Sembrava essere tornata la calma tra Germania e Italia dopo il freddo stallo di qualche settimana fa, che era stato superato, almeno parzialmente, con la trattativa europea sul Patto di migrazione e asilo, su cui l’Ue aveva deciso di sorvolare proprio rispetto al punto critico delle Ong.
Anche i rapporti tra Meloni e Scholz si erano mostrati distesi, e anzi, stando a quanto dichiarato dal nostro stesso Presidente del Consiglio, il Cancelliere “è pienamente consapevole che “la strategia dell’Italia è l’unica che può essere efficace”.
Ma è proprio una Organizzazione non governativa tedesca che dà il via ad un nuovo round tra Ong e Meloni.
Si tratta della Sea Eye, bene nota per essere tra le più zelanti nel trasporto di clandestini, e già conosciuta dalle nostre parti. Infatti, una loro nave era stata sottoposta ad un fermo a giugno 2023. In tale occasione, la Sea-Eye avrebbe addirittura voluto far prevalere la propria azione sull’intero contesto normativo, arrivando al punto di criticare le scelte politiche e legislative dello Stato Italiano. È stato infatti Gorden Isler, presidente di Sea-Eye a dichiarare, rispetto alle misure adottate dal Governo Meloni: “Questa legge potrebbe bloccare completamente il soccorso civile in mare se le autorità italiane continueranno ad applicarla in questo modo. Non ignoreremo mai le richieste di soccorso per evitare i fermi. Metterci di fronte a questa scelta è disumano e irresponsabile”.
Agli eventi di inizio estate ne sono seguiti altri, e la Ong recidiva lo scorso 23 agosto si è vista fermare un’altra nave per aver infranto la normativa sui salvataggi in mare. Di conseguenza, per non avere rispettato la legge italiana, la nave è stata sottoposta ad un fermo di 20 giorni e al pagamento di una multa di 3.333 euro.
È così che la Ong decide di fare causa all’Italia, paradossalmente, proprio dopo averne violato le disposizioni nazionali.
Stando a quanto riportato dal quotidiano Il Tempo, la Sea-Eye avrebbe voluto giustificare l’azione legale intrapresa contro il nostro paese dichiarando: «Abbiamo intentato una causa perché le autorità hanno trattenuto illegalmente la nostra nave per 20 giorni dopo l’ultima missione, inclusa una multa di 3.333 euro. Abbiamo effettuato tre salvataggi invece di tornare indietro dopo il primo, come prevede la normativa italiana, perché c’erano persone prive di sensi sulla terza barca. Non salvarli li avrebbe lasciati da morte certa: una violazione del diritto internazionale».
Addirittura, come si legge su Il Giornale, la Ong avrebbe “minacciato di voler denunciare e violare qualsiasi legge che metta in pericolo la vita delle persone in cerca di protezione e contraddica il diritto internazionale”. Arrogandosi, di fatto, il diritto di giudicare le stesse leggi di uno Stato sovrano.
La legge italiana di cui tanto parla la Sea Eye ha introdotto un codice di condotta per i soccorsi in mare delle Ong, il cui testo prevede che, non appena effettuato un salvataggio, le navi comunichino alle autorità del loro Stato di bandiera e al centro di coordinamento competente – e quindi spesso all’Italia, il porto sicuro più vicino per i migranti che partono dal Nord Africa – le dinamiche del soccorso e la richiesta dell’assegnazione di un porto di sbarco, che dovrà essere raggiunto immediatamente, ma lo sbarco dei naufraghi non necessariamente deve avvenire in quello più vicino.
Le navi delle Ong possono essere indirizzate anche verso porti più lontani dal punto in cui hanno salvato i migranti, rendendo più difficile la possibilità di effettuare altre operazioni di soccorso. L’obiettivo è quello di decongestionare gli scali marittimi siciliani, evitando di trasportarli da Sud a Nord a spese dello Stato tramite altri mezzi. Il provvedimento prevede che, una nave delle organizzazioni umanitarie, dopo aver effettuato il salvataggio debba immediatamente dare inizio a tutta la trafila senza poter tornare indietro a prendere altre persone.
La misura ha anche individuato alcune sanzioni nel caso di violazione delle procedure. I comandanti, i proprietari e i gestori delle navi che violano le norme potranno ricevere una multa fino a 50 mila euro. Può essere imposto il fermo amministrativo della nave fino a due mesi a spese dell’armatore. Se la stessa nave dovesse violare più volte le norme, può essere confiscata. Se il comandante o l’armatore non forniscono alle autorità nazionali le informazioni richieste può essere applicata una multa fino a 10 mila euro e il fermo amministrativo della nave per 20 giorni.
Il testo è chiaro e mira a scoraggiare le traversate illegali nel Mediterraneo, contribuendo non solo a ridurre la migrazione illegale ma anche le morti in mare, dando allo stesso tempo maggiori garanzie e protezione a chi arriva in Italia legittimamente.
L’obiettivo centrale dell’esecutivo Meloni è quello di governare e arrestare i flussi, attraverso un approccio pragmatico e responsabile che guardi più al diritto a non emigrare rispetto a quello di emigrare.
La posizione assunta dalla Ong tedesca, e più volte ribadita, appare sotto certi aspetti piuttosto peculiare, non solo perché un organismo (formalmente) privato si senta in diritto di elevarsi allo status di giudice, ma anche alla luce degli ingenti finanziamenti erogati dal governo tedesco a queste organizzazioni.
È lecito dunque domandarsi chi sia davvero interessato alla tutela della vita e della dignità umana: se un Governo (quale quello italiano) che intende eliminare l’illegalità internazionale e salvaguardare coloro che ne hanno bisogno, o una Ong che riceve milioni di euro operando nel contesto della disperazione di migliaia e migliaia di persone vittime dei trafficanti di esseri umani.
Siamo sicuri che quelle famigerate e sfrontate ONG non percepiscano una qualche parte della torta, dividendosi con gli scafisti il guadagno ricavato dai trafficanti? Sorprenderebbe che, oltre ai contributi ed elargizioni magnanimamente ricevute dal governo crucco,
riescano ad integrare gli introiti per le loro crociere di lusso nel “mare nostrum” ? Propongo una approfondita indagine sulle risorse finanziarie, ad esempio, della pirata e bucaniera Karola Rachete e dei suoi emulatori.