Fulmini e saette. E’ un brutto novembre, quello in atto nell’arcipelago pentastellato. E all’indomani del voto in Emilia-Romagna e Umbria i nervi sono a dir poco tesi.
Non solo per il risultato delle urne, ancora una volta molto deludente (“il nostro peso specifico nella coalizione è ridotto al lumicino” denuncia senza giri di parole Chiara Appendino), ma soprattutto per l’avvicinarsi dell’ora X per il Movimento di Giuseppe Conte: Nova, l’evento finale della costituente previsto per il prossimo finesettimana a Roma.
Danilo Toninelli – l’ex ministro oggi nel collegio dei Probiviri, tra i primi a puntare il dito contro il “grillicidio” in atto – torna a criticare il leader per i magri risultati delle regionali. “Quello che perde di più è il partito di Conte che ha deciso di schierarsi in maniera preconcetta e priva di contenuti con il Pd e la gente gli sta dando delle sonore bastonate. Il M5s – rimarca – ha dimezzato i voti rispetto alle ultime elezioni: da 100mila a 50 mila in Emilia-Romagna e da 30mila a 15mila in Umbria. Se non è una sconfitta questa che cosa è?”, Conte “si è già scavato la fossa”.
Dopo un periodo di scontro frontale con Conte, da giorni Beppe Grillo pubblica sul suo blog solo contenuti diversi dalle questioni interne del M5s: si va dal reddito universale ai disturbi d’ansia negli adolescenti. Così, c’è chi ipotizza un intervento a breve, a ridosso dell’appuntamento clou della comunità pentastellata, chi pensa che possa presentarsi, con un effetto sorpresa, direttamente all’assemblea del prossimo finesettimana, chi – infine – punta sulla strategia del silenzio.
Ma andiamo con ordine nel ricostruire le sequenze di quella che si preannuncia essere una vera e propria faida a cinque stelle. Ad impensierire la truppa dei parlamentari contiani sono in particolare due variabili: da un lato lo spettro “sabotaggio” interno con l’astensionismo che potrebbe inficiare il voto. Dall’altro le scelte dello stesso presidente che, qualora si delineasse un quadro non compatibile con la sua leadership, si farebbe da parte. “C’è stato un percorso fatto fin qui, se sarà messo in discussione ne trarrò tutte le conclusioni”, annuncia diretto Conte rivolgendo un appello “a tutti gli iscritti. Dal 21 al 24 avete la possibilità di votare e decidere il futuro del Movimento 5 Stelle”.
In particolare, sono tre le questioni che vengono viste come decisive nelle eventuali determinazioni del leader: il ruolo del garante, le alleanze e il collocamento politico del partito. “Conte ha un progetto preciso, non gli piace vivacchiare”, dicono fonti parlamentari a lui vicine. I timori montanti del “sabotaggio” e dell’astensionismo nascono da una regola precisa: diverse votazioni si potranno considerare valide solo qualora partecipi almeno la maggioranza assoluta degli iscritti aventi diritto al voto. E in ballo ci sono temi cruciali come il ruolo del garante, il nome e il simbolo. Poi, tra i cosiddetti ‘quesiti di indirizzo’, che non necessitano di quorum, ci sono altre questioni dirimenti come la collocazione politica del Movimento: “Se si dovesse decidere di non stare né qua né là difficilmente Conte potrebbe farsi interprete di un progetto del genere”.
Stesso vale per le alleanze. Per quanto riguarda il ruolo del garante, il presidente “ha sempre evitato lo scontro con Grillo – si spiega -, ma se dalle urne emergesse la permanenza delle stesse prerogative, feudali, del garante emergerebbe un tema di compatibilità”. Dunque, quorum o meno, la sfida per l’ex premier resta quella di ottenere un mandato forte dalla Costituente. Anche se dubbi e perplessità lievitano a macchia d’olio con il trascorrere delle ore.