra, su Instagram ha pubblicato una foto di Giorgia Meloni a testa in giù. Nella narrativa di sinistra, il gesto richiama la morte di Mussolini e il messaggio è dunque chiaro: “Attenta, farai la sua stessa fine”. Quelle del direttore sono scuse a metà: “L’ho fatto sull’impeto di una critica (poco attenta nelle modalità) sulle posizioni assunte dalla presidente del Consiglio con riferimento alla Giornata del Ricordo” ha dichiarato Luca Dell’Atti. “Il sacrosanto diritto a esprimere le proprie idee – fa sapere il capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera Tommaso Foti – non può sconfinare in un chiaro incitamento alla violenza. Ma il direttore del Museo di Ostuni, all’evidenza non pago di quella rappresentazione, ha pensato bene anche di disconoscere e schernire il Giorno del Ricordo, dimentico che lo stesso è stato istituito per onorare i Martiri delle Foibe e per sottrarre all’oblio una vergognosa pagina della nostra storia che – ha concluso – fatichiamo a credere qualcuno ancora neghi”. E anche dopo gli ultimi accadimenti, la sinistra tace.

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