Il Piano Mattei è la punta di diamante dell’azione italiana in Africa

L’approccio innovativo del Piano fa da faro anche alle altre iniziative portate avanti nel continente da parte del nostro Paese, soprattutto in termini di difesa e sicurezza

Chimera o realtà? È questa la domanda che, da quando ha fatto il suo ingresso al Senato poco più di un anno fa, molti si fanno pensando al Piano Mattei.

Chiariamolo dunque una volta per tutte. Il Piano c’è, e il Governo ci sta lavorando in maniera serrata, anche se magari a piccoli passi e soprattutto lontano dalle luci dei riflettori mediatici.

E il perché è piuttosto semplice.

In primis, va ricordato che l’Africa, come continente geografico, ma ancora di più come conglobato di civiltà, popoli e cultura, è una realtà decisamente complessa da analizzare. Figurarsi inserirvisi a 360 gradi. Una missione impensabile da poter realizzare in soli tredici mesi.

In secondo luogo, perché, un po’ come la beneficienza, anche il lavoro duro viene fatto senza doverlo mostrare per forza e a chiunque.

E quindi? A che punto siamo? Innanzitutto, va menzionato il fatto che l’impegno dell’Italia in Africa non è circoscritto al solo Piano Mattei, ma parliamo piuttosto di un’azione complessa e trasversale che trova, in questo piano, la sua punta di diamante, quale massima rappresentazione di un modo innovativo di concepire le relazioni con i Paesi a noi dirimpettai, sotto ogni profilo.

Il Piano Mattei faro anche nelle politiche di sicurezza e difesa nel continente

Vale qui la pena soffermarci su un aspetto decisamente significativo e che troppo spesso viene tralasciato dalle analisi dei media, ovvero quello relativo all’utilizzo dello strumento militare.

Perché se è vero che il principale sforzo del Piano Mattei è connesso all’energia, dal momento che l’Italia intende diventare un hub energetico del Mediterraneo-con la funzione di ponte tra l’Africa e l’Europa per assicurare una maggiore sicurezza e diversificazione energetica- allo stesso modo bisogna tenere conto che l’intervento militare in queste zone è necessario e doveroso, data la instabilità e il continuo traballare delle situazioni interne.

Ma anche in questo caso, viene portato avanti un approccio paritario e non predatorio. Non imponendo, ma cooperando. Tanto che, come rilevato dalla recente relazione del Copasir sulla situazione geopolitica africana, i contingenti militari sono “molto apprezzati dai governi dei paesi africani per l’equilibrio e la professionalità con cui conducono le loro missioni.”

E infatti, un particolare rilievo in questo campo lo rivestono i progetti rivolti alla formazione e all’addestramento delle forze armate e di sicurezza locali, creando così sinergie importanti che conducono a dei risvolti positivi nel campo della sicurezza.

In modo tale che prevalere non sia più un dominio esterno, ma sia l’Africa stessa a dotarsi di strumenti utili per garantire alla sua popolazione una adeguata sicurezza.

Il ruolo chiave dell’Italia di fronte alle potenze russe e cinesi

Viene perciò da chiederci, l’Italia può essere una valida alternativa alle potenze di Cina e Russia, sempre più perpetranti nel continente africano? Questa concezione nuova dei rapporti italo-africani (ma anche euro-africani) può avere successo?

La risposta, per noi, è positiva. E per un motivo piuttosto semplice. Perché potenze come Russia e Cina sono tuttora ancorate ad una vecchia concezione di Africa. Una Africa povera e non indipendente. Un’Africa che, per loro, è terreno fertile per lo sfruttamento delle risorse, traendone solamente vantaggio, a discapito della società civile e della sua stabilità interna.

Due potenze quindi, Cina e Russia, che sono portatrici sempre più spesso di interessi contrastanti rispetto a quelli dell’Italia e dell’Europa.

Ed ecco che, di contro, il Piano Mattei oggi rappresenta una delle poche-se non l’unica-risposta valida

a queste presenze che non sembrano affatto voler aiutare i popoli africani, quanto piuttosto perpetrare quella condizione di avvilimento di un continente che non è per niente povero come si vuole far credere, ma che drammaticamente è da troppo tempo sfruttato e relegato nell’angolo. Grazie alle iniziative italiane, tuttavia, questa condizione si può sbloccare e, proseguendo in un lavoro anche con altre realtà nazionali e sovranazionali che condividono la stessa visione, ci sono buone possibilità di sovvertire l’ordine imposto e così finalmente dare vita ad una nuova narrazione, in cui l’Africa non sia più vittima, ma un valore aggiunto e protagonista autonoma nella scena mondiale.

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