Il Governo Meloni fa scuola in Europa sull’immigrazione e il suo nuovo modello di gestione della crisi, fatto di cooperazione, “esternalizzazione” e controllo dei confini, piace. Piace a tal punto che anche i socialisti e i liberal europei scelgono di seguire la scia lasciata dall’esecutivo di centrodestra italiano. Sono infatti 15 gli Stati membri che hanno sottoscritto una lunga “lettera congiunta” indirizzata alla Commissione europea, con la quale si fa richiesta all’organo esecutivo comunitario di prendere spunto da “modelli come il Protocollo Italia-Albania” per affrontare il tema dell’immigrazione. Quell’accordo, tanto vituperato dalla sinistra (solo italiana) e fin dall’inizio capace di stimolare l’attenzione dei leader stranieri, oggi viene preso a modello per incentivare la Commissione a rimboccarsi le maniche. Con buona pace di PD e altri partiti della sinistra italiana, a ben vedere rimasti i soli a raccontare della presunta inefficacia del Patto.
Socialisti, popolari, macroniani
Effettivamente, tra i 15 Paesi firmatari, compaiono i nomi di molti ministri, dell’Interno e dell’Immigrazione, che appartengono a famiglie politiche tutt’altro che di destra. A partire dai danesi, che ha collaborato in prima linea con l’Italia nella stesura del documento: il governo di Copenaghen è guidato da Mette Frederiksen, capo dei Socialdemocratici danesi, appartenenti ai Socialisti europei, così come il ministro firmatario, Kaare Dybvad. Fanno parte del Partito Socialista europeo anche i ministri dell’Estonia e di Malta. Ci sono i popolari del Ppe, come il ministro greco e quello polacco. C’è un liberal di Renew Europe, i macroniani per intenderci, come il ministro olandese. Ci sono anche membri di governi, come quello austriaco, che collaborano con i Verdi, i Grünen viennesi. Tutti, ma proprio tutti, i gruppi del Parlamento europeo trovano una pur minima corrispondenza all’interno della missiva inviata alla Commissione. Tutti concordano sulla bontà delle azioni intraprese dal Governo Meloni, che devono essere prese a modello per l’intera Europa nella gestione futura dell’immigrazione.
I modelli da seguire: i patti con Albania e Tunisia
Nella lettera, infatti, i quindici Stati membri hanno dichiarato “insostenibili” le “attuali sfide al sistema di asilo e migrazione della Ue, compreso il forte aumento degli arrivi irregolari”, sancendo in definitiva il fallimento delle teorie no-border attuate fin qui dalla sinistra. Gli esempi da seguire sono altri: il già citato accordo tra Italia e Albania, la dichiarazione tra Unione europea e Turchia del 2016, gli accordi stipulati, sotto la spinta di Giorgia Meloni, tra l’Unione europea e il governo tunisino. In altre parole, esternalizzare la gestione: alla base di tutti questi accordi, come pure alla base di quello promosso dal premier britannico Rishi Sunak in Ruanda, c’è la volontà di creare degli hub temporanei esterni ai confini europei, in modo tale da difenderli, in cui i migranti irregolari verranno accolti in attesa delle procedure di rimpatrio o di asilo: “È fondamentale – si legge nella nota – che coloro che non hanno il diritto di rimanere negli Stati membri dell’Ue siano rimpatriati rapidamente”. Passa il pugno duro del Governo Meloni: fonti di Palazzo Chigi, infatti, fanno sapere che la lettera inviata alla commissaria agli Affari Interni Ylva Johansson “si inserisce nel cambio di passo impresso dal governo italiano al dibattito migratorio a livello Ue. Si insiste infatti – continua la nota – su elementi chiave dell’approccio italiano, a partire dalla necessità di rafforzare il contrasto alle reti di trafficanti di esseri umani così come di investire in partenariati paritari e di lungo periodo con le Nazioni di origine e transito, in linea con il forte investimento politico italiano nel favorire le intese di collaborazione tra Ur con Tunisia e Egitto. Ampio rilievo – si legge ancora – è dato alla necessità di soluzioni innovative per disincentivare l’immigrazione irregolare, prendendo in particolare a modello il Protocollo Italia-Albania. A fronte del contrasto delle partenze irregolari, e sempre in linea con l’approccio italiano, si chiede di investire su canali legali legati alle effettive esigenze del mercato del lavoro delle nazioni europee”.
Che farà il PD?
Ma se anche i membri dei Socialisti europei si uniscono alla strategia del Governo Meloni, riconoscendone di fatto meriti e benefici, il PD che fine ha fatto? Non si sa. Probabilmente, resta ancora rinchiuso nei suoi muri ideologici, intrappolato dai suoi preconcetti che portarono gli uomini di Elly Schlein, al momento della firma dell’accordo tra Italia e Albania, a denigrare il Protocollo, a criticarne i contenuti e a offendere addirittura Edi Rama, presidente albanese, anche lui socialista, arrivando a richiedere la sua espulsione dal suo stesso partito. La colpa? Aver aiutato il nemico di destra. Il PD, insomma, è rimasto l’unico a ritenere fallimentare la strategia del Governo Meloni. Sara Kelany, deputato e responsabile del dipartimento Immigrazione di Fratelli d’Italia, ha parlato di “cortocircuito interno alla sinistra italiana, unica a non vedere che le politiche messe in campo dal governo italiano sono l’unica via per affrontare l’immigrazione. Che farà il PD? Come fece con Rama, chiederà di cacciare dalla famiglia dei socialisti europei tutti i ministri socialisti dei paesi che hanno sottoscritto questa lettera assieme a Piantedosi? Di questo passo nel PSE immaginato dal PD italiano – ha concluso Kelany – resteranno solo loro”.