Che le ONG non si sarebbero arrese alla chiusura dei porti italiani voluta dal governo, era evidente. Che si sia solo all’inizio di uno scontro che diventerà sempre più duro e accesso, e che trascinerà con sé sempre più vittime, è altrettanto evidente. Che non si sia pronti a riconoscerlo, e a dire le cose come stanno, invece, è decisamente ridicolo.
Quella che è in atto nel Mediterraneo non è un’offensiva per salvare vite umane di poveri derelitti, ma l’affermazione di una supremazia su uno stato sovrano che, guarda caso è proprio il nostro. Come avviene in questi casi, poi, ci sono potenti forze esterne che vengono aiutate da collaborazionisti interni per arrivare alla vittoria, che altro non è che l’annientamento dell’Italia e degli italiani.
Probabilmente tutto è dovuto alla splendida posizione strategica dell’Italia all’interno del Mediterraneo, e infatti la penisola da sempre fa gola a chiunque voglia esercitare un predominio su questo mare, con tutto quel che comporta soprattutto in termini economici. Così, altri paesi europei unitamente ai soliti “poteri forti” capitanati da gentaglia come Soros, hanno pensato che annientarci e sostituirci con una forza lavoro a basso costo e a basse esigenze, fosse la cosa migliore da fare.
Aiutati da una certa parte politica che non è difficile identificare con la sinistra, sia essa estrema o moderata, che ben si è guardata fino ad ora di fare gli interessi degli italiani, anteponendo loro chiunque altro, sostenuti da giudici politicizzati disponibili ad andare anche contro la legge, e da piccole comunità che hanno trovato nell’accoglienza del migrante un bel business su cui guadagnare soldoni senza lavorare troppo, eccoci giunti a oggi.
Centinaia di migliaia di individui di cui quasi mai conosciamo la provenienza, le intenzioni, il passato e le speranze future, si aggirano per quello che fu il Belpaese, ne distruggono il tessuto tradizionale, istillano nella popolazione paura e ansia, riducono le città in dormitori a cielo aperto, e vivono una vita grama e meschina che sicuramente non può essere migliore di quella che avevano al loro paese e dalla quale sono fuggiti “per migliorare”. Ma fanno comodo perché sulle loro disgrazie un parterre di loschi individui si ingrassa, prospera, guadagna fior di quattrini. E dunque perché rinunciare a business così, dove ha il suo zampino anche la Chiesa con Onlus molto vicine al Vaticano, il più delle volte stipendifici piuttosto che società di soccorso?
E infatti non vi hanno rinunciato. In attesa dell’offensiva di primavera, quando le temperature saliranno e le belle giornate in mare si moltiplicheranno, le ONG più spavalde, sostenute da certa magistratura particolarmente attiva nel settore da non saper più distinguere chi le leggi le rispetta e chi no, e finanziate dagli oscuri padroni, hanno ripreso a solcare il mare, magari costringendo qualche barcone all’appuntamento fuori dalle acque territoriali, da dove ricominciare una drammatica sceneggiata che ormai non ha più segreti per nessuno.
Forti di qualche bambinetto in età scolare, e meglio ancora se in fasce, con un paio di paio di donne incinte come da Prontuario del perfetto trafficante di uomini, le navi imbarcano questa varia umanità composta soprattutto da giovanottoni dal fisco possente, in alcuni casi anche minorenni ma simili a bronzi di Riace e cominciano a lanciare l loro SOS non appena mezza nuvoletta con accenno di pioggia compare all’orizzonte, o anche no. Ed ecco dunque che il primo porto utile dove riparare sarebbe a Tunisi, una struttura moderna e, per quel che se ne sa, anche in pace. Ma invece no, i nostri eroi cambiano rotta e dirigono la prua verso i porti italiani – chiusi come ben sanno – e distanti almeno un centinaio di miglia, quando con una quarantina sarebbero stati in rada. In Africa però.
Alla fine, i porti italiani restano chiusi ma si riapre la diatriba tra “accoglitori” e “respingitori”. Chi vorrebbe prendere tutti sul territorio nazionale perché del business migranti non è mai sazio, e chi invece si rende conto che non si può prendere l’Africa sulle spalle quando si ha un tasso di disoccupazione giovanile oltre il 30%, i nostri pensionati sociali sono costretti a mangiare per due settimane al mese alla Caritas o presso parenti di buon cuore, curarsi costa talmente tanto che ormai centinaia di migliaia di italiani hanno smesso di farlo, e il “reddito di cittadinanza” per far star zitto qualche milione di poveri resta l’ultima chance del governo.
Si discute così nelle segrete stanze tra i 5stelle da sempre divisi tra i poteri forti che non hanno mai disdegnato e il populismo sfrenato, e il sovranismo della Lega che ha trovato anch’essa l’oro cavalcando il problema ormai più inviso al nostro popolo. In palio c’è la durata del governo. Se cadesse, ce ne dovremmo dolere? Pensiamo di no perché riuscire a liberarsi dell’ambiguità grillina sarebbe un primo, vero, segnale di rinascita. Ma davvero si corre questo rischio? Riflettendoci, non lo crediamo. Immaginiamo più un gioco delle parti, con Di Maio e Di Battista a fingere di voler mettere in difficoltà Salvini per compattare i propri elettori, e Salvini che dal canto suo subendo questi attacchi beceri e cretini rischia di guadagnare un buon 3% ogni volta. Per questo Berlusconi sembra tanto irritato, e Renzi nemmeno parla più.