Il premierato serve ma la sinistra non riesce a capirlo

Il premierato non convince la sinistra. O meglio, la sinistra non riesce a convincersi del fatto che il premierato serve. O forse, meglio ancora, non vuole ammettere che con il premierato è a rischio quel meccanismo che ha tenuto in vita la sinistra per anni pur senza l’appoggio del corpo elettorale. Quel meccanismo fatto di accordi e inciuci di palazzo, che hanno portato sui ranghi più alti del potere esecutivo coalizioni post-elettorali e nomi mai passati alle urne per il vaglio degli elettori. Prendiamo ad esempio il caso dell’ultima tornata elettorale prima della vittoria di Fratelli d’Italia: le votazioni del 2018. Quando venne nominato Presidente del Consiglio, giurando il 1° giugno del 2018 (quasi tre mesi dal giorno delle votazioni), Giuseppe Conte era stato chiamato, alla fine di consultazioni interminabili, controverse e molto litigiose, a risolvere una questione che sembrava non avere fine. Perché, dopo che Movimento Cinque Stelle e la Lega, i due partiti vittoriosi di quella tornata, riuscirono a trovare faticosamente un accordo di governo, era nata un’altra controversia: quella sul nome del premier. Nessun partito voleva che l’altro avesse la meglio e a Salvini e Di Maio, relegati poi al ruolo di vicepresidenti del Consiglio, fu preferito Conte, un avvocato e professore di diritto privato sconosciuto ai più. Quasi un tecnico, uno super partes (salvo poi scoprire che Conte già aveva rapporti con i grillini) che non avrebbe accontentato ma neppure scontentato nessuno.

I governi Conte, sintesi dei difetti dell’attuale sistema politico

In quell’occasione, si rilevarono alcuni fatti che proprio non possono essere accettati da una democrazia, pur compromissoria, di un grande Paese: un totale sconosciuto diventa guida dell’organo esecutivo più importante della Nazione. Nulla di illegale, ovviamente, la Costituzione concede questa possibilità. Ma è certamente qualcosa di amorale, politicamente parlando. Dal momento, tra le altre cose, che sì, Movimento Cinque Stelle e Lega furono i due partiti più votati, ma il centrodestra fu il reale vincitore di quelle elezioni, ottenendo la maggioranza relativa dei consensi. Anche più del Movimento Cinque Stelle, che faceva coalizione da solo. Dunque, quelli guidati da Conte sono stati gli esecutivi che hanno dato dimostrazione, più di tutti, dei risvolti negativi di un sistema elettivo e di governo ormai fallimentare:

  • consultazioni durate tre mesi, quindi lungaggini burocratiche che hanno bloccato l’Italia per mesi interi (per formare un governo, con tutte le sue ramificazioni, si impiegano anni, e talvolta non si fa neppure in tempo prima delle dimissioni, sempre ovviamente anticipate);
  • coalizione accozzaglia formatasi soltanto dopo le elezioni, senza l’approvazione degli elettori;
  • Presidente del Consiglio sbucato dal nulla, sconosciuto al corpo elettorale;
  • alta litigiosità interna e dimissioni in poco più di un anno;
  • formazione di un nuovo governo, quello Conte bis, formato dal Movimento Cinque Stelle coalizzato con il PD, un partito di sinistra, riuscendo così i grillini a formare, in meno di ventiquattro mesi, due diversi governi con due partiti tra loro opposti.

Porre fine ai governi tecnici

Questo, dunque, va capito: il premierato, l’elezione diretta del Presidente del Consiglio, vogliono aumentare la legittimazione del premier, non più nominato dal Capo dello Stato in base alla maggioranza parlamentare eletta, ma scelto direttamente dagli elettori, eliminando al contempo la possibilità di creare accozzaglie esecutive. “Il premierato serve”, ha spiegato il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, intervistato da La Verità, “a renderci più simili alle altre democrazie avanzate. Modernizza il Paese, elimina il trasformismo, pone fine alla stagione dei governi tecnici. È esattamente quel genere di stabilità di cui l’Italia ha bisogno”. E a chi sostiene che il premierato sia soltanto la prima mossa per completare la deriva illiberale, ha risposto: “Gridano alla deriva illiberale, ma chiudono gli occhi dinanzi alle minoranze violente che tolgono la parola ai filo-israeliani nelle università, o che impediscono alla ministra Roccella di intervenire agli Stati generali della natalità o alla ministra Bernini di parlare a un incontro a Pisa. È – ha concluso – la solita doppia morale”.

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