Il Partito Democratico si è sempre distinto per una politica estera piuttosto ballerina, (flip-flop, direbbero gli americani), e afflitta da provincialismo. Si è atlantisti solo se alla Casa Bianca risiede un presidente sufficientemente di sinistra, magari un “piacione” liberal come Barack Obama, e si fa professione di acceso europeismo, ma non si vuole alcun dialogo con i governi conservatori che si sono diffusi soprattutto nell’Europa orientale.
Con l’arrivo di Elly Schlein alla segreteria, il Pd sembra aver abbandonato persino quella collocazione pro-Occidente a fasi alterne, ed essersi piazzato in un luogo ameno di sinistra-sinistra. Più che populista, come afferma Carlo Calenda, il partito di Schlein è diventato massimalista, quasi come un centro sociale allargato, e infatti diversi moderati, soprattutto i centristi della fu Margherita, se ne sono già andati da mesi, mentre quegli ex margheritini rimasti a Largo del Nazareno vivono molto male la leadership di Elly Schlein. Le tante contraddizioni piddine sono di nuovo emerse durante la votazione in Parlamento della risoluzione della maggioranza relativa all’ottavo pacchetto di aiuti militari per l’Ucraina, già approvato dal Consiglio dei ministri a dicembre.
Il Partito Democratico è andato in tilt dimostrando di non avere più il coraggio o la capacità di assumere una posizione chiara sulla guerra in Ucraina, e di essere altresì molto diviso al suo interno. Il Pd si è astenuto sia alla Camera che al Senato, ma a Montecitorio tre deputati piddini hanno votato a favore della risoluzione del Governo, e si tratta di tre esponenti non di secondo piano, (l’ex ministro della Difesa Lorenzo Guerini, Marianna Madia e Lia Quartapelle, responsabile Esteri del partito durante la segreteria di Enrico Letta). A Palazzo Madama sono stati in sei a non seguire le direttive del Pd sull’astensione e a votare quindi con il centrodestra. In ballo non c’era alcuna cambiale in bianco da offrire al Governo Meloni, ma occorreva appoggiare, con un senso di responsabilità nazionale superiore alle divisioni partitiche e ideologiche, il prosieguo del supporto ad una Nazione aggredita, perorato, da due anni circa, da tutti i governi europei, di destra e di sinistra. A parti invertite le trombette e i tromboni di sinistra si sarebbero subito scagliati contro le destre irresponsabili, anti-europee e putiniste.
Ad oggi, bisogna essere audaci a tentare di rigiocare la carta del presunto putinismo di destra perché intanto, il Governo Meloni ha da subito messo a tacere le allusioni sinistre mediante una politica estera inequivocabile. Poi, vi sono stati finora tanti atteggiamenti dubbiosi da parte del Pd circa la linea da seguire in Occidente e nel mondo, e l’astensione sugli aiuti all’Ucraina è stata solo l’ultima di una serie di danze alquanto sconnesse. Ormai, le chiacchiere su una pretesa destra anti-occidentale stanno a zero, anche perché è il Partito Democratico, non Fratelli d’Italia e nemmeno la Lega, a ritrovarsi alleato del Movimento 5 Stelle, che è apertamente in contrasto con l’Occidente e gli Stati Uniti, e quasi non nasconde di ammirare i regimi come quello cinese. Il M5S è stato perlomeno coerente con la sua impostazione e ha espresso un netto no in Parlamento agli ulteriori aiuti all’Ucraina. Il Pd deve essere diventato invece un po’ meno favorevole al sostegno occidentale pro-Kiev, ma non ha il coraggio di dirlo apertamente e, non a caso, si è inventato la scappatoia dell’astensione.
In effetti, Elly Schlein, da quando è divenuta segretaria del Pd, non ha mai formulato una posizione limpida circa la guerra in Ucraina, essendo forse contraria a dare una mano a Volodymyr Zelensky, ma non potendolo dire ad alta voce per non fare arrabbiare alcuni suoi compagni di partito, i quali le hanno comunque voltato la faccia l’altro ieri. Schlein conduce una opposizione al Governo Meloni piuttosto scarsa di argomenti e pure di fantasia, e si infila in polemiche da sinistra anni Settanta, che ormai non scaldano più alcun cuore. Non poteva quindi esimersi dal fomentare una bella, si fa per dire, discussione strumentale sui saluti romani comparsi durante la commemorazione della strage di Acca Larentia. Fra parentesi, più che qualche saluto romano, dovrebbe continuare a provocare indignazione il fatto che nell’Italia degli anni di piombo tanti giovani e giovanissimi venissero giustiziati dal terrorismo comunista solo per la loro appartenenza al Movimento Sociale Italiano.
In ogni caso, Elly Schlein, oltre a condannare i saluti romani, si è premurata di ricordare a Giorgia Meloni di sciogliere i gruppi neofascisti operanti in Italia. Il problema può essere quello di riuscire a scovare tali organizzazioni, non perché esse siano particolarmente abili nell’agire in clandestinità, ma in quanto del tutto inesistenti. Persino i pochi partiti, diciamo così, di estrema destra sono oramai ridotti al lumicino o hanno addirittura chiuso le saracinesche. I gruppi neofascisti esistono solo nella testolina della segretaria del Pd, la quale farebbe bene, anziché inseguire i fantasmi, a riflettere sulle contraddizioni e le divisioni di casa sua, e magari a rivedere una linea di politica estera abbastanza inaffidabile.