Transizione verde ed economia sostenibile per il clima e l’ambiente sono temi sempre più al centro del dibattitto politico europeo.
Nel 2019 l’Unione Europea ha iniziato a lavorare in maniera più attenta in termini di cambiamento climatico, dichiarando altresì l’emergenza climatica e ambientale in Europa e nel mondo. Nello stesso anno è stato adottato il cosiddetto Green Deal europeo, ovvero un pacchetto di iniziative strategiche che intende realizzare una transizione verde, con l’obiettivo ultimo di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050.
Tale Piano è stato sottoposto, nel corso degli ultimi anni, a varie modifiche, fino ad arrivare alla riunione del Parlamento europeo del 14 febbraio scorso, durante la quale sono stati approvati in via definitiva i nuovi obiettivi vincolanti per la riduzione di CO2, riguardanti, principalmente, la produzione delle autovetture e dei veicoli commerciali leggeri.
Tuttavia, pur condividendo e comprendendo la necessità di avviare una trasformazione della società che sia verde e sostenibile, quanto proposto dall’UE risulta essere a dir poco irrealistico e irrealizzabile.
La normativa europea prevede, infatti, una riduzione delle emissioni del 55% per le autovetture e del 50% per i furgoni, da realizzare entro il 2030. Oltre a ciò, la legislazione ha previsto un obbligo per le nuove vetture e i nuovi veicoli commerciali leggeri di non produrre alcuna emissione di CO2 a partire dal 2035. Si prefigura, così, un vero e proprio blocco di un intero settore produttivo.
Nonostante l’iniziale massiccio sostegno (tranne da parte del nuovo Governo italiano, di Ungheria e Polonia) si è però verificato un recente cambio di rotta, tanto che alla riunione degli ambasciatori Ue dello scorso 3 marzo gli Stati membri dell’Unione europea hanno deciso di rinviare il voto per ratificare il divieto di vendita a livello europeo di nuove auto con motore a combustione dopo il 2035.
Tale rinvio non può che essere interpretato come “un successo italiano” in ambito europeo, e sottolinea altresì il fatto che le posizioni italiane siano condivise anche dagli altri Paesi.
È necessario realizzare una società che sia sostenibile sotto tutti i punti di vista, senza mettere in crisi un intero settore produttivo, sia a livello nazionale che europeo.
Puntare al raggiungimento di un continente climaticamente neutro in un arco di tempo inferiore ai dieci anni non solo appare poco fattibile, ma, soprattutto, non tiene conto delle conseguenze negative che ciò potrebbe comportare per l’intera popolazione.
Inoltre, non essendoci stati investimenti sufficienti, ci si troverebbe ad essere dipendenti dall’esterno, in particolare nei confronti della Cina, senza alcuna possibilità di reggere il confronto dal punto di vista economico e produttivo.
L’Europa, e l’Italia, hanno l’obbligo di tenere conto dei cambiamenti climatici e di creare una società a impatto zero, ma questo percorso deve essere graduale, e deve essere accompagnato da investimenti ragionati. Una forzatura in tal senso non diminuirebbe di certo tutte le forme di inquinamento, ma avrebbe come unico risultato una riduzione della capacità produttiva e della competitività economica degli Stati membri.
È indubbio che si debba realizzare questa transizione verde, ma allo stesso tempo questa deve essere affrontata in maniera graduale, e occorre che l’Unione in primis adegui il proprio settore automotivo in una chiave sostenibile e verde, sostenendo e tutelando i lavoratori coinvolti in questo processo.