A quanto pare, stando alle considerazioni dei due Ministri, l’intesa tra il Cremlino e la Repubblica popolare cinese si sono rafforzate di molto, affermando di voler lottare contro “Il comportamento egemonico ed intimidatorio” dell’America.
Sia Wang Yi che Lavrov hanno affermato la loro volontà di impegnarsi per la creazione di uno Stato palestinese e per una tregua in Medio oriente: piuttosto curioso che il Ministro cinese non abbia parlato anche di un “cessate il fuoco” in Ucraina, anche considerando i recenti piani di Vladimir Putin, il quale si sta preparando ad arruolare nuove truppe per un altro possibile attacco.
E’ certamente un obiettivo condiviso su larga scala quello di veder coesistere pacificamente due culture diverse sullo stesso territorio, ma ancor prima di giungere ad una conclusione semplicistica, bisognerà stabilire una tregua su larga scala e poi agire con lo scopo di bilanciare nuovamente gli equilibri internazionali.
Lavrov, tuttavia, non ha perso tempo a considerare tutti gli incontri internazionali per la pace in Ucraina come “inutili”, perché a detta sua non vengono presi in considerazione gli interessi di Mosca e si discute soltanto sulla proposta di pace a Kiev: che la guerra sia prima di tutto una questione di “espansionismo” ed “economia” per la Russia è ormai un dato di fatto inoppugnabile.
Le parole di Lavrov però risultano piuttosto pericolose, anche considerando che definire inutili le risoluzioni che porterebbero ad una tregua, rischia di delegittimare tutti coloro che si impegnano per evitare altri spargimenti di sangue.
La Cina sostiene apertamente i piani di Vladimir Putin per la Russia:
“La Cina sosterrà lo sviluppo stabile della Russia sotto la guida di Putin. Pechino e Mosca continueranno a rafforzare la cooperazione strategica sulla scena mondiale e si forniranno un forte sostegno reciproco”, queste le parole del Ministro Wang Yi, che non nasconde certamente la reciproca collaborazione tra i due stati, peraltro molti vicini per i sentimenti anti-americani e plausibilmente anti-occidentali che li avvicinano sul piano geopolitico.
Che entrambi gli stati siano vicini non è un segreto, d’altro canto fanno entrambi parte dei BRICS ed hanno un chiaro interesse di competizione nei confronti del resto degli stati europei e nordamericani.
D’altronde lo stesso Lavrov sostiene che l’Occidente abbia applicato “sanzioni illegali” verso alcuni stati tra cui anche la Russia, difendendo preventivamente la Cina, attestando che alcune di questi provvedimenti siano indirizzati proprio verso gli eredi dell’ Impero Celeste.
Aldilà dei comuni interessi, la Cina e la Russia si assomigliano moltissimo anche per il modus operandi nella gestione statale, che in entrambi i casi coinvolge proprio la materia del controllo sociale come ordinamento capace di allietare la fabbrica del consenso.
La vicinanza tra Russia e Cina e quell’ Ur-comunismo che non passa mai di moda:
In conclusione, aldilà dello schema capitalista in cui entrambe le super-potenze sono coinvolte, bisogna ammettere che sia Pechino, sia Mosca, non abbiano mai abbandonato quei retaggi politici che le accomunano ai regimi comunisti del passato: la volontà di costituire stati satellite (Taiwan per i Cinesi e l’Ucraina per i Russi), sembrano essere gli obiettivi principali per stabilire, ancora una volta, un primato internazionale che sia in grado di intimidire le democrazie occidentali.
Tuttavia, nessun sistema è infallibile, specialmente quando concentra tutti i poteri sull’oligarchia che lo amministra, come nel caso della Russia e della Cina.
La mentalità post-sovietica di Putin e quella maoista di Xi potrebbero tuttavia rivelarsi un problema, piuttosto che una soluzione: nel corso degli anni gli equilibri nazionali a livello globale, hanno subito forti cambiamenti, dunque un ritorno ai regimi del secolo breve potrebbe risultare – oltre che anacronistico – come un’arma a doppio taglio per chi decide di servirsene.