Il riconoscimento della Palestina ha bisogno di alcuni requisiti

A margine della guerra in corso in Medio Oriente, in particolare nella Striscia di Gaza dopo i feroci attacchi di Hamas del 7 ottobre scorso, tre Paesi europei, Irlanda, Spagna e Norvegia, hanno deciso di riconoscere formalmente lo Stato della Palestina. Il presidente turco Recep Tayyp Erdogan, attraverso una conversazione telefonica con la premier Giorgia Meloni, avvenuta in vista del prossimo G7, in cui il leader di Ankara sarà presente, e anche per fare il punto circa le relazioni bilaterali Italia-Turchia, ha invitato Roma a riconoscere anch’essa lo Stato palestinese. Il Governo Meloni sa quanto sia importante per l’Italia un rapporto proficuo con almeno una parte del mondo arabo. Considerato lo strategico ruolo italiano nel Mediterraneo, diviene fondamentale avere un dialogo il più possibile costruttivo con la Tunisia e l’Egitto di Abdel Fattah al-Sisi, ma anche con le monarchie sunnite del Golfo Persico. E a Roma si sa bene come la causa palestinese si trovi negli interessi di tutti gli arabi, sunniti e sciiti, anche di quelli che non inseguono lo scontro continuo con l’Occidente come al-Sisi, i sauditi e gli Emirati Arabi Uniti. Anche se, è bene ricordarlo, Hamas, organizzazione sunnita che viene finanziata dall’Iran sciita, non è molto amata dal governo egiziano, da quello dell’Arabia Saudita e soprattutto dagli EAU, anche perché essa trae origine dagli odiatissimi Fratelli musulmani.

Gli Accordi di Abramo del 2020, spinti dagli USA di Donald Trump, hanno dimostrato l’esistenza di una cospicua fetta del mondo arabo, (Emirati, Bahrein, Marocco, Sudan, con la silenziosa benevolenza da parte dei sauditi), che intende normalizzare le proprie relazioni con Israele. Gli attentati di Hamas del 7 ottobre, con la tacita approvazione dell’Iran, sono stati scagliati proprio per fare saltare la distensione, che stava procedendo piuttosto bene, fra lo Stato ebraico e gli arabi favorevoli agli Accordi di Abramo. L’Italia, tornando alla questione del riconoscimento della Palestina, è senza dubbio cosciente della rilevanza del destino di quel lembo di terra, ma occorre tenere conto, prima di dare per scontata la presenza di uno Stato palestinese, del raggiungimento di determinate condizioni. Il via libera unilaterale di questo o di quel Paese, di cui si sono rese protagoniste Irlanda, Spagna e Norvegia, è sbagliato e persino controproducente per gli stessi palestinesi. Prima di qualsivoglia riconoscimento, bisogna essere certi della totale estromissione dei terroristi di Hamas da qualsiasi ruolo di governo, in Cisgiordania e anche nella Striscia di Gaza, e del fatto che l’ANP, l’Autorita’ Nazionale Palestinese, possa avere il controllo di tutta la Palestina, con la capacità di stanare il terrorismo. Lo Stato palestinese deve riconoscere il suo vicino ebraico, a sua volta, è chiaro, obbligato a ricambiare il riconoscimento ufficiale.

La nuova entità statale deve altresì emarginare al proprio interno coloro i quali vedono in Israele un “cancro sionista” da estirpare e una Nazione da cancellare dalle carte geografiche. Deve esserci un mondo finalmente coeso sul principio “Due popoli, due Stati”, che è sempre sulla bocca di tutti, ma a volte sembra godere di una condivisione più teorica che sostanziale. Lo Stato della Palestina può concretizzarsi solo attraverso un processo internazionale appoggiato perlomeno dalla maggioranza dei Paesi del globo e senza dubbio, dall’altra parte in causa, cioè, Israele. Le iniziative singole, magari caratterizzate dalla indicazione di Gerusalemme come capitale dello Stato palestinese, e lanciate durante un conflitto ancora in corso, non offrono nemmeno un beneficio ai popoli di Cisgiordania e Gaza, e rischiano di rinforzare i venti di guerra.

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Roberto Penna
Roberto Penna
Roberto Penna nasce a Bra, Cn, il 13 gennaio 1975. Vive e lavora tuttora in Piemonte. Per passione ama analizzare i fatti di politica nazionale e internazionale da un punto di vista conservatore.

1 commento

  1. Caro Roberto, sai anche tu, e lo dici nel tuo articolo, che c’è ancora molta ipocrisia in tanti fautori del “due popoli due Stati”.
    La maggioranza dei palestinesi della striscia di Gaza, e probabilmente anche dei territori a est di Gerusalemme, ha appoggiato Hamas ed è stata convinta della giustezza del programma politico “una Palestina dal Giordano al mare”, un modo elegante per dire di sterminare tutti gli israeliani e cancellare lo Stato di Israele.
    Il problema è proprio questo: la maggioranza dei palestinesi sembra aver sostenuto e tuttora sostenere Hamas, anche se colpiti dalla guerra e dalla carestia conseguente. E allora? Se portiamo la democrazia in Palestina e questi eleggono Hamas? E se impediamo ad Hamas di presentarsi alle elezioni che democrazia è?
    La democrazia è una gran cosa, lo sa chi non ce l’ha, ma è uno strumento, che i popoli possono usare conformemente alla loro “cultura”, o ignoranza.
    Un popolo di religiosi fanatici eleggerà dei Savonarola, un popolo di ladri eleggerà un governo di ladri, un popolo civile eleggerà un governo civile.
    Sotto il nazismo probabilmente la maggioranza dei tedeschi era a favore di Hitler ed era convinta nel sostegno dei suoi programmi scellerati.
    Cambiò idea, ma ci volle parecchio tempo, solo dopo la resa del Reich e la distruzione della Germania, cioè solo dopo che i tedeschi ebbero provato sulla loro pelle i disastri causati dal nazismo.
    Lo capiranno i palestinesi? Il fanatismo religioso inculcato da Hamas (che non era in precedenza proprio dei palestinesi…) è uno strumento che porta a non vedere la realtà e sopportare le più grandi disgrazie senza rivolgersi alla Ragione.
    Sono abbastanza pessimista, ma non vedo altra via se non quella perseguita da Israele.

    Con affetto

    Alessandro

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